"BENE, avete visto? È la reazione che mi aspettavo. Ma io vado avanti lo stesso". Il Cavaliere è a pranzo a palazzo Grazioli con tutti gli ufficiali del Pdl, coordinatori e capigruppo. Quando l'Anm proclama lo stato d'agitazione per gli ultimi exploit di Berlusconi, immediatamente i cellulari dei presenti iniziano a "bippare" per gli sms che riportano la notizia. "È la dimostrazione - insiste il premier - che dobbiamo andare avanti senza indugio sulla riforma che abbiamo in programma. Poi si farà il referendum e vedremo se la gente sta con me o con loro".
Che la giustizia sia sempre in cima ai pensieri del Cavaliere lo dimostra del resto anche la riunione a porte chiuse con i parlamentari campani che precede il pranzo ristretto. In quella sede, nel "parlamentino" di via del Plebiscito, Berlusconi prende la parola per una lunga apologia di se stesso che a qualcuno tra i presenti fa venire in mente "una prova generale di quello che andrà a dire davanti al tribunale di Milano".
Berlusconi è infatti ormai rassegnato all'idea di doversi presentare prima o poi ai processi Mills e diritti tv e intende dare alla sua testimonianza il carattere di una dichiarazione di guerra. "Non ho fatto assolutamente nulla - si è difeso ieri - e non capisco perché continuo ad essere vittima di calunnie ed accuse. Qualunque persona in buona fede, leggendosi le carte processuali, dovrebbe rendersi conto che io non c'entro nulla".
Oltretutto, ha aggiunto, "mi imputano delle cose che solo un folle avrebbe potuto fare e lo dico da imprenditore". E comunque, "ora che la Corte Costituzionale, su pressione dei pm, ha bocciato una legge che il Parlamento aveva modificato punto per punto secondo le loro indicazioni, io mi ritrovo in questa situazione: dalle sette del mattino comincio a lavorare per il paese e la notte parlo con i miei avvocati per queste ridicole e assurde vicende giudiziarie che mi riguardano".
Sull'altra vicenda che ha tenuto banco, lo "spionaggio" del magistrato milanese Raimondo Mesiano, estensore della sentenza Cir-Fininvest, da parte di "Mattino 5", Berlusconi ha provato ad allontanare da sé i sospetti di una manovra ordinata dall'alto. "Non c'era niente di organizzato - ha detto alla quarantina di presenti, facendo poi in modo che filtrasse all'esterno - anzi è stato un vicino di casa del giudice ad averlo filmato con il telefonino e poi ha mandato il video a Canale 5".
Il Cavaliere insiste nel dire che non ne sapeva nulla e, peraltro, nemmeno condivide la bastonatura del magistrato: "Quelle immagini potevano anche non essere messe in onda". Nulla cambia invece del suo giudizio negativo sul personaggio - "dubito abbia potuto scrivere quella sentenza da solo" -, descritto in privato come una persona instabile.
Intanto, nel vertice ristretto con i capigruppo, Berlusconi discute anche di come affrontare i prossimi passaggi, le contromosse alla sentenza della Consulta sul lodo Alfano. L'idea è quella di inserire degli "emendamenti Ghedini" alla riforma Alfano del processo penale, probabilmente lo stop alla discrezionalità del giudice nel decidere il termine da cui far decorrere la prescrizione, oltre a norme rigide sul legittimo impedimento. E poi far correre svelta la riforma grazie a una corsia preferenziale. Un escamotage che servirebbe a mandare subito su un binario morto il processo Mills e rallentare al massimo quello sui diritti tv.
Altra cosa sono le riforme costituzionali, che hanno bisogno di più tempo e, secondo l'articolo 138, vanno approvate con una maggioranza dei due terzi se si vuole evitare il referendum. La decisione presa ieri è stata quella di "spacchettare" i vari temi, facendoli viaggiare con disegni di legge diversi. La ragione la spiega Maurizio Gasparri: "Ci sono temi su cui si può trovare più facilmente una convergenza con l'opposizione, come la riforma del bicameralismo e il federalismo, mentre altri sono per noi irrinunciabili e non siamo disposti a subire imposizioni".
Ovviamente la giustizia è l'unico tema "irrinunciabile" per Berlusconi e la riforma, su cui il premier vuole andare a referendum, ruoterà intorno a tre cardini: separazione delle carriere tra giudici e pm, riforma del Csm e della composizione della Corte costituzionale. A palazzo Grazioli sono convinti che Berlusconi, su questo punto, abbia messo in cassaforte il "sì" di Gianfranco Fini.
Ma il fatto che il presidente della Camera abbia preteso che ogni riforma vada prima discussa da Nicolò Ghedini con la sua fedelissima Giulia Bongiorno non lascia tranquillo il Cavaliere. Da qui la premura che ieri ha messo nell'accarezzare l'alleato per il verso giusto: "Prima di prendere ogni decisione dovremo riunire l'ufficio di presidenza del Pdl e discutere per bene. Poi naturalmente io ne parlerò con Gianfranco". Naturalmente.
(18 ottobre 2009)
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