martedì 13 ottobre 2009

Lombardo indagato per mafia


I Pm avanzano l’archiviazione, il Gip chiede di proseguire l’indagine


di Giuseppe Giustolisi


Il Presidente della Regione siciliana Raffaele Lombardo è sotto inchiesta per mafia a Catania. La notizia è trapelata solo di recente ma Lombardo risulta iscritto nel registro degli indagati della Procura fin dal giugno del 2007. Il procedimento nasce dalle dichiarazioni del pentito Maurizio Avola, che ha raccontato ai pm che Lombardo partecipava, negli anni ‘80, alle attività del boss di catanese Nitto Santapaola. Ma c’è di più. Secondo le parole di Avola pare che il governatore siciliano si sarebbe anche incontrato con il boss nel corso della sua latitanza.
Il resto delle rivelazioni sono contenute in un verbale riservatissimo, inserito nel fascicolo delle indagini preliminari ancora aperte in Procura. Lo scorso anno infatti, i Pm al termine delle indagini di rito avevano avanzato richiesta di archiviazione, ritenendo le dichiarazioni di Avola credibili ma prive dei necessari riscontri per sostenere l’accusa in dibattimento. Agli inizi di quest’anno, però, il Gip Antonio Caruso non ha accolto la richiesta della Procura - ed è questa la novità dell’inchiesta - concedendo ai Pm 120 giorni di tempo per svolgere altre indagini. Sono passati più di duecento giorni e il procedimento risulta ancora pendente senza che sia stata formulata né richiesta di archiviazione né richiesta di rinvio a giudizio. E alla luce del contrasto fra Gip e Procura non è semplice prevedere come si evolverà la faccenda. Ma chi è il pentito che accusa Lombardo? Maurizio Avola è stato uno dei più spietati killer della mafia catanese, tra i fedelissimi del boss Santapaola che avevano accesso nei rifugi dove il capo indiscusso di Cosa Nostra catanese si nascondeva. Avola fu arrestato nel febbraio 1993 dalla Polizia di Catania e un anno dopo vuotò il sacco. Grazie alla sue dichiarazioni fu fatta luce sul delitto eccellente del giornalista catanese Pippo Fava, per il quale da anni non si riusciva a trovare la pista giusta. Avola accusò se stesso ed altri affiliati del clan dell’omicidio, e indicò il boss Santapaola quale mandante. Per il pentito scattò la condanna con giudizio abbreviato, per gli altri esecutori invece, dopo la condanna in primo grado, arrivò l’assoluzione in via definitiva. Mentre Santapaola fu riconosciuto colpevole, con sentenza passata in giudicato, di avere ordinato la morte del giornalista.
Avola adesso sta finendo di scontare la pena di trent’anni inflittagli dai giudici di Catania e alcuni anni fa gli è stato tolto il programma di protezione, per via di alcune rapine commesse nel Lazio. C’è da dire però che al pentito è stata sempre riconosciuta l’attenuante speciale prevista dalle legge per i collaboratori attendibili. Dopo un lungo silenzio, il pentito torna alla ribalta con queste nuove dichiarazioni. Per il Presidente Lombardo si tratta della terza disavventura giudiziaria, dopo le due precedenti che gli costarono anche due arresti: agli inizi degli anni ‘90 dovette difendersi dall’accusa di aver ricevuto parte delle tangenti versate dall’ex Presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini per mettere le mani sulle forniture all’Usl 35. Lombardo respinse le accuse e disse solo “di essersi limitato a chiedere assunzioni”. I giudici gli credettero e Lombardo fu assolto, anche perché il manager di Pellegrini, che aveva dichiarato di avergli versato 200 milioni, in aula, si avvalse della facoltà di non rispondere. E due anni fa Lombardo ricevette 33.000 euro di risarcimento per ingiusta detenzione. Nell’altro procedimento, in cui Lombardo era imputato di abuso d’ufficio con l’accusa di avere anticipato ad alcuni candidati i temi di un concorso bandito dalla stessa Usl 35, dopo la condanna in primo grado arrivò l’assoluzione in appello. Ma stavolta c’è di mezzo la mafia e l’affare per il governatore siciliano si complica non poco.

Nessun commento: