domenica 4 ottobre 2009

IN RICORDO DI LAUDI, INFANGATO DOPO LA MORTE

di Nando Dalla Chiesa

Per fortuna l’infamia è stata cancellata dai muri di Torino e di altre città del nord. Ma c’è da giurare che si ripeterà. Purtroppo. L’infamia è quella dei brindisi alla morte di Maurizio Laudi, avvenuta nella notte tra il 23 e il 24 settembre. E i brindisi si sono levati a suon di scritte beffarde dalla cosiddetta area ‘antagonista’.

Chi crede nella legalità ha dunque il dovere di dire ad alta voce che Maurizio Laudi è stato uno dei migliori magistrati su cui abbia potuto contare la giustizia italiana in questi durissimi decenni. E se migliaia di persone commosse gli hanno reso l’ultimo saluto a Torino, una ragione c’è. Maurizio Laudi è stato un magistrato come se ne incontrano pochi. Perché univa doti che non sempre coincidono in una persona. La competenza professionale prima di tutto, che è poi quel difficile impasto di dottrina, capacità tecniche e investigative, fiuto e intuito, che rende un pubblico ministero prezioso per un paese che non voglia regalare impunità ai fuorilegge. Poi il coraggio di esporsi, che lo portò a stare in prima fila con successo contro il terrorismo rosso, contro la mafia catanese, contro la ‘ndrangheta in versione piemontese. O la passione associativa, che lo rese punto di riferimento prima di Magistratura democratica e poi di Magistratura indipendente e lo portò a rappresentare con grande efficacia i suoi colleghi nel Consiglio superiore della magistratura.

E ancora la generosità, messa a disposizione di associazioni, scuole, riviste impegnate sui temi della giustizia. E infine la memoria, che coltivava con rispetto cercando di non mancare nelle occasioni in cui si ricordavano i caduti per la legalità, così da imporre a noi, ora, di difendere la sua.

Se spesso le istituzioni funzionano, più che per la qualità delle leggi, per la qualità delle persone che le rappresentano, ciò è sicuramente accaduto più volte grazie all’opera di questo giudice. Che come pochi sapeva “scoprire e capire”, per usare le parole di Giancarlo Caselli. A Laudi - che la lontananza negli ultimi anni dai processi che “contano” non rende certo meno importante nella storia della nostra giustizia migliore - toccò in sorte recentemente di doversi occupare dei reati della cosiddetta area “antagonista”. Memore anche delle debolezze e dei varchi per i quali era passato il terrorismo, Laudi li perseguì senza indulgenze, venendo accusato di un suicidio in carcere che non gli poteva essere ragionevolmente addebitato. Da qui le scritte dell’indecenza civile.

Chi conosce il valore della legalità, e sa onorare il principio, sempre scomodo, che la legge è uguale per tutti, non può invece che rimpiangere la sua assenza proprio oggi che la magistratura deve fare appello a tutte le sue risorse di competenza e di coraggio civile. L’amore per la legge si esprime, oltre che nelle denunce vigorose e nelle inchieste, proprio nella gratitudine verso chi ha saputo amministrarla con dedizione e indipendenza.

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