giovedì 13 agosto 2009

Oltre 150 deputati nelle carceri


di CARLO CIAVONI


Alla condizione tragica ed endemica del sistema carcerario italiano, all'affollamento soffocante delle celle, alla scarsità di personale qualificato, all'assenza evidente di una guida politica del fenomeno e, non ultima, alla sua palese incostituzionalità, sarà dedicata una tre-giorni di visite di 153 parlamentari in 185 delle 221 carceri lungo tutta la Penisola, nei giorni di Ferragosto.

Si tratterà di una vera e propria ispezione di massa da parte di deputati, senatori, consiglieri regionali e garanti per i diritti dei detenuti, forse mai realizzata prima. A lanciare l'iniziativa è stata la deputata radicale -eletta nelle liste del Pd- Rita Bernardini, che ha voluto così coinvolgere i parlamentari di tutti gli schieramenti per una ricognizione nella difficilissima situazione dei penitenziari italiani e far conoscere così direttamente la realtà quotidiana di direttori, agenti, medici, psicologi, educatori e detenuti.

"Nei primi sette mesi dell'anno - ha sottolineato la Bernardini - ci sono stati quasi 100 morti, 30 dei quali si sono tolti la vita. E' evidente che ormai dal carcere si evade così, un'uscita silenziosa. Definitiva."

Dunque, lo scopo della "maxi-visita" diventa quindi semplicemente quello di verificare se il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha ragione o no nel dire che gli istituti di pena del nostro Paese “sono fuori della Costituzione”. Costituzione che, nell'articolo 27, parla di trattamento da riservare ai detenuti che non deve mai essere contrario al senso di umanità, ma anzi volto alla sua rieducazione.

La grande ispezione parlamentare, nelle giornate di venerdì 14, sabato 15 e domenica 16 agosto, parte così con una denuncia indignata della deputata promotrice, alla quale si risponde con fiacche promesse del governo, che annuncia un aumento di 1200 posti letto nelle carceri entro la fine dell'anno, quando ne servirebbero oltre 4000 e la prevedibile diffidenza dei sindacati della polizia penitenziaria.

"La si può girare come si vuole - dice Leo Beneduci, segretario generale dell'Osapp il secondo organismo di rappresentanza autonomo dopo il Sappe - nelle celle italiane ci sono circa 64 mila detenuti, cioè 4.000 in più di quanti ce ne dovrebbero stare, anche nella situazione di emergenza prevista dal ministero. Si continua insomma a far finta di niente rispetto ad un dato allarmante: cioè che ci sono mediamente 3 metri quadrati per ogni recluso, mentre ce ne dovrebbero essere 7 secondo il Parlamento Europeo".

"Non solo - aggiunge Beneduci - il cosiddetto 'piano Ionta' (Franco Ionta è il direttore del Dap, il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria n.d.r.) prevede uno stanziamento per l'edilizia carceraria di 1,5 miliardi, per creare 4300 posti in più entro il 2010 e di oltre 17 mila entro il 2012. Bene: il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo ha però appena detto che in cassa non ci sono più di 500 milioni: un terzo di quanto previsto dal piano. Adesso speriamo - ha concluso Beneduci- che questa iniziativa non si riveli come la solita passerella dei politici in visita di cortesia".

I sindacati autonomi della polizia penitenziaria sono molto critici anche con il Dap per una recente circolare secondo la quale, per far fronte alle visite di Ferragosto nelle carceri, avrebbe aumentato la presenza di agenti: "Non è escluso - dicono all'Osapp - che si smobiliteranno unità da altre strutture penitenziarie, depotenziando così istituti già di per sè scoperti dove, è bene ricordarlo, registriamo fino a dieciaggressioni gravi al giorno contro il personale di sorveglianza, con referti medici oltre sette giorni di prognosi”.

Gli spazi angusti nelle carceri italiane e le conseguenti condizioni disumane degli agenti e dei detenuti - “che quando escono”, dice un funzionario del ministero che pretende l'anonimato, “sono più delinquenti di prima” - rappresentano dunque un problema cronico, con picchi come quelli della Sicilia, dove di posti letto ne mancano 608 su un totale di 4.727; o in Sardegna e in Toscana dove le carenze raggiungono rispettivamente quota 475 su 1.971 posti e 422 su 3.035.

