sabato 22 agosto 2009

«A Lodi il carcere sta scoppiando, il prefetto ora deve intervenire»



«Il carcere di Lodi scoppia, deve chiudere. Al suo posto ne deve arrivare un nuovo». A lanciare l’allarme e ad invocare l’intervento del prefetto è Enzo Tinnirello, segretario regionale dell’Ugl/Pp, il sindacato di polizia penitenziaria vicino alla destra: «Non bastano un’amministrazione festaiola e qualche concerto a cancellare i problemi», dice. La sua denuncia arriva all’indomani dell’iniziativa “Ferragosto in carcere” che ha visto l’ingresso, in via Cagnola, dei due parlamentari Sergio Ravelli (Radicali) e Cinzia Fontana (Pd). Questi avevano trovato il carcere sovraffollato, come nel resto delle strutture penitenziarie italiane, ma si erano complimentati con la direttrice per la vivacità culturale dell’istituto. «Le condizioni sono senza dubbio difficili - avevano detto i parlamentari -. Tuttavia abbiamo riscontrato un buon clima tra la polizia penitenziaria, la direzione e i detenuti. Svariate e meritevoli sono poi, le iniziative che vengono portate avanti». Tinnirello non è d’accordo: «La situazione è divenuta insostenibile - commenta - e, visti i recenti accadimenti tumultuosi avvenuti sia in Lombardia che in tutta Italia, adesso si rischia anche qui a Lodi di assistere ad episodi di turbativa all’interno del carcere, visto che il clima tra detenuti e poliziotti è abbastanza teso».
Stizzita la reazione da parte della direttrice di via Cagnola Stefania Mussio: «Io non ne so nulla di questo comunicato - afferma -, ho appreso della sua esistenza dalla stampa, ma non ne sono stata informata ufficialmente in qualità di direttore. Quindi non mi metto a replicare». Per lei a contare è l’esito della verifica più recente in carcere, quella fatta dai parlamentari. «Mi chiedono se è vero che il carcere è sovraffollato? Rispondo di sì, oscilliamo sempre tra i 98, i 101, 102 detenuti, a fronte dei 56 posti tollerati. Siamo sotto organico? Sì, lo siamo. La situazione da noi è esattamente uguale, per entrambi gli aspetti, al resto del Nord Italia. Lodi è diversa solo perché organizza tante iniziative di qualità e questo anche grazie alla polizia penitenziaria e a tutto il personale presente nella struttura. Noi ci sforziamo, tutti i giorni, di far vivere ai detenuti una vita il più possibile dignitosa, nel rispetto dei ruoli e in un equilibrio corretto tra detenuti e personale. Ed è lo stesso ministero, nell’ultima circolare, che ci esorta a favorire diverse attività. A luglio ho ricevuto una lettera dal prefetto: ci ringrazia e rinnova l’apprezzamento per le nostre iniziative».
Secondo Tinnirello, però, «il carcere di Lodi ora garantisce solo una condizione disumana e fuorilegge, sia rispetto all’articolo 27 della Costituzione che agli standard minimi dettati dalla convenzione europea per la prevenzione delle tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti». Anche per il provveditore regionale Luigi Pagano però «non si tratta affatto di un problema di Lodi. Il sovraffollamento, purtroppo - dice -, riguarda tutte le carceri italiane, dal Nord al Sud. Anzi, Lodi può essere considerata migliore anche per l’attività trattamentale. Esiste una rete di socializzazioni che pochi istituti, anche in condizioni migliori, sono riusciti a creare. Le celle avranno anche uno spazio minimo, ma quello che deve essere considerato è tutto il contesto delle relazioni che si vengono a creare».

