Un giorno d’estate un po’ anomalo quello di oggi, un caldo statico avvolto da una strana coltre di luce rosa, come se il sole filtrasse da dietro una tenda.
Non un alito di vento, c’era aria di pioggia, non è caduta neanche una goccia d’acqua, aspettavo l’odore bagnato della terra, che d’estate sa di buono come la fragranza del pane appena sfornato.
Me ne stavo seduta sulla sdraio in terrazza, e cercavo con lo sguardo forme indefinite fra le nuvole bordate di rosa intenso.
La mia mente si rifiutò di inseguire eteree figure, varcò i confini del tempo tornando ad una sera come questa, stessa luce, stessi colori, era la metà degli anni settanta, tornavo dalla palestra con il mio zaino sulle spalle, esile come un fuscello, lunghi capelli neri ondulati fin sulla schiena, …lo sguardo attento a quella strada ad alta velocità che avrei dovuto costeggiare lungo il tragitto che mi portava a casa.
Camminavo lentamente, ero arrivata al punto in cui c’erano le ville, dodici ville, ognuna recintata da un giardino ricco di piante e fiori, gli svizzeri amano tanto le rose, il loro profumo lo ricordo ancora, inondava per lungo tutta la strada.
La sesta villa era quella sulla quale la mia mente, allora ancora più fervida, l’aveva etichettata come la “villa del mistero”, quante storie di omicidi e di spionaggio ci avevo ricamato sopra, con quello strano individuo seduto sulla sua sedia a rotelle, con un plaid a scacchi rosso, blu e nero sulle ginocchia ed un libro rilegato in pelle scura con le scritte d’oro.
Dalla quinta villa camminavo ancora più lenta, ogni sera mi proponevo di leggere quel titolo … senza che lui se ne avvedesse.
Il mio sguardo cercava discreto di riuscire a catturare almeno una lettera a sera, ma ogni volta era la stessa storia, appena il mio piede era all’altezza del cancello sentivo su di me lo sguardo gelido dell’”assassino”, no, non era una sensazione, quello sguardo di ghiaccio mi scrutava mi seguiva senza neanche muovere le palpebre, come se fissasse un punto lontano, ma erano su di me.
Sentivo i brividi corrermi lungo la schiena, avrei dovuto camminare più svelta, ma per tutto l’oro del mondo non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi impaurita, mi raddrizzavo di più sulla schiena, mentre in cuor mio pregavo le gambe di non tradirmi … la lettera, dovevo rubare con gli occhi almeno una lettera ... avevo le mani sudate … quel libro io glielo avrei rubato.
Quante volte immaginavo di correre velocemente, saltare quel cancello di legno che non era molto alto, rubargli il libro, magari inseguita dal suo cane bassotto che abbaiava pure ai fili d’erba tant’era chiassoso, tutto il contrario del suo padrone, e a perdifiato risaltare la siepe … finalmente con quel libro fra le mie mani.
Le gambe erano vigliacche, ecco perché non avrei mai potuto farlo … le sentivo pesanti, contavo i passi, da una parte all’altra erano cinquanta … 38 … 39 … 40….
“Perché non me lo chiedi ?”
La voce era metallica, mi trapassò l’intero corpo come uno spillo, pensai a mia madre, mi sentivo già morta … girai lo sguardo ed incontrai il suo, lo spillo non smetteva di pungere in ogni dove ed il ghiaccio degli occhi mi pietrificò come fossi davanti alla Medusa.
“Allora? Non parli la mia lingua? “
“Oooh si”, fu tutto quello che riuscì a dire.
“Avanti chiedimelo”
“Cosa, scusi? “
“Il titolo del libro, non è questo che vuoi sapere?”.
Oltre ad essere “assassino” sapeva pure leggere nel mio pensiero. Lo guardai senza dire una parola, avevo la gola secca, ma cosa poteva mai capire lui ?
“Bene, se non vuoi saperlo, non Te lo dico! Italiani, tutti vigliacchi!”
Il mio sangue passò dal gelo al fuoco, cosa aveva detto ?
Italiani vigliacchi? Lui, l’“assassino di ghiaccio”?
“Io ero lucifero”
”Come ha detto scusi ? Ho capito bene?”
“Non voglio essere disturbato !”
