Il dr. Luigi Pagano – è poco noto – è laureato in giurisprudenza con una tesi di criminologia discussa con il prof. Alfredo Paolella, insigne cattedratico dell’Università di Napoli, docente di antropologia criminale ucciso dai terroristi nel 1978.
Non conosco la materia della tesi ma posso affermare che egli ne va molto fiero, anche se pochi sanno di questo suo compiacimento.
Credo che egli abbia coltivato per molti anni il desiderio, l’ansia, l’aspirazione di mettere in pratica gli insegnamenti del suo Maestro.
L’occasione della vita gli è stata data dall’incarico di Provveditore regionale, che ricopre dal 2004.
Una regione come la Lombardia, attiva, produttiva, ricca di occasioni lavorative, anche se governata dal 15 anni dal centro destra (le idee di sinistra di Pagano non sono un segreto).
Certo, intervenire di una regione che vanta 18 istituti penitenziari non è cosa da poco, la politica ha invaso tutto, non ha certo risparmiato il settore penitenziario, ma Pagano è messo bene. Infatti, egli è stato prima direttore a Brescia, la città di Mino Martinazzoli, all’epoca ministro di grazia e giustizia, la voglia di arrivare era tanta (anche se egli afferma, e io gli credo, di non avere mai chiesto niente a nessuno, riconoscendosi solo il ruolo di servitore dello Stato obbediente agli incarichi e alle funzioni che dallo Stato gli venivano assegnati tramite l’amministrazione penitenziaria) ed ebbe una splendida occasione, quella di portarsi in casa a Brescia il “Maurizio Costanzo Show”.
Fu una serata memorabile, che io ricordo bene.
L’ansia traspariva dalle espressioni del volto di Pagano (egli mi è sembrato sempre un po’ ansioso nelle circostanze pubbliche, ma ha la capacità di dominare l’ansia, anche se la stessa opacizza un po’ i suoi interventi), ma fu un successone.
Io credo che una percentuale altissima di direttori penitenziari non solo della Lombardia schiattarono d’invidia (il Maurizio Costanzo Show era una trasmissione di seconda serata di Canale 5, seguitissima).
Sì, lo ammetto, anch’io restai a bocca aperta, non tanto per la qualità della trasmissione quanto per l’abilità che gli andava riconosciuta, a Pagano, di averla propiziata.
Poi venne il periodo di San Vittore, un carcere che nei tempi moderni aveva stritolato più di un direttore, Pagano no, non si fece stritolare, lo ha diretto per 14 anni dal 1990 al 2004, passando sempre attraverso mille peripezie, l’ultima la fuga di un albanese l’11 agosto 2003.
Quella evasione, di un pericoloso albanese, nonostante fosse quella classica con buco, lenzuola, superamento del muro di cinta, generò una ispezione dipartimentale, che si sviluppò in due diversi momenti e coinvolse anche il provveditore regionale pro-tempore (il muro di cinta era in quella circostanza totalmente privo di sentinelle), con successive iniziative disciplinari finite in nulla.
È del 1° ottobre la notizia, ripresa dal Cittadino di Lodi, che nella struttura penitenziaria saranno eseguiti altri lavori, oltre quelli già oggetto di polemiche sindacali.
Il Pagano dichiara: «I lavori comporteranno lo sfollamento di circa 36 detenuti, più o meno il 50 per cento di quelli presenti attualmente in via Cagnola che oscillano tra i 98 e i 102. Ieri è arrivata la lista dei nomi, adesso dobbiamo muoverci per cercare delle collocazioni: non dobbiamo portarli fuori dal distretto giudiziario di competenza, ma neanche trasferirli troppo lontani dalle loro famiglie, creando loro dei disagi. L’alternativa che ci restava era di chiudere il carcere per un anno, ma Lodi è sede di tribunale, poi adesso è diventato molto attivo. Via Cagnola, quindi, in questo periodo, avrà la funzione di ricevere gli imputati e accoglierli fino al processo. Dopo il primo grado saranno trasferiti altrove». Ed ancora: «la capienza del carcere aumenterà di una decina di posti, passando da 56 a 66. La struttura sarà riadeguata. Il cantiere - dice - riguarderà la palazzina laterale, all’interno della quale saranno ricavati dei nuovi spazi realizzati in sintonia con la normativa sulla sicurezza. Dimezzare il carcere, però, è un peccato. La dottoressa Mussio e il comandante Ciaramella hanno creato proprio un bel clima, tra il personale e i detenuti. Non solo attraverso le iniziative interne. Sono riusciti anche a portare gli ospiti al di fuori, dentro la comunità locale. Basti pensare all’iniziativa per la pulizia del greto del fiume. Anche gli agenti non sono più i meri controllori, sono diventati attivi e partecipi. Sono stati capaci di creare quella che in gergo si chiama “Sicurezza integrata”.