Coinvolti nel disagio generale sono anche i 380 psicologi consulenti, che da 30 anni lavorano negli istituti penitenziari, mai regolarizzati e che con il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, hanno smesso di lavorare a tu per tu con i reclusi. Paola Giannelli, segretaria della Società Italiana della Psicologia Penitenziaria, ricorda che “attualmente l'assistenza psicologica è affidata agli psicologi di ruolo, che sono 19 in tutta Italia e così ad ogni detenuto non possono essere dedicate più di 3 ore l'anno".

"La conseguenza - aggiunge Giannelli- è che la risposta al disagio e all'aumento dei suicidi è unicamente medico-pcichiatrica, e quindi coerentemente si passa all'uso prevalente di psicofarmaci, che non solo incidono pesantemente sulla spesa pubblica, ma non affrontano mai le cause esistenziali delle persone recluse".

Dal canto suo, il Dap continua ad elaborare progetti di recupero ambientale e promuovere occasioni di lavoro sporadiche tra i detenuti. Progetti che vengono considerati “meritori “,dall'Osapp, più propenso ad assegnare all'attuale titolare del dicastero le maggiori responsabilità della situazione, al contrario del Sapp, il maggiore sindacato, più critico invece verso il Dap.

E' comunque un fatto che il Dipartimento dall'ottobre scorso sta lavorando ad un programma di promozione delle attività di recupero del patrimonio ambientale e per l'istituzione di agenzie per l'incentivazione del lavoro negli istituti di pena. L'obiettivo è disporre di una mappa del bacino di reclusi potenzialmente occupabili, che poi dovrebbe essere affidata ad un “poliziotto penitenziario” il quale dovrebbe valutare domanda e offerta di lavoro, attraverso l'analisi dei bisogni e delle caratteristiche delle persone in cerca di lavoro e offrire così strategie di reinserimento.

Esperienze positive ce ne sono, come quella di Milano Bollate, e a Milano Opera, dove proprio a Ferragosto 72 detenuti andranno a ripulire il greto del torrente Gura nei comuni di Masiate e Basiano. A Torino i reclusi si dedicano alla raccolta differenziata, a Chiavari si occupano della manutenzione delle aree verdi.

O ancora a Roma, con i 20 carcerati di Rebibbia che usciranno per pulire spazi pubblici della capitale.
E poi a sud altre iniziative analoghe negli istituti abruzzesi, campani, pugliesi calabresi siciliani e sardi.

(13 agosto 2009)

COMMENTO

Da direttore di carcere in pensione da quattro anni, dopo aver diretto carceri per 40 anni, fuori dall'anonimato, quando leggo articoli come questo mi viene da ridere se non ci fosse invece da piangere.
E' di tutta evidenza la totale mancanza di progettualità, l'enorme ritardo che il D.A.P. ha accumulato negli ultimi 15-20 anni nel costruire nuovi carceri, dopo il boom dei piani edilizi degli anni dal 1970 al 1990, nel recuperare occasioni lavorative intra ed extra moenia, nel favorire l'ammissione al lavoro all'esterno (provvedimento amministrativo del direttore del carcere, verificato dal Magistrato di Sorveglianza), e la semilibertà (concessa dal Tribuale di sorveglianza).
Non è temerario affermare che con la scellerata uscita di scena di Niccolò Amato il mondo delle carceri è entrato in una crisi di identità e di progettualità gravissime.
L'affermazione che chi entra in carcere ne esce più delinquente di quando vi è entrato è come la scoperta dell'acqua calda.
E' stato sempre così, fino al 1975, data in cui la riforma dell'ordinamento penitenziario aprì i cuori alla speranza, sopratutto con l'introduzione del permesso premio con legge del 1986, la c.d. "riforma Gozzini", oggi vituperata e a rischio di azzeramento.
Dopo Amato si sono susseguiti una sequela di direttori generali, poi cambiando nome chiamati Capi del Dipartimento, senza costrutto alcuno, tranne Giancarlo Caselli che fece rifare il Regolamento di Esecuzione nell'anno 2000, su cui si basano i progressi normativi in materia di ambiente di vita nelle carceri.
Il resto è mera propaganda.
Luigi Morsello

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