“Io non voglio essere offesa, vigliacco è Lei e tutta la Sua stirpe!“
Alzò lo sguardo, il fuoco si spense di botto … mi piombò addosso l’intera banchisa polare, perché l’avevo fatto?
Ma non mi mossi di un passo, vivere o morire ormai mi era indifferente, quel vecchio senza gambe non l’avrebbe avuta vinta.
“Va bene, non sei vigliacca, ma il titolo del libro non te lo dico”
“Non gliel’ho mai chiesto!“
Ripresi fiera il mio cammino verso casa con il suo sguardo che mi accompagnò fin quasi all’ultima villa.
Quella notte non riuscì a dormire, che stupida ero stata, se solo non mi fossi lasciata prendere dal panico, ora non potevo più chiederglielo il titolo, sarebbe stato un atto di sottomissione da parte mia …figuriamoci, ribelle com’ero!
Pensai a mille modi di riuscire nel mio intento, alla fine m’addormentai spossata sognando quegli occhi di ghiaccio.
Trascorsero altri due giorni con quel chiodo fisso nella mente, ma quella sera il titolo lo avrei ottenuto a qualunque costo, tranne che chiederglielo, ovviamente.
Quando fui ad un passo dal suo steccato respirai profondamente, come prima di un tuffo in acqua, ed avanzai….c’era!!!
“L’italiana”
Quella voce mi fece di nuovo tremare come un fuscello.
“Buona sera”
Ostentavo la calma superficiale di un mare in tumulto nei suoi abissi nel salutare lanciai uno sguardo a quelle mani eleganti che reggevano il libro, lo aveva rivolto in modo da inclinare la copertina con la scritta verso le sue ginocchia, vedevo il luccichio dell’oro, ma leggere era impossibile.
Tutto si svolse in un attimo, il cane scemo di “occhi di ghiaccio” si mise a correre abbaiando disperato dietro ad una farfalla, lui ebbe uno scatto e sollevò le mani.
Colsi l’occasione, come un gabbiano in volo afferra il cibo, i miei occhi furono sul libro, lessi velocemente, frazioni di secondi, lui reclinò le mani rendendosi conto che poteva avermi dato l’opportunità di leggere, mi guardò, pietrificata lottavo fra lo svenimento ed il contegno.
Ressi !
“E’ un cane italiano”
“Meglio di quelli tedeschi, avrebbe rincorso patate”.
Cominciai a recitare l’Ave Maria.
“Martha !!!”
La sua voce tuonò come il gong del boia, la donna con il camice bianco arrivò, si fermò dietro di lui e cominciò a girare la sedia a rotelle, “l’assassino dagli occhi di ghiaccio” non mi degnò più di uno sguardo e sospinto da Martha svanì dentro la portafinestra che dava sul giardino.
Il pomeriggio del giorno seguente, mi ritrovai ad aspettare il tram per recarmi in città dove avrei raggiunto la grande biblioteca di fronte alla Kantonsschuhle, la signora dell'archivio mi conosceva bene, appena mi vide sottovoce mi chiese:
"Dimmi, cosa devo cercarti ora? "
"Albert Kesselring".*, le dissi sicura.
Sgranò gli occhi, neanche se le avessi chiesto d'arrampicarsi sul K2, rassegnata andò a prendere la lista degli autori, lettera A naturalmente, le pagine che contenevano gli Albert erano davvero tante ma alla fine lo trovò.
Fortunatamente c'era da scegliere solo fra due titoli di libri scritti da quest'autore, non esitai, mi venne in mente il luccichio in oro di una S.
"Questo, è questo" esultai.
"Ma come mai cerchi questo libro? Non è adatto alla tua età e poi non l'abbiamo, ne sono state stampate poche copie, non fa per te ".
"Me lo deve ordinare, la prego, la prego, la prego"
"Ma sei minorenne, non posso proprio"
"Meine liebe Frau *... Lei è il mio angelo, non può dirmi di no".
"Vedrò cosa posso fare, finirò nei guai con te, un giorno o l'altro".
L'abbracciai ringraziandola e le dissi che sarei tornata in settimana per il libro, da sopra i suoi occhiali mi lanciò uno sguardo fra il disperato e il tenero, amava le mie effusioni d'affetto.
