Finirà così. Che Giulia Bongiorno, l’ex avvocato oggi deputato di An, tirerà fuori dal cilindro “una leggina composta di massimo cinque articoli – sostengono uomini vicini al presidente della Camera, Gianfranco Fini – e riusciremo a portare a casa un risultato di mediazione accettabile. Ma non è detto che poi Berlusconi, il suo avvocato Niccolò Ghedini e il ministro della Giustizia, Alfano accettino una soluzione dimezzata rispetto alle loro aspettative. La tenuta della maggioranza e anche di questo partito sta tutta lì, nell’accettare l’accettabile, altrimenti...”.
Ecco, appunto, altrimenti.
Un avverbio esiziale per Berlusconi. Perché contiene la misura di quanto e fino a che punto Gianfranco Fini ha intenzione di tirare la corda. Lo scontro finale questa mattina all’alba, negli uffici del “compagno Fini”. Un vertice per chiarire, in modo il più possibile definitivo, se si può continuare ad andare avanti, nonostante sia ormai chiaro a tutti che le posizioni dei due sono ogni giorno più distanti. E, anche, per ridefinire il ruolo dell’alleato Umberto Bossi, le cui continue richieste di espansione, specie in vista delle Regionali, risultano sempre più indigeste al presidente della Camera.
L’emergenza però è la leggina azzeraprocessi.
Il Cavaliere ha dato un ultimatum secco: o con me o contro di me. Si tratta di farlo ragionare “sul possibile”. I margini ci sarebbero, ma pure i paletti devono essere chiari e pesanti. Sempre a parere del presidente della Camera, l’eventuale leggina non può e non deve peggiorare la condizione di disagio che già molti cittadini vivono rispetto ai tempi della giustizia. Azzerare i processi del presidente del Consiglio non può determinare un colpo di spugna sulle cause di molti italiani. Soprattutto “se hanno già pagato l’avvocato”. Su questo Fini è stato categorico nell’incontro di ieri con la Bongiorno nel suo ufficio alla Camera per tentare di comporre una proposta che metta il premier nelle condizioni di accettare in un’ottica “di buon senso – sono sempre parole di uomini vicini a Fini – facendo così anche capire che il presidente della Camera non ha interesse a disarcionarlo; vuole solo contenere i danni di una misura odiosa, ma inevitabile”.
Una lettura dell’agire di Fini che non convince affatto gli uomini di Berlusconi. I nervi sono sempre tesissimi, i rapporti ridotti allo stretto necessario. Ieri mattina uno dei maggiorenti del Pdl, Giorgio Stracquadanio, particolarmente in giornata, indirizzava i cronisti alla lettura del suo pensiero sul sito forzista “il Predellino”: “Le posizioni di Fini non ci quadrano – diceva lo Stracquadanio in questione – perché la priorità deve essere chiara a tutti, soprattutto a Fini, che qui non si va cercando un salvacondotto giudiziario per Silvio Berlusconi, ma la difesa dell’unica monarchia che noi riconosciamo, quella del popolo, da troppo tempo apertamente contestata dall’esondazione anticostituzionale