Beh, devo dire che non ci sto, il carcere di Lodi è per definizione a minimo indice di sicurezza, la sua è una struttura vetusta, con un muro di cinta sorvegliato solo da una parte durante l’ora d’aria dei detenuti.
Il dr. Pagano sa benissimo che il concetto di ‘sicurezza integrata’, di nuovissimo conio, è una sciocchezza.
Tutto l’attivismo furioso della nuova direttrice non si risolve altro che nel tenere buoni i detenuti (ma ne hanno veramente bisogno?), senza preoccuparsi, sembra, del sovraccarico di lavoro che si abbatte sul personale di Polizia penitenziaria.
Il comandante reggente Ciaramella (la sede è di tipo direttivo, il Ciaramella non lo è e quindi non è titolare) si barcamena come può, proprio perché reggente ovviamente non si oppone a nessuna delle iniziative del direttore, che pure inizialmente, sembra, non gli stesse troppo simpatica.
L’attività trattamentale non si differenzia in nulla dal passato, se non per la quantità di iniziative che mi appaiono effimere.
La direzione del carcere più che autorevole mi appare autoritaria. Essendo il direttore una donna è ovvio che deve dimostrare maggiore autorevolezza di un collega uomo, il risultato finale sembra essere inutilmente affittivo per il personale.
L’avere fatto dipingere di rosso cardinale le pareti dell’ufficio del direttore, rinnovandone completamente l’arredamento (eppure il precedente era in legno noce nazionale serie direzionale della Olivetti, non più in produzione) è apparsa una scelta alquanto singolare: un segno di rottura con la tradizione?
Ma torniamo ai lavori.
Quelli relativi alla realizzazione di servizi sanitari con doccia in ogni cella già sono stati oggetto di segnalazioni sindacali, come anche i lavori di rifacimento dei camminamenti del muro di cinta pericolanti (segnalazione del 2004) che pare vadano al rallentatore.
Adesso si modifica l’unica struttura nuova, consegnata nel 2004, per ricavarne 10 posti in più? Ho capito bene?
Sembra davvero che si studi la notte ciò che poi si farà il giorno.
Allora, devo ricordare a Pagano che dal 2004 languono lavori di realizzazione di una infermeria detenuti, con relativo ambulatorio; che la III^ sezione è ferma e che nulla si fa per recuperare gli ambienti lasciati liberi, a ridosso della III^ da educatori cappellano e biblioteca detenuti, nonché ex ambulatori medici, dentistici e oculistica: in totale ben sette ambienti, oltre le tre celle svuotate, e quindi 10 (dieci) ambienti da utilizzare allo scopo, all’interno dell’area detentiva.
Invece che si fa? Si va a mettere mano al nuovo edificio, alla cui inaugurazione lo stesso Pagano partecipò con parole di lode.
La tempistica. Premesso che i lavori presso il nuovo edificio, non essendo lo stesso adibito a detenzione, non comporta necessità di sfollamento, se ne deve dedurre che lo sfollamento è conseguenza degli altri lavori programmati.
Il Pagano stima in 36 unità quelle da mandar via “… più o meno il 50 per cento di quelli presenti attualmente in via Cagnola che oscillano tra i 98 e i 102 …”.
Mi auguro che sia un lapsus della giornalista perché il 50% di 92 è 46 e di 102 è 51. Se non è un lapsus allora il Pagano ha le idee un po’ confuse.
In ogni caso, in base ai dati dello stesso Pagano, a Lodi resteranno una cinquantina di detenuti. Il non avere preso in considerazione la temporanea chiusura del carcere, che avrebbe consentito di distaccare altrettanto temporaneamente, una trentina di agenti di polizia penitenziaria, lasciando sul posto solo quelli indispensabili per la sorveglianza della struttura (non più di sei - otto unità), è probabilmente dovuta alla non volontà di ridistribuire i detenuti nella regione, magari nel “carcere albergo a cinque stelle” di Bollate, capienza mille posti, tanto caro a Pagano e costato, pare, 200 milioni di euro, fino ad ora.
Gli arrestati di competenza del Tribunale di Lodi? Non mi sembra un gran problema, c’è il carcere di Opera a 31 km. che si raggiunge in 21 minuti, quello di Pavia a 34 km. che si raggiunge in 47 minuti.
Infine, che idea è quella di mettere 10 posti letto in un ambiente moderno mentre gli altri sono quelli che sono?
