ANTONIO DI PIETRO
19 ottobre 2009
Martedi, 20 ottobre, Roma, centro del potere politico, si sveglia con la cornice di centinaia di manifesti che ricordano il 25° anniversario del salvataggio della Fininvest da parte di Bettino Craxi, che legalizzò la trasmissione locale delle tre reti Fininvest a livello nazionale.
Il manifesto porta la firma dell’Italia dei Valori.
Questa campagna supportata dai già menzionati manifesti è un invito alle istituzioni e alla politica sana a sciogliere un sodalizio tra Silvio Berlusconi, tessera P2 1816, ed i governi che si sono susseguiti dal 1984 ad oggi, tra i quali si distinsero negativamente la DC di Andreotti, l’Ulivo di Prodi, i Ds di D’Alema, oltre a quelli del diretto interessato Berlusconi. Tutti i governi dal 1984, uno dopo l’altro, hanno supportato con leggi specifiche (Mammì, Meccanico, Gasparri) o con l’indifferenza, il più colossale furto perpetrato ai danni dello Stato per lo sfruttamento di una risorsa pubblica: l’etere.
Una storia nata come uno dei tanti casi di clientelismo a pagamento e degenerata in una “fusione nucleare fuori controllo” che ha prodotto un mostruoso conflitto d’interessi capace di cambiare le sorti e la storia del Paese.
Cumulando ricchezze illimitate attraverso il boom della pubblicità, un piccolo imprenditore milanese ha potuto comprare e corrompere tutto ciò che lo ostacolasse nel raggiungimento della Presidenza del Consiglio, e ci è riuscito per ben quattro volte, col voto degli italiani.
Con una posizione dominante nel mercato della pubblicità non bisognava avere nessuna dote imprenditoriale, bastava solo avere degli ottimi legali e molti conti offshore per ungere le ruote giuste nella capitale, tre elementi che il fiuto di un immobiliarista si procurò in breve tempo.
Nel 1999, prima che D’Alema fissasse il canone delle concessioni alla quota dell’1% di Rti, società minore intestataria di tali concessioni, la Fininvest retrocedeva poco più di mezzo miliardo per ognuna delle tre reti televisive. Contemporaneamente Publitalia cresceva di mille miliardi nel triennio ‘96-‘99 sforando il tetto dei 4.000 miliardi di fatturato. La legge 488 del 1999, mettendo mano ad una situazione insostenibile da oltre un decennio, alzava la rendita delle concessioni per lo Stato. Questo ritocco consentì all’erario di incrementare le sue entrate dagli 1,5 ai 50 miliardi di lire dei 4.000 fatturati, ad esempio, nel ‘99. Silvio storse il naso ma capì che quella dell’amico Massimo era un modo per impedire che altri ci mettessero veramente le mani con una revisione congrua delle tariffe.
Tra il 1984 ed il ‘1999 accaddero molti altri eventi importanti legati alla saga delle frequenze.
Dopo quel 20 ottobre 1984, data in cui Craxi presentò il primo dei tre decreti salva-Fininvest, che garantirono a Fininvest la trasmissione delle reti su scala nazionale, Silvio colmo di riconoscenza, scrisse una lettera di sentita gratitudine a colui che gli aveva svenduto l’imponente asset dello Stato. Poi, alle parole, seguirono i fatti e per sdebitarsi con l’amico Silvio versò 22 miliardi di lire al Psi, soldi di cui la storia tiene memoria nel processo All Iberian, istruito per definire i dettagli dei finanziamenti illeciti al partito socialista. Poi l’amico Craxi finì ad Hammamet per sfuggire alla giustizia, Berlusconi invece finì alla Presidenza del Consiglio. Il piccolo e dimesso uomo di quel lontano 1984 era cresciuto ed aveva appreso l’arte del maestro superandolo con il dosaggio sapiente dei tre ingredienti dell’imprenditore “fatto e finito”: conti offshore e legali.
Si susseguirono leggi e leggine con un duplice intento: garantire sia alla Fininvest il mantenimento della posizione dominante nel quadro del sistema competitivo nazionale, sia al suo patron di salvarsi dai processi per i tanti illeciti compiuti lungo il ‘cammin di sua vita’, che riaffioravano dall’oceano della corruzione come cadaveri di un galeone affondato.
Nessuno credo avrebbe sospettato, in quel lontano ‘84, gli effetti di quella “mano” tesa da Craxi ad un piduista, o per lo meno nessuno credo potesse immaginare che si potesse compromettere una democrazia occidentale svendendo l’aria!
Siamo al 20 gennaio 2009, Italia dei Valori presenta un’interrogazione parlamentare ed inserisce nel suo programma “L’alternativa di governo”, la proposta di portare il canone dall’1% del fatturato di Rti al 30% del fatturato delle società che traggono profitto dallo sfruttamento delle concessioni televisive, Publitalia in primis. Comincia così l’epilogo di un brutto quarto di secolo che volgerà al tramonto instillando nella coscienza dei cittadini la sperequazione economica perpetrata dal grande illusionista di Arcore.
1 commento:
VERO! NON FOSSE STATO PER IL LATITANTE DI HAMMAMET ...
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