Il passo avanti, spontaneo, non c’è. Candidati e “sponsor” restano tutti chiusi in un fortino, preoccupati di una candidatura a forte rischio: la presidenza del Lazio. Già prima dello scandalo esploso giovedì la poltrona di governatore era in bilico, soprattutto a causa di un piano di rientro nella sanità, devastante. Ciononostante, nei mesi scorsi, Piero Marrazzo aveva comunque lavorato “per” e voluto a tutti i costi la ricandidatura. Il Pd, obtorto collo, l’aveva concessa.
Adesso c’è il vuoto. Tra una telefonata di congratulazioni e un’altra di valutazioni per l’esito delle primarie, a Roma e nel Lazio, i vari capi bastone o semplici dirigenti cercano di capire come muoversi e su chi puntare. Dolori, non attenuati dopo la decisione comunicata da Esterino Montino delle dimissioni del Governatore dopo metà novembre.
Ora c’è un primo nodo da sciogliere: le primarie. Quasi nessuno dei big è intenzionato a mettersi in discussione due volte, l’investitura deve venire dall’alto, a furor di dirigenza, in modo da incarnare il ruolo di “salvatore della patria”. Eppure il Pd, forte dei 3milioni di domenica scorsa, non vuole rinunciare all’idea di un bagno purificatore attraverso il coinvolgimento diretto dell’elettorato.
Il tempo è poco, è a giorni la soluzione.
“Se Marino fosse disponibile a partecipare alle primarie io sarei contentissimo”, spiega Goffredo Bettini. “Non possiamo dare l’idea - prosegue - che un’oligarchia possa decidere sulle teste dei cittadini. È un momento difficile”. Sì, specialmente per l’ex eminenza grigia capitolina: è stata sua l’idea di candidare Francesco Rutelli nel 2008 al Campidoglio; così come, nel 2005, di coinvolgere Marrazzo (con Walter Veltroni complice e co-ispiratore). Da Marino nessuna conferma. Anzi, in molti hanno riso: per vincere nel Lazio è fondamentale un’alleanza con l’Udc, e le posizioni laicisti del chirurgo non sarebbero un buon viatico. Quindi...
Ecco allora spuntare Enrico Gasbarra. L’ex presidente della Provincia di Roma, ex margheritino, è ora un dalemiano di prima fattura: con il “lìder” passeggia sovente per i corridoi di Montecitorio. È uno dei suoi più intimi. Certo, dopo la stra-vittoria di Pierluigi Bersani, e la conquista dal 90% delle segreterie regionali, sembrerebbe un’occupazione eccessiva da parte dei D’Alema boys.
Una terza via ci sarebbe, si chiama Nicola Zingaretti. Attuale presidente della provincia di Roma, 44 anni, sposato con due figli, è uno dei pochi politici del Pd salvi e vincenti nell’ultima tornata elettorale. Per molti sarebbe perfetto, anche perché equidistante dalle correnti. C’è un “però”: lui vorrebbe scalare il Campidoglio nel 2013, e per rinunciarci il Pd lo dovrebbe far sorridere. Molto.
Ecco allora spuntare Enrico Gasbarra. L’ex presidente della Provincia di Roma, ex margheritino, è ora un dalemiano di prima fattura: con il “lìder” passeggia sovente per i corridoi di Montecitorio. È uno dei suoi più intimi. Certo, dopo la stra-vittoria di Pierluigi Bersani, e la conquista dal 90% delle segreterie regionali, sembrerebbe un’occupazione eccessiva da parte dei D’Alema boys.
Una terza via ci sarebbe, si chiama Nicola Zingaretti. Attuale presidente della provincia di Roma, 44 anni, sposato con due figli, è uno dei pochi politici del Pd salvi e vincenti nell’ultima tornata elettorale. Per molti sarebbe perfetto, anche perché equidistante dalle correnti. C’è un “però”: lui vorrebbe scalare il Campidoglio nel 2013, e per rinunciarci il Pd lo dovrebbe far sorridere. Molto.
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