Cristina Vercellone
22 agosto 2009
COMMENTO

Lodi è stata la mia ultima sede di servizio, fino al 31 gennaio 2005.
Conosco bene quel carcere, costruito nel 1904 per le necessità del Tribunale locale.
E' una struttura penitenziaria obsoleta, anche se restaurata e ristrutturata totalmente, non mi è stato mai chiaro il motivo di tali interventi.
L'ultima iniziativa, la realizzazione di un edificio su tre livelli negli unici due cortiletti sterrati esistenti e in disuso, è da attribuire al sen. Roberto Castelli, ministro della giustizia "pro-tempore", che la volle destinare alle attività trattamentali.
In verità, la mia intenzione era solo quella di realizzare una struttura di un solo livello, da destinare ai corsi professionali di operaio specializzato 'casaro', essendo Lodi ancora oggi famosa per la produzione del latte e per la sua trasformazione.
Tale iniziativa restò a lungo disattesa e anche con Castelli rimase tale, vista la nuova e diversa destinazione da lui voluta.
L'edificio fu terminato e inaugurato l'anno 2004, presenti Castelli, Tinebra capo del D.A.P. "pro-tempore".
L'edificio fu arredato di tutto punto, per una spesa di 100.000 euro.
E' questo l'edificio in cui si svolgono le iniziative delle quali mena, giustamente, vanto l'attuale direttore.
La sua utilizzazione, però, è subordinata ad una accorta gestione del personale di polizia penitenziaria. Ci si deve preoccupare, cioè, prevalentemente, delle condizioni lavorative del personale suddetto, posto che le medesime si svolgono dopo le ore 16.00, in cui sono attivi solo cinque posti di servizio (portineria, posto di blocco, I^ sezione, II^ sezione, sorveglianza generale), che quasi mai sono coperti, anzi accade che spesso sono solo in quattro e si devono 'fare in quattro' per assicurare contemporaneamente anche la sorveglianza delle attività trattamentali in corso, che spesso vanno oltre le ore 21.00.
La situazione poi è complicata dall'attuale gestione del servizio docce detenuti, quotidiana e fino alle ore 21.
Quante precede prescinde dalle condizioni climatiche e di sovraffollamento, che obbligano ad una più accorta gestione del personale, sopratutto sotto il profilo delle responsabilità che vengono fatte carico allo stesso.
Lo so fin troppo bene, in tali casi era d'obbligo ridurre le attività in fasce non sufficientemente garantite: il personale non ha il dono dell'ubiquità!
100 detenuti ed oltre presenti per Lodi è il raddoppio della capienza tollerabile.
Se poi si considera che la III^ sezione, in cui erano allocate due celle da 4 posti ciascuna, l’ambulatorio medico, l’ambulatorio dentistico, l’ufficio del cappellano, degli psicologi e degli educatori, la biblioteca detenuti, è chiusa allora si deve considerare che 100 detenuti sono ammassati in due sezioni soltanto, la I^ e la II^.
Lodi manca di una infermeria detenuti, non era stata proprio prevista nel 1904, c’era un sottotetto, derivato dai lavori di ristrutturazione, praticabile e non più in uso.
Pensai fosse opportuno trasformarlo per ricavarne l’infermeria detenuti e tutti gli altri servizi medici elencati prima.
Non c’erano soldi sufficienti se per una prima parte di lavori, ivi compresa una scala di sicurezza esterna per il trasferimento degli ammalati in via d’urgenza presso le strutture ospedaliere esterne.
Ciò comportò il trasloco dei servizi nel nuovo edificio, nell’attesa del completamento dei lavori, al termine dei quali la III^ sezione sarebbe aumentata a tre celle minimo, cinque con la riutilizzazione degli altri ambienti.
Io fui collocato in pensione, il direttore successivo (non l’attuale) non volle o non riuscì a appaltare lavori conclusivi per 100.000 euro, che firono stornati a fine esercizio e dati ad altri istituti.
Mi risulta che la situazione sia immodificata.
Allora, ciò significa che 100 detenuti ed oltre, cifra alla quale si era arrivati, con la III^ sezione agibile, stanno ammassati come sardine.
Sorprende che i due parlamentari, dei radicali e del PD, non abbiano notato questo dato di fatto, è verosimile che non l’hanno voluto notare, in tal caso è legittima la domanda: cosa ci sono andati a fare?
Il direttore e il provveditore ritengono che l’incremento delle attività trattamentali sia da porre all’origine della mancanza di incidenti. Probabilmente è vero, ma mi si consenta un po’ di scetticismo.
Certo è che attività trattamentali non facevano difetto nel 2004, eppure le proteste di quell’anno per ottenere l’indulto e l’amnistia (quest’ultima restò nelle intenzioni9, anche i detenuti di Lodi protestarono, eccome!
Credo che gli abitanti circostanti il carcere se lo ricordino ancora.
Cosa voglio dire? Che oggi non è ancora in atto il motivo aggregante, ma qualcosa si sta muovendo, è molto pericoloso e non si potrà gestire con le chiacchiere.
Motivo in più per pensare al peggio la sentenza Corte europea dei diritti dell'uomo 16 luglio 2009, che ha condannato l’Italia a risarcire per danni morali il 36enne Izet Sulejmanovic, cittadino della Bosnia Erzegovina con la somma di 1000 euro, per una carcerazione sofferta negli anni 2002-2003 presso il carcere romano di Rebibbia in base all’art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, che stabilisce: ““Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Il suddetto detenuto aveva condiviso con cinque detenuti celle di mq. 16,20 per cui a ciascuno di essi rimaneva uno spazio di soli 2,70 mq.
Ricordava la Corte che nei casi in cui essa si è pronunciata sulla violazione dell’art.3, il numero eccessivo di detenuti rispetto alla dimensione della cella non è stato mai un criterio esclusivo. Nei casi precedenti, infatti, si sono presi in considerazione altri fattori, quale un accesso insufficiente del detenuto all’aria e alla luce naturale, un’igiene carente, un calore eccessivo associato alla mancanza di ventilazione, il rischio di diffusione di malattie, la mancanza di acqua potabile o corrente, la condivisione dei letti tra i detenuti, una limitazione del periodo d’aria, il fatto che i servizi sanitari fossero in cella e visibili, la mancanza di cure adeguate a detenuti affetti da patologie. In altri casi si era decretata la mancata violazione dell’art.3 quando lo spazio personale era compreso tra 2,70 e 3,20 mq. (Aldo Maturo-2009).
La frase, virgolettata, attribuita al provveditore regionale: «non si tratta affatto di un problema di Lodi. Il sovraffollamento, purtroppo - dice -, riguarda tutte le carceri italiane, dal Nord al Sud. Anzi, Lodi può essere considerata migliore anche per l’attività trattamentale. Esiste una rete di socializzazioni che pochi istituti, anche in condizioni migliori, sono riusciti a creare. Le celle avranno anche uno spazio minimo, ma quello che deve essere considerato è tutto il contesto delle relazioni che si vengono a creare»., non trova riscontro nella giurisprudenza della Corte.

1 commento:

Anonimo ha detto...


Sai bene di che si tratta!
E chi meglio di te?

Che ci sono andati a fare i due parlamentari, se non hanno saputo, voluto o potuto dire come stanno realmente i fatti?

ciao
Madda