Borbottava don Abbondio: “Il coraggio chi non ce l’ha non lo si può dare”.
Non conosco la materia della tesi ma posso affermare che egli ne va molto fiero, anche se pochi sanno di questo suo compiacimento.
Credo che egli abbia coltivato per molti anni il desiderio, l’ansia, l’aspirazione di mettere in pratica gli insegnamenti del suo Maestro.
L’occasione della vita gli è stata data dall’incarico di Provveditore regionale, che ricopre dal 2004.
Una regione come la Lombardia, attiva, produttiva, ricca di occasioni lavorative, anche se governata dal 15 anni dal centro destra (le idee di sinistra di Pagano non sono un segreto).
Certo, intervenire di una regione che vanta 18 istituti penitenziari non è cosa da poco, la politica ha invaso tutto, non ha certo risparmiato il settore penitenziario, ma Pagano è messo bene. Infatti, egli è stato prima direttore a Brescia, la città di Mino Martinazzoli, all’epoca ministro di grazia e giustizia, la voglia di arrivare era tanta (anche se egli afferma, e io gli credo, di non avere mai chiesto niente a nessuno, riconoscendosi solo il ruolo di servitore dello Stato obbediente agli incarichi e alle funzioni che dallo Stato gli venivano assegnati tramite l’amministrazione penitenziaria) ed ebbe una splendida occasione, quella di portarsi in casa a Brescia il “Maurizio Costanzo Show”.
Fu una serata memorabile, che io ricordo bene.
L’ansia traspariva dalle espressioni del volto di Pagano (egli mi è sembrato sempre un po’ ansioso nelle circostanze pubbliche, ma ha la capacità di dominare l’ansia, anche se la stessa opacizza un po’ i suoi interventi), ma fu un successone.
Io credo che una percentuale altissima di direttori penitenziari non solo della Lombardia schiattarono d’invidia (il Maurizio Costanzo Show era una trasmissione di seconda serata di Canale 5, seguitissima).
Sì, lo ammetto, anch’io restai a bocca aperta, non tanto per la qualità della trasmissione quanto per l’abilità che gli andava riconosciuta, a Pagano, di averla propiziata.
Poi venne il periodo di San Vittore, un carcere che nei tempi moderni aveva stritolato più di un direttore, Pagano no, non si fece stritolare, lo ha diretto per 14 anni dal 1990 al 2004, passando sempre attraverso mille peripezie, l’ultima la fuga di un albanese l’11 agosto 2003.
Quella evasione, di un pericoloso albanese, nonostante fosse quella classica con buco, lenzuola, superamento del muro di cinta, generò una ispezione dipartimentale, che si sviluppò in due diversi momenti e coinvolse anche il provveditore regionale pro-tempore (il muro di cinta era in quella circostanza totalmente privo di sentinelle), con successive iniziative disciplinari finite in nulla.
È del 1° ottobre la notizia, ripresa dal Cittadino di Lodi, che nella struttura penitenziaria saranno eseguiti altri lavori, oltre quelli già oggetto di polemiche sindacali.
Il Pagano dichiara: «I lavori comporteranno lo sfollamento di circa 36 detenuti, più o meno il 50 per cento di quelli presenti attualmente in via Cagnola che oscillano tra i 98 e i 102. Ieri è arrivata la lista dei nomi, adesso dobbiamo muoverci per cercare delle collocazioni: non dobbiamo portarli fuori dal distretto giudiziario di competenza, ma neanche trasferirli troppo lontani dalle loro famiglie, creando loro dei disagi. L’alternativa che ci restava era di chiudere il carcere per un anno, ma Lodi è sede di tribunale, poi adesso è diventato molto attivo. Via Cagnola, quindi, in questo periodo, avrà la funzione di ricevere gli imputati e accoglierli fino al processo. Dopo il primo grado saranno trasferiti altrove». Ed ancora: «la capienza del carcere aumenterà di una decina di posti, passando da 56 a 66. La struttura sarà riadeguata. Il cantiere - dice - riguarderà la palazzina laterale, all’interno della quale saranno ricavati dei nuovi spazi realizzati in sintonia con la normativa sulla sicurezza. Dimezzare il carcere, però, è un peccato. La dottoressa Mussio e il comandante Ciaramella hanno creato proprio un bel clima, tra il personale e i detenuti. Non solo attraverso le iniziative interne. Sono riusciti anche a portare gli ospiti al di fuori, dentro la comunità locale. Basti pensare all’iniziativa per la pulizia del greto del fiume. Anche gli agenti non sono più i meri controllori, sono diventati attivi e partecipi. Sono stati capaci di creare quella che in gergo si chiama “Sicurezza integrata”.
Beh, devo dire che non ci sto, il carcere di Lodi è per definizione a minimo indice di sicurezza, la sua è una struttura vetusta, con un muro di cinta sorvegliato solo da una parte durante l’ora d’aria dei detenuti.
Il dr. Pagano sa benissimo che il concetto di ‘sicurezza integrata’, di nuovissimo conio, è una sciocchezza.
Tutto l’attivismo furioso della nuova direttrice non si risolve altro che nel tenere buoni i detenuti (ma ne hanno veramente bisogno?), senza preoccuparsi, sembra, del sovraccarico di lavoro che si abbatte sul personale di Polizia penitenziaria.
Il comandante reggente Ciaramella (la sede è di tipo direttivo, il Ciaramella non lo è e quindi non è titolare) si barcamena come può, proprio perché reggente ovviamente non si oppone a nessuna delle iniziative del direttore, che pure inizialmente, sembra, non gli stesse troppo simpatica.
L’attività trattamentale non si differenzia in nulla dal passato, se non per la quantità di iniziative che mi appaiono effimere.
La direzione del carcere più che autorevole mi appare autoritaria. Essendo il direttore una donna è ovvio che deve dimostrare maggiore autorevolezza di un collega uomo, il risultato finale sembra essere inutilmente affittivo per il personale.
L’avere fatto dipingere di rosso cardinale le pareti dell’ufficio del direttore, rinnovandone completamente l’arredamento (eppure il precedente era in legno noce nazionale serie direzionale della Olivetti, non più in produzione) è apparsa una scelta alquanto singolare: un segno di rottura con la tradizione?
Ma torniamo ai lavori.
Quelli relativi alla realizzazione di servizi sanitari con doccia in ogni cella già sono stati oggetto di segnalazioni sindacali, come anche i lavori di rifacimento dei camminamenti del muro di cinta pericolanti (segnalazione del 2004) che pare vadano al rallentatore.
Adesso si modifica l’unica struttura nuova, consegnata nel 2004, per ricavarne 10 posti in più? Ho capito bene?
Sembra davvero che si studi la notte ciò che poi si farà il giorno.
Allora, devo ricordare a Pagano che dal 2004 languono lavori di realizzazione di una infermeria detenuti, con relativo ambulatorio; che la III^ sezione è ferma e che nulla si fa per recuperare gli ambienti lasciati liberi, a ridosso della III^ da educatori cappellano e biblioteca detenuti, nonché ex ambulatori medici, dentistici e oculistica: in totale ben sette ambienti, oltre le tre celle svuotate, e quindi 10 (dieci) ambienti da utilizzare allo scopo, all’interno dell’area detentiva.
Invece che si fa? Si va a mettere mano al nuovo edificio, alla cui inaugurazione lo stesso Pagano partecipò con parole di lode.
La tempistica. Premesso che i lavori presso il nuovo edificio, non essendo lo stesso adibito a detenzione, non comporta necessità di sfollamento, se ne deve dedurre che lo sfollamento è conseguenza degli altri lavori programmati.
Il Pagano stima in 36 unità quelle da mandar via “… più o meno il 50 per cento di quelli presenti attualmente in via Cagnola che oscillano tra i 98 e i 102 …”.
Mi auguro che sia un lapsus della giornalista perché il 50% di 92 è 46 e di 102 è 51. Se non è un lapsus allora il Pagano ha le idee un po’ confuse.
In ogni caso, in base ai dati dello stesso Pagano, a Lodi resteranno una cinquantina di detenuti. Il non avere preso in considerazione la temporanea chiusura del carcere, che avrebbe consentito di distaccare altrettanto temporaneamente, una trentina di agenti di polizia penitenziaria, lasciando sul posto solo quelli indispensabili per la sorveglianza della struttura (non più di sei - otto unità), è probabilmente dovuta alla non volontà di ridistribuire i detenuti nella regione, magari nel “carcere albergo a cinque stelle” di Bollate, capienza mille posti, tanto caro a Pagano e costato, pare, 200 milioni di euro, fino ad ora.
Gli arrestati di competenza del Tribunale di Lodi? Non mi sembra un gran problema, c’è il carcere di Opera a 31 km. che si raggiunge in 21 minuti, quello di Pavia a 34 km. che si raggiunge in 47 minuti.
Infine, che idea è quella di mettere 10 posti letto in un ambiente moderno mentre gli altri sono quelli che sono?
Borbottava don Abbondio: “Il coraggio chi non ce l’ha non lo si può dare”.
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