Ritornai di corsa verso la stazione dei tram, guardai l'ora, il tempo d'arrivare e correre fino alla villa, sperare di trovarlo in giardino prendermi la mia bella rivincita e poi tornare a casa, avrei fatto tardi, mi sarei dovuta sorbire il terzo grado di mia madre , ma non mi importava nulla.
Arrivai davanti a quello steccato con il cuore che non aveva più battiti ma l'irruento scorrere di un fiume in piena, rallentai per prendere fiato, camminai decisa e mi parai davanti al cancello, era in giardino, sembrava stesse aspettando proprio me, i suoi occhi glaciali mi guardarono decisi in attesa di ciò che stavo per dirgli :
"Soldat....bis....zum....letzten...tag..." *
Lo scandii lentamente e piena d'orgoglio.
Gli antichi greci sbagliavano nel pensare che Giove lanciava con le mani i fulmini sulla terra ... no, lo faceva con gli occhi, perché in quell'attimo fui trafitta da mille fulmini.
"Ce l'hai fatta, ma non potrai mai leggerlo!!".
La sua voce sembrava uscire dall'antro di una caverna.
Indietreggiai spaventata e con le ultime forze che restavano nel mio esile corpo cominciai a correre verso casa.
Ancora non sapevo quanto quell'uomo sarebbe stato importante nella mia vita.
* Meine liebe Frau : mia amata signora.
*Soldat bis zum letzten tag : Soldato sino all'ultimo giorno
"Albert Kesselring" : fu uno degli ufficiali nazisti più spietati, fedelissimo di Adolf Hitler, comandante delle forze aeree prima, divenne poi comandante supremo, col grado di Feldmaresciallo, di quasi tutte le forze armate tedesche. Prese parte a tutte le operazioni militari durante la seconda guerra mondiale in Europa, sul Mediterraneo ed in Africa. In Italia fu uno dei più sanguinari, fece giustiziare molti civili, oltre alle deportazioni di massa degli ebrei. È Responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Dopo la seconda guerra mondiale fu condannato a morte per crimini di guerra, poi la sentenza fu commutata in ergastolo ed alla fine fu scarcerato a causa delle sue condizioni di salute. Visse tranquillamente fino alla fine dei suoi giorni il 1960.
Non un alito di vento, c’era aria di pioggia, non è caduta neanche una goccia d’acqua, aspettavo l’odore bagnato della terra, che d’estate sa di buono come la fragranza del pane appena sfornato.
Me ne stavo seduta sulla sdraio in terrazza, e cercavo con lo sguardo forme indefinite fra le nuvole bordate di rosa intenso.
La mia mente si rifiutò di inseguire eteree figure, varcò i confini del tempo tornando ad una sera come questa, stessa luce, stessi colori, era la metà degli anni settanta, tornavo dalla palestra con il mio zaino sulle spalle, esile come un fuscello, lunghi capelli neri ondulati fin sulla schiena, …lo sguardo attento a quella strada ad alta velocità che avrei dovuto costeggiare lungo il tragitto che mi portava a casa.
Camminavo lentamente, ero arrivata al punto in cui c’erano le ville, dodici ville, ognuna recintata da un giardino ricco di piante e fiori, gli svizzeri amano tanto le rose, il loro profumo lo ricordo ancora, inondava per lungo tutta la strada.
La sesta villa era quella sulla quale la mia mente, allora ancora più fervida, l’aveva etichettata come la “villa del mistero”, quante storie di omicidi e di spionaggio ci avevo ricamato sopra, con quello strano individuo seduto sulla sua sedia a rotelle, con un plaid a scacchi rosso, blu e nero sulle ginocchia ed un libro rilegato in pelle scura con le scritte d’oro.
Dalla quinta villa camminavo ancora più lenta, ogni sera mi proponevo di leggere quel titolo … senza che lui se ne avvedesse.
Il mio sguardo cercava discreto di riuscire a catturare almeno una lettera a sera, ma ogni volta era la stessa storia, appena il mio piede era all’altezza del cancello sentivo su di me lo sguardo gelido dell’”assassino”, no, non era una sensazione, quello sguardo di ghiaccio mi scrutava mi seguiva senza neanche muovere le palpebre, come se fissasse un punto lontano, ma erano su di me.
