Sarebbero potute bastare le primarie ad eleggere il nuovo segretario del Pd. Anche nel caso in cui il primo arrivato non avesse superato la soglia del 50%. La proposta lanciata da Eugenio Scalfari trova il via libera di Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Ma il "no" di Ignazio Marino fa saltare tutto. Se l'ex chirurgo avesse dato il proprio benestare, il 25 ottobre, per vincere, sarebbe bastato ottenere un voto in più degli altri sfidanti. E non, come prevede il pluricriticato Statuto del Pd, più del 50% delle preferenze. Adesso, se il vincitore non dovesse raggiungere questa soglia, la parola spetterà all'assemblea nazionale composta da 1000 delegati. Un passaggio Scalfari proponeva di abolire.
"Sono d'accordo con Scalfari - dice Franceschini - una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non possiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete piu' voi, decidono i mille membri dell'assemblea".
Poco dopo arriva anche il via libera anche di Bersani: "E' chiaro che ogni delegato ha diritto ad invocare le regole dello statuto e non è che tre candidati possono cambiare le regole. Se, invece, parliamo di politica, non c'è dubbio che per quanto mi riguarda sono orientato a riconoscere la vittoria di chi prende un voto in più alle primarie".
Ma quando tocca a Marino, tutto salta. "Cambiare le regole delle primarie a meta' partita ricorda più le politiche di Palazzo che quelle del Pd che vorrei - dice il candidato segretario - Viene il sospetto che l'entusiasmo con cui Bersani e Franceschini hanno avanzato l'idea sia figlio di una logica di accordo sotterraneo fra pochi per scavalcare la democrazia dei tanti. Io non ci sto. Vinca il migliore". Ed ancora: "E'un'ovvietà politica che non era necessario sottolineare, dire che chi prenderà più voti degli altri avrà più chance di diventare segretario, non per accordi di potere ma per rispettare la volontà espressa dagli elettori". Ma, continua Marino, "fare questi accordi prima del 25 ottobre, quando i giochi sono aperti e nessun risultato può essere dato per scontato, significa assecondare ancora una volta quella logica delle correnti di cui sono vittime Bersani e Franceschini".
Parole ponderate a lungo. Da una parte perché Marino è un acceso sostenitore delle primarie, dall'altra perché il non andare all'assemblea avrebbe potuto levargli dalle mani la possibilità di essere "l'ago della bilancia" (per usare le parole di un suo fedelissimo come Goffredo Bettini) nella nomina del segretario.
(14 ottobre 2009)
"Sono d'accordo con Scalfari - dice Franceschini - una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non possiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete piu' voi, decidono i mille membri dell'assemblea".
Poco dopo arriva anche il via libera anche di Bersani: "E' chiaro che ogni delegato ha diritto ad invocare le regole dello statuto e non è che tre candidati possono cambiare le regole. Se, invece, parliamo di politica, non c'è dubbio che per quanto mi riguarda sono orientato a riconoscere la vittoria di chi prende un voto in più alle primarie".
Ma quando tocca a Marino, tutto salta. "Cambiare le regole delle primarie a meta' partita ricorda più le politiche di Palazzo che quelle del Pd che vorrei - dice il candidato segretario - Viene il sospetto che l'entusiasmo con cui Bersani e Franceschini hanno avanzato l'idea sia figlio di una logica di accordo sotterraneo fra pochi per scavalcare la democrazia dei tanti. Io non ci sto. Vinca il migliore". Ed ancora: "E'un'ovvietà politica che non era necessario sottolineare, dire che chi prenderà più voti degli altri avrà più chance di diventare segretario, non per accordi di potere ma per rispettare la volontà espressa dagli elettori". Ma, continua Marino, "fare questi accordi prima del 25 ottobre, quando i giochi sono aperti e nessun risultato può essere dato per scontato, significa assecondare ancora una volta quella logica delle correnti di cui sono vittime Bersani e Franceschini".
Parole ponderate a lungo. Da una parte perché Marino è un acceso sostenitore delle primarie, dall'altra perché il non andare all'assemblea avrebbe potuto levargli dalle mani la possibilità di essere "l'ago della bilancia" (per usare le parole di un suo fedelissimo come Goffredo Bettini) nella nomina del segretario.
(14 ottobre 2009)
1 commento:
ECCOLO QUI' IL NUOVO CHE AVANZA: BELLA ROBA!
ADESSO, SE SI INNESCA IL PROCESSO DI RIFIUTO DEGLI ELETTORI DELLE PRIMARIE, IL PD DIVENTERA' RAPIDAMENTE UN "CESPUGLIO".
LO SI SAPRA' ALLA PROSSIMA TORNATA ELETTORALE: LE REGIONALI.
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