L’indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia e i riscontri sull’attendibilità del documento con le richieste che avrebbe fatto Cosa nostra, il «papello», consegnato in fotocopia ai magistrati da Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso, accendono le polemiche politiche.
Molti sono gli interrogativi che rimangono aperti: la fotocopia con le 12 richieste di Cosa nostra è quello che viene definito il papello? E se non è quello, di quali altre carte è in possesso Massimo Ciancimino? E se davvero esiste il «papello», chi lo ha scritto materialmente, Totò Riina o Vito Ciancimino? E quando, a cavallo delle stragi di Capaci e via D’Amelio o dopo? Chi sembra non avere dubbi è l’ex presidente della Camera Luciano Violante: «Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perchè altri magari no». Secondo Violante si tratta di una falso perchè nel documento «si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo» e occorre, quindi, «capire perchè è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire». Non solo. Violante ipotizza scenari più oscuri. «Ho l’impressione - avverte - che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perchè la verità venga fuori».
Ma la trattativa, secondo il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, c’è stata e ha salvato la vita a molti ministri. «Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l’esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico -dice Grasso a La Stampa- È processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto "un ottimo trattamento per i familiari", un "ottimo trattamento carcerario" e una sorta di "giusta valutazione delle responsabilità"».
E «anche via D’Amelio - sospetta Grasso - potrebbe essere stata fatta per "riscaldare" la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici». Per Antonio Di Pietro (Idv) e Gianpiero D’Alia (Udc), Violante deve riferire in commissione Antimafia, mentre il senatore Vizzini (Pdl), replica: «Sono certo che Grasso intenda riferirsi alla mia persona esclusivamente come minacciato di morte e non come possibile trattativista e lo invito su questo punto a precisare il suo pensiero».
Intanto in un’intervista a La Storia Siamo Noi, in onda domani sera su RaiDue, Agnese Borsellino, vedova del magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, rivela: «Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d’Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perchè diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio». Il castello Utveggio si trova sul monte Pellegrino e domina dall’alto la città di Palermo; secondo alcuni esperti di mafia sarebbe stato un punto di osservazione da parte di apparati dei servizi segreti.
Molti sono gli interrogativi che rimangono aperti: la fotocopia con le 12 richieste di Cosa nostra è quello che viene definito il papello? E se non è quello, di quali altre carte è in possesso Massimo Ciancimino? E se davvero esiste il «papello», chi lo ha scritto materialmente, Totò Riina o Vito Ciancimino? E quando, a cavallo delle stragi di Capaci e via D’Amelio o dopo? Chi sembra non avere dubbi è l’ex presidente della Camera Luciano Violante: «Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perchè altri magari no». Secondo Violante si tratta di una falso perchè nel documento «si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo» e occorre, quindi, «capire perchè è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire». Non solo. Violante ipotizza scenari più oscuri. «Ho l’impressione - avverte - che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perchè la verità venga fuori».
Ma la trattativa, secondo il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, c’è stata e ha salvato la vita a molti ministri. «Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l’esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico -dice Grasso a La Stampa- È processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto "un ottimo trattamento per i familiari", un "ottimo trattamento carcerario" e una sorta di "giusta valutazione delle responsabilità"».
E «anche via D’Amelio - sospetta Grasso - potrebbe essere stata fatta per "riscaldare" la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perchè capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici». Per Antonio Di Pietro (Idv) e Gianpiero D’Alia (Udc), Violante deve riferire in commissione Antimafia, mentre il senatore Vizzini (Pdl), replica: «Sono certo che Grasso intenda riferirsi alla mia persona esclusivamente come minacciato di morte e non come possibile trattativista e lo invito su questo punto a precisare il suo pensiero».
Intanto in un’intervista a La Storia Siamo Noi, in onda domani sera su RaiDue, Agnese Borsellino, vedova del magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, rivela: «Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d’Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perchè diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio». Il castello Utveggio si trova sul monte Pellegrino e domina dall’alto la città di Palermo; secondo alcuni esperti di mafia sarebbe stato un punto di osservazione da parte di apparati dei servizi segreti.
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