Sentivo i brividi corrermi lungo la schiena, avrei dovuto camminare più svelta, ma per tutto l’oro del mondo non gli avrei mai dato la soddisfazione di vedermi impaurita, mi raddrizzavo di più sulla schiena, mentre in cuor mio pregavo le gambe di non tradirmi … la lettera, dovevo rubare con gli occhi almeno una lettera ... avevo le mani sudate … quel libro io glielo avrei rubato.
Quante volte immaginavo di correre velocemente, saltare quel cancello di legno che non era molto alto, rubargli il libro, magari inseguita dal suo cane bassotto che abbaiava pure ai fili d’erba tant’era chiassoso, tutto il contrario del suo padrone, e a perdifiato risaltare la siepe … finalmente con quel libro fra le mie mani.
Le gambe erano vigliacche, ecco perché non avrei mai potuto farlo … le sentivo pesanti, contavo i passi, da una parte all’altra erano cinquanta … 38 … 39 … 40….
“Perché non me lo chiedi ?”
La voce era metallica, mi trapassò l’intero corpo come uno spillo, pensai a mia madre, mi sentivo già morta … girai lo sguardo ed incontrai il suo, lo spillo non smetteva di pungere in ogni dove ed il ghiaccio degli occhi mi pietrificò come fossi davanti alla Medusa.
“Allora? Non parli la mia lingua? “
“Oooh si”, fu tutto quello che riuscì a dire.
“Avanti chiedimelo”
“Cosa, scusi? “
“Il titolo del libro, non è questo che vuoi sapere?”.
Oltre ad essere “assassino” sapeva pure leggere nel mio pensiero. Lo guardai senza dire una parola, avevo la gola secca, ma cosa poteva mai capire lui ?
“Bene, se non vuoi saperlo, non Te lo dico! Italiani, tutti vigliacchi!”
Il mio sangue passò dal gelo al fuoco, cosa aveva detto ?
Italiani vigliacchi? Lui, l’“assassino di ghiaccio”?
“Io ero lucifero”
”Come ha detto scusi ? Ho capito bene?”
“Non voglio essere disturbato !”
“Io non voglio essere offesa, vigliacco è Lei e tutta la Sua stirpe!“
Alzò lo sguardo, il fuoco si spense di botto … mi piombò addosso l’intera banchisa polare, perché l’avevo fatto?
Ma non mi mossi di un passo, vivere o morire ormai mi era indifferente, quel vecchio senza gambe non l’avrebbe avuta vinta.
“Va bene, non sei vigliacca, ma il titolo del libro non te lo dico”
“Non gliel’ho mai chiesto!“
Ripresi fiera il mio cammino verso casa con il suo sguardo che mi accompagnò fin quasi all’ultima villa.
Quella notte non riuscì a dormire, che stupida ero stata, se solo non mi fossi lasciata prendere dal panico, ora non potevo più chiederglielo il titolo, sarebbe stato un atto di sottomissione da parte mia …figuriamoci, ribelle com’ero!
Pensai a mille modi di riuscire nel mio intento, alla fine m’addormentai spossata sognando quegli occhi di ghiaccio.
Trascorsero altri due giorni con quel chiodo fisso nella mente, ma quella sera il titolo lo avrei ottenuto a qualunque costo, tranne che chiederglielo, ovviamente.
Quando fui ad un passo dal suo steccato respirai profondamente, come prima di un tuffo in acqua, ed avanzai….c’era!!!
“L’italiana”
Quella voce mi fece di nuovo tremare come un fuscello.
“Buona sera”
Ostentavo la calma superficiale di un mare in tumulto nei suoi abissi nel salutare lanciai uno sguardo a quelle mani eleganti che reggevano il libro, lo aveva rivolto in modo da inclinare la copertina con la scritta verso le sue ginocchia, vedevo il luccichio dell’oro, ma leggere era impossibile.
Tutto si svolse in un attimo, il cane scemo di “occhi di ghiaccio” si mise a correre abbaiando disperato dietro ad una farfalla, lui ebbe uno scatto e sollevò le mani.
Colsi l’occasione, come un gabbiano in volo afferra il cibo, i miei occhi furono sul libro, lessi velocemente, frazioni di secondi, lui reclinò le mani rendendosi conto che poteva avermi dato l’opportunità di leggere, mi guardò, pietrificata lottavo fra lo svenimento ed il contegno.
