IL COLONNELLO RICCIO RICORDA LE PRIME RIVELAZIONI DI UN PENTITO CHE FU SUBITO UCCISO
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza
Al colonnello Mario Mori, guardandolo dritto negli occhi, aveva detto: ''Certi attentati li avete voluti voi''. Una settimana dopo fu massacrato a colpi di pistola nel centro di Catania. Luigi Ilardo, il ''confidente'' che aveva svelato al colonnello Michele Riccio il nascondiglio di Bernardo Provenzano nelle campagne di Mezzojuso e che stava facendo i nomi dei nuovi referenti politici della mafia, fu assassinato il 10 maggio 1996 in circostanze misteriose e con un tempismo davvero sorprendente: otto giorni dopo il suo incontro al Ros di Roma con i procuratori di Palermo e Caltanissetta Gian Carlo Caselli e Giovanni Tinebra, e appena quattro giorni prima di formalizzare la sua piena collaborazione con la giustizia.
Chi lo uccise e perché?
Nessuno, all'interno di Cosa nostra, sapeva che Ilardo fosse un ''informatore'' e che stesse raccontando agli investigatori tutti i dettagli dell'ultima fase della trattativa: quella proseguita dopo la nascita della Seconda Repubblica. Lo racconta Aurelio Quattroluni, il mafioso che era stato incaricato dell'eliminazione del ''confidente''.
Qualcuno avvertì Cosa nostra del pericolo che Ilardo, reggente mafioso delle quattro province orientali della Sicilia, costituiva con le sue rivelazioni?
Ne sono certi i pm siciliani che ipotizzano l'esistenza di una ''soffiata'', partita dall'interno delle istituzioni, per tappare la bocca all' ''informatore''. Ne era convinto anche il capitano Antonio Damiano, che comandava il Ros di Caltanissetta, e che al suo collega Riccio aveva detto, preoccupato: ''Mi sa che la notizia della collaborazione di Ilardo è uscita dalla procura di Caltanissetta''.
Per questo gli atti dell'inchiesta sull'omicidio Ilardo, conclusa con un'archiviazione, nei giorni scorsi sono stati acquisiti dalle procure di Palermo e Caltanissetta che indagano sulla trattativa tra mafia e Stato. Quella trattativa che, secondo i pm di Palermo, sarebbe all'origine anche della mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso il 31 ottobre del 1995, da parte dei carabinieri del Ros. Proprio su alcuni passaggi del negoziato tra Stato e mafia, nel processo al generale Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento per aver lasciato fuggire Binu da quel casolare di Mezzojuso, ignorando le ''soffiate'' di Ilardo, stamane è chiamato a deporre in aula l'ex presidente della Commissione antimafia Luciano Violante.
Per questo gli atti dell'inchiesta sull'omicidio Ilardo, conclusa con un'archiviazione, nei giorni scorsi sono stati acquisiti dalle procure di Palermo e Caltanissetta che indagano sulla trattativa tra mafia e Stato. Quella trattativa che, secondo i pm di Palermo, sarebbe all'origine anche della mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso il 31 ottobre del 1995, da parte dei carabinieri del Ros. Proprio su alcuni passaggi del negoziato tra Stato e mafia, nel processo al generale Mori e al colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento per aver lasciato fuggire Binu da quel casolare di Mezzojuso, ignorando le ''soffiate'' di Ilardo, stamane è chiamato a deporre in aula l'ex presidente della Commissione antimafia Luciano Violante.
Ma cosa stava raccontando di così pericoloso Ilardo?
Negli incontri con Michele Riccio, avvenuti a partire dal 1993, il ''confidente'' aveva fatto il nome di Marcello Dell'Utri come del ''contatto stabilito da Bernardo Provenzano con un personaggio dell'entourage di Berlusconi''. Un contatto che aveva dato ''assicurazioni che ci sarebbero state iniziative giudiziarie e normative più favorevoli e anche aiuti a Cosa nostra nell'aggiudicazione degli appalti e dei finanziamenti statali''. Un contatto che garantiva il nuovo dialogo tra la mafia e le istituzioni, attraverso Forza Italia.
Ma non solo.
Ilardo aveva fatto il nome del socialista Salvo Andò, ex ministro della Difesa nel periodo delle stragi. Di lui, il confidente aveva detto che ''i collegamenti di Riina nascevano dai suoi contatti con il Psi''. Ma nell'elenco di Ilardo, indicati come personaggi vicini a Cosa nostra, sono in tanti: Giulio Andreotti, Lillo Mannino, Giuseppe Grippaldi (ex deputato regionale di An in Sicilia), Mimmo Sudano (ex senatore catanese dell'Udc), il magistrato Dolcino Favi (il procuratore generale reggente di Catanzaro che un anno fa tolse a De Magistris l'inchiesta Why not). E Antonio Subranni, generale del Ros a quel tempo il diretto superiore di Mori. Il confidente disse a Riccio: ''Ho qualcosa da raccontare su di lui...''. Ma secondo Ilardo, Provenzano aveva una linea di rapporto con le istituzioni ''diversa e più segreta'', rispetto a Riina attraverso gli imprenditori: e a Riccio fece i nomi di Ligresti e Gardini. E ancora: il ''confidente'' parlò del senatore Antonino La Russa, e del figlio Vincenzo, padre e fratello del ministro Ignazio La Russa, come di alcuni tra i ''tramiti insospettabili operanti tra gli ambienti di Cosa nostra e la direzione di Forza Italia per la Sicilia orientale''. Tutti nomi e rapporti ovviamente da verificare. E per questo motivo, Riccio inviò a Mori una serie di relazioni con le ''confidenze'' di Ilardo. Racconta Riccio: ''Mori mi chiese di non inserire i nomi dei politici, ma io quei nomi li scrissi tutti, tranne quello di Dell'Utri''. Perche'? ''Dopo quello che mi aveva detto Mori -spiego' Riccio– sarebbe scoppiato il finimondo''.
1 commento:
Moderno aplogo dell'Idra dalle sette teste.
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