mercoledì 30 settembre 2009

Tribunale al cianuro


Mino Martinazzoli descrive in un libro la stretta sorveglianza a cui era sottoposto Michele Sindona nel carcere di Voghera. E immagina quindi che il veleno che portò al suicidio il banchiere gli venne passato 'da qualcuno' durante il processo

C'era un ferreo protocollo per la custodia e sicurezza di Michele Sindona nel carcere di Voghera. Lo descrive nei dettagli Mino Martinazzoli, ultimo segretario della Dc, nel libro 'Uno strano democristiano' scritto con Annachiara Valle. "Sindona era sorvegliato sempre da cinque agenti, tre dei quali con il compito di guardarlo a vista nell'arco delle ventiquatto ore. Gli agenti erano scelti senza essere preavvisati. Non poteva avvicinarlo nessuno, neppure durante l'ora d'aria. Il cortile a lui destinato era coperto in modo da evitare qualsiasi possibilità di introdurre oggetti dall'esterno o di stabilire contatti. Il cibo doveva essere prelevato da quanto cucinato per gli agenti di custodia e consegnato a Sindona da un sottoufficiale e da un agente di custodia di provato affidamento. Avevamo fatto fabbricare un contenitore d'acciaio, nel quale veniva inserito il vitto e la tazzina del caffè. Il contenitore aveva due chiavi in modo che non ci fosse mai un solo agente. Cambiavamo bar continuamente e cambiavamo gli agenti".

Fatta questa descrizione minuziosa, Martinazzoli, che la mattina del 20 marzo 1986 quando Sindona fu trovato morto "rimase molto deluso", così si spiega il suicidio del banchiere siciliano: "Sono propenso a credere che qualcuno gli abbia passato qualcosa durante i processi. Molta gente si avvicinava alla sua gabbia. Resta il fatto che quando tornava in carcere doveva essere perquisito e quindi quella capsula di cianuro doveva essere trovata. Ma così non fu". Amen. T. M.

(25 settembre 2009)

3 commenti:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

C'E' UN DETTAGLIO, CHE NON VIENE RIFERITO E CIOE' CHE IL THERMOS CONTENTE IL CAFFE' MATTUTINO VENIVA IMMEDIATAMENTE RIPORTATO ALLO SPACCIO E LAVATO.
QUESTO HA IMPEDITO DI ESCLUDERE CHE IL CIANURO NON FOSSE GIA' NEL THERMOS, CHE ERA PER FORZA DI COSE PULITO.
ERA QUESTA LA FALLA NEL DISPOSITIVO DI SICUREZZA.
NEL LORO LIBRO "IL CAFFE' DI SINDONA" GIANNI SIMONI E GIULIANO TURONE, GIA' GIUDICI ISTRUTTORI (SIMONI HA CONDOTTO L'INCHIESTA GIUDIZIARIA PER LA MORTE DI SINDONA) RILEVANO LA CIRCOSTANZA MA NON LA CONSIDERANO UNA "ANOMALIA", CIOE' UNA FALLA NEL SISTEMA DI SICUREZZA.
NON HANNO MAI DIRETTO UN CARCERE, E' EVIDENTE!
LO STESSO SI PUO' AFFERMARE PER MINO MARTINAZZOLI, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DELL'EPOCA, MENTRE NICCOLO' AMATO (DIRETTORE GENERALE DELLE CARCERI) FIUTO' QUALCOSA MA FU STOPPATO DA MARTINAZZOLI, CHE AVEVA GARANTITO IN PRIMA PERSONA E DICHIARO' ALLA STAMPA CHE ERA PRONTO A DIMETTERSI SE QUALCOSA NON AVEVA FUNZIONATO NELLA SICUREZZA.

Francy274 ha detto...

Direttore, credo a Lei!
Dubito che Michele Sindona si sia suicidato...a meno che non soffriva di depressione ed a passargli il cianuro sia stato un suo familiare, suona assurda come ipotesi.
Paura d'essere ammazzato non poteva averne, vista l'alta protezione di sicurezza intorno a lui, quindi se pur minacciato non aveva motivo d'ingoiare la pastiglia al cianuro.
Chi doveva aggire ha cercato la falla nel sistema di sicurezza e l'ha trovata.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

TROPPO BUONA, MA OCCORRE SAPERE CHE SINDONA AVEVA SIMULATO UN ATTENTATO (SI SPARO' UN COLPO DI PISTOLA IN UNA GAMBA, MA NON ERA DETENUTO), PER CUI SI PENSO' ALL'EPOCA ANCHE CHE VOLESSE SOLO FARSI RICOVERARE IN OSPEDALE PER POI SQUAGLIARSI, MA SBAGLIO' LA DOSE.
NO, PER ME NON FU COSI', PERCHE', COME DICE MARTINAZZOLI, NON FU TROVATA LA CAPSULA CONTENENTE IL CIANURO CHE GLI SAREBBE STATA PASSATA DURANTE UNA UDIENZA IN TRIBUNALE DA UN FAMILIARE.
QUI SI EVIDENZIA UN'ALTRA FALLA NEL SISTEMA DI SICUREZZA.
SE FOSSE VERA QUESTA VERSIONE, CHE CONTROLLO FACEVANO I FIDATISSIMI AGENTI SARDI?
ALTRO ERRORE PER ME E' STATO IL CONTINUO AVVICENDAMENTO DI AGENTI, MA NON E' QUESTA LA SEDE PER SPIEGARE PERCHE'.
FATTO STA CHE L'AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA SI LIMITO' A TRASFERIRE IL DIRETTORE A OPERA E IL COMANDANTE DI REPARTO A PAVIA, DOVE IO SONO STATO DIRETTORE.
QUEL COMANDANTE MI LASCIO' INTENDERE, MA E' MORTO E NON PUO' CONFERMARE ANCHE SE LO AVESSE VOLUTO (E NON LO VOLEVA) CHE IL VELENO ERA STATO NASCOSTO IN UN TOMBINO INTERNO ALLA SEZIONE IN CUI ERA DETENUTO SINDONA.
MA IO NON GLI HO CREDUTO, NON DICEVA IL VERO, NON VOLEVA O POTEVA DIRE IL VERO.