Ressi !
“E’ un cane italiano”
“Meglio di quelli tedeschi, avrebbe rincorso patate”.
Cominciai a recitare l’Ave Maria.
“Martha !!!”
La sua voce tuonò come il gong del boia, la donna con il camice bianco arrivò, si fermò dietro di lui e cominciò a girare la sedia a rotelle, “l’assassino dagli occhi di ghiaccio” non mi degnò più di uno sguardo e sospinto da Martha svanì dentro la portafinestra che dava sul giardino.
Il pomeriggio del giorno seguente, mi ritrovai ad aspettare il tram per recarmi in città dove avrei raggiunto la grande biblioteca di fronte alla Kantonsschuhle, la signora dell'archivio mi conosceva bene, appena mi vide sottovoce mi chiese:
"Dimmi, cosa devo cercarti ora? "
"Albert Kesselring".*, le dissi sicura.
Sgranò gli occhi, neanche se le avessi chiesto d'arrampicarsi sul K2, rassegnata andò a prendere la lista degli autori, lettera A naturalmente, le pagine che contenevano gli Albert erano davvero tante ma alla fine lo trovò.
Fortunatamente c'era da scegliere solo fra due titoli di libri scritti da quest'autore, non esitai, mi venne in mente il luccichio in oro di una S.
"Questo, è questo" esultai.
"Ma come mai cerchi questo libro? Non è adatto alla tua età e poi non l'abbiamo, ne sono state stampate poche copie, non fa per te ".
"Me lo deve ordinare, la prego, la prego, la prego"
"Ma sei minorenne, non posso proprio"
"Meine liebe Frau *... Lei è il mio angelo, non può dirmi di no".
"Vedrò cosa posso fare, finirò nei guai con te, un giorno o l'altro".
L'abbracciai ringraziandola e le dissi che sarei tornata in settimana per il libro, da sopra i suoi occhiali mi lanciò uno sguardo fra il disperato e il tenero, amava le mie effusioni d'affetto.
Ritornai di corsa verso la stazione dei tram, guardai l'ora, il tempo d'arrivare e correre fino alla villa, sperare di trovarlo in giardino prendermi la mia bella rivincita e poi tornare a casa, avrei fatto tardi, mi sarei dovuta sorbire il terzo grado di mia madre , ma non mi importava nulla.
Arrivai davanti a quello steccato con il cuore che non aveva più battiti ma l'irruento scorrere di un fiume in piena, rallentai per prendere fiato, camminai decisa e mi parai davanti al cancello, era in giardino, sembrava stesse aspettando proprio me, i suoi occhi glaciali mi guardarono decisi in attesa di ciò che stavo per dirgli :
"Soldat....bis....zum....letzten...tag..." *
Lo scandii lentamente e piena d'orgoglio.
Gli antichi greci sbagliavano nel pensare che Giove lanciava con le mani i fulmini sulla terra ... no, lo faceva con gli occhi, perché in quell'attimo fui trafitta da mille fulmini.
"Ce l'hai fatta, ma non potrai mai leggerlo!!".
La sua voce sembrava uscire dall'antro di una caverna.
Indietreggiai spaventata e con le ultime forze che restavano nel mio esile corpo cominciai a correre verso casa.
Ancora non sapevo quanto quell'uomo sarebbe stato importante nella mia vita.
* Meine liebe Frau : mia amata signora.
*Soldat bis zum letzten tag : Soldato sino all'ultimo giorno
"Albert Kesselring" : fu uno degli ufficiali nazisti più spietati, fedelissimo di Adolf Hitler, comandante delle forze aeree prima, divenne poi comandante supremo, col grado di Feldmaresciallo, di quasi tutte le forze armate tedesche. Prese parte a tutte le operazioni militari durante la seconda guerra mondiale in Europa, sul Mediterraneo ed in Africa. In Italia fu uno dei più sanguinari, fece giustiziare molti civili, oltre alle deportazioni di massa degli ebrei. È Responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Dopo la seconda guerra mondiale fu condannato a morte per crimini di guerra, poi la sentenza fu commutata in ergastolo ed alla fine fu scarcerato a causa delle sue condizioni di salute. Visse tranquillamente fino alla fine dei suoi giorni il 1960.


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