sabato 22 agosto 2009

"Intercettati dai maltesi e lasciati andare - l'ultima illusione nel viaggio dell'orrore"



FRANCESCO VIVIANO


LAMPEDUSA - Versioni che si contraddicono, mezze verità, silenzi, attorno all'ultima strage del mare nel Canale di Sicilia. Quel barcone era partito il 28 luglio dalla Libia: 73 persone, eritrei ed etiopi, uomini e donne, sarebbero morti di stenti, fame, ustioni. Solo in cinque si sono salvati, veri e propri miracolati che erano stati avvistati, avvicinati e monitorati da una motovedetta della marina militare maltese.

L'avvistamento risale a martedì. Due giorni dopo, giovedì, i maltesi hanno avvertito le autorità italiane, quando il gommone era a 12 miglia da Lampedusa.
Che la richiesta di soccorso è stata fatta dai maltesi all'Italia soltanto giovedì mattina, lo conferma il prefetto di Agrigento, Angelo Postiglione che ha inviato una dettagliata relazione al ministro degli Interni, Roberto Maroni. Ma molto resta ancora da chiarire, perché le versioni restano piene di contraddizioni.
I cinque eritrei sopravvissuti, subito dopo aver toccato terra, hanno raccontato di essere stati avvicinati dai militari che gli hanno "consigliato" di proseguire la navigazione verso Lampedusa "secondo gli obblighi internazionali di Malta", precisa un portavoce del governo maltese.

Dopo essere state chiamate in causa, soltanto ieri le autorità maltesi hanno confermato di aver incrociato il gommone già martedì accusando però i cinque sopravvissuti di avere raccontato un "sacco di bugie". Secondo i maltesi, gli immigrati hanno "rifiutato" di essere trasbordati sulla loro motovedetta e godevano di "ottima salute".

Ma i cinque eritrei continuano a raccontare tutta un'altra storia. "Eravamo partiti il 28 luglio scorso dalle coste libiche a bordo di quel gommone, eravamo in 78 - dice Solomon, 26 anni - e il giorno dopo il motore s'è fermato, e per oltre 20 giorni abbiamo vagato in mare". Seduto davanti ad un computer in una stanza del centro di accoglienza di Lampedusa, Solomon, invia con messenger messaggi a parenti e amici. Racconta che molte imbarcazioni, "grandi e piccole" li hanno avvistati senza soccorrerli e che i cadaveri sono stati buttati in mare.

L'ultimo avvistamento, due giorni prima di arrivare a Lampedusa. "S'è avvicinata la nave militare maltese, chiedevamo aiuto sperando che ci salvassero. Invece quei soldati ci hanno dato giubbotti salvagenti, acqua ed un po' di pane. Poi hanno fatto ripartire il motore dicendoci di proseguire verso nord est, verso Lampedusa". Bugie, secondo i maltesi. Quella versione, raccontata mentre i sopravvissuti riuscivano a stento a parlare ed a camminare quando sono arrivati a Lampedusa, non sarebbe vera.

"Persone in quelle condizioni, che rischiavano di morire da un momento all'altro, non possono raccontare storie" dice una psicologa del centro di accoglienza di Lampedusa. Ma i maltesi, ufficialmente, smentiscono tutto. Ecco la versione del portavoce ufficiale delle forze armate maltese, Ivan Consiglio: "Punto primo - dice - quei cinque non raccontano la verità, quel gommone era stato avvistato giorni prima, da un aereo della Missione Frontex di stanza a Malta. Sul posto abbiamo inviato un pattugliatore della nostra marina che li ha intercettati. Erano in cinque e scoppiavano di salute". E ancora: "Hanno rifiutato di essere trasferiti a bordo del nostro pattugliatore dicendo che volevano continuare la navigazione. I nostri uomini quindi sono saliti a bordo del gommone, hanno aggiustato il motore, lo hanno fatto ripartire, li hanno rifocillati dandogli anche cinque giubbotti salvagente. Sono andati via, ma non li abbiamo mai abbandonati, li abbiamo sempre "monitorati" e giovedì mattina abbiamo avvertito le autorità italiane".

Una versione, quella maltese, sulla quale sta tentando di fare luce la Procura della Repubblica di Agrigento che ha aperto una inchiesta. Nel frattempo, continua il silenzio della Guardia di Finanza. Quello che si sa è che i militari della Finanza hanno intercettato il gommone (poi affondato) e soccorso i cinque superstiti, recuperato il motore ed i cinque salvagenti. Ipotesi di reato dell'inchiesta: omissione di soccorso per un intervento che, se scattato in tempo, avrebbe potuto salvare molte vite. Intanto le ricerche continuano e sono già otto i cadaveri avvistati in mare dagli aerei.

(22 agosto 2009)

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