sabato 11 luglio 2009

Mafia, Ciancimino jr: Provenzano scriveva a Berlusconi, minacce al figlio


PALERMO (10 luglio) - Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito, l'ex sindaco di Palermo condannato per mafia, avrebbe detto durante gli interrogatori che il boss Bernardo Provenzano avrebbe tentato di far recapitare alcuni «messaggi» a Silvio Berlusconi nei primi anni Novanta, attraverso una serie di intermediari.

I particolari sono contenuti in due interrogatori del 30 giugno e dell'1 luglio scorso, depositati, con tante parti con omissis, nel processo al senatore Marcello Dell'Utri che si svolge in corte d'appello, dove il politico è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Il padrino corleonese, sempre secondo la ricostruzione, sarebbe il latore di tre missive che facevano riferimento a richieste e minacce, una delle quali rivolte al figlio di Berlusconi. Dell'Utri, condannato in primo grado a nove anni di reclusione, viene indicato da Ciancimino come il mediatore fra Provenzano e Berlusconi.

Vito Ciancimino si preoccupava che non venisse ucciso il figlio di Silvio Berlusconi, nè ci fossero altre stragi, perché «sarebbero stati controproducenti per i mafiosi». «Mio padre - dice Ciancimino jr - era per la non attuazione delle minacce, e forse per questo alla fine è stato messo da parte in questa trattativa». «Mio padre diceva che bisognava toccargli il polso alle persone, nel senso scuoterle - spiega il dichiarante - ma non di più. Non bisognava usare il braccio forte». E poi aggiunge: «Dicevano di riconoscenza, che il soggetto era irriconoscente, si stava scordando di certe situazioni, di certi vantaggi avuti, di certe robe varie...». Il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e il sostituto Nino Di Matteo chiedono a Ciancimino chi fosse «il soggetto», e lui risponde: «Il dottor Berlusconi».

Fra i due verbali vi sono molte discrasie, probabilmente collegate al fatto che il figlio di don Vito non si aspettava che i pm trovassero la lettera. Per il dichiarante, infatti, questa storia «è cento volte più grande di me». Secondo Ciancimino jr. le missive erano dirette all'ex presidente di Publitalia, il quale avrebbe dovuto girarle al «destinatario finale» che era indicato in Silvio Berlusconi.

La novità che emerge solo oggi è che sarebbero tre le lettere, inviate dal boss fra il 1991 e il 1994. La prima missiva, secondo Ciancimino, sarebbe partita prima della consegna del cosidetto «papello»: un elenco di favori, richiesti da Cosa Nostra, presentato da Riina a una parte delle istituzioni, a cavallo delle stragi mafiose del '92. Due di queste lettere Massimo Ciancimino sostiene di averle ricevute direttamente dalle mani di Pino Lipari, il «consigliori» che gestiva i beni di Provenzano e i suoi contatti con la politica. A una di queste «consegne», avvenuta nella villa a mare a San Vito Lo Capo di Lipari, sarebbe stato presente anche Provenzano. Nel foglio sequestrato dai carabinieri fra le carte di Vito Ciancimino, che adesso è depositato nel processo a Dell'Utri, si fa esplicito riferimento «all'onorevole Berlusconi», e alla «posizione politica», a cui il mittente della missiva voleva «portare un contributo (che non sarà di poco)», chiedendo pure di mettere a disposizione una delle sue emittenti televisive, in modo da evitare il «triste evento».

Questa lettera, secondo Ciancimino jr., sarebbe stata la terza in ordine di tempo. Il secondo messaggio il figlio di don Vito dice di averlo ricevuto in una busta chiusa dal giovane autista di Provenzano. Un ragazzo che nei primi anni novanta avrebbe accompagnato il boss. Il ruolo dell'ex sindaco mafioso in tutto ciò sarebbe stato quello di «consulente» di Provenzano, e solo in una occasione avrebbe fatto da mediatore consegnando la copia della lettera a un tale «Franco» che doveva poi darla a Dell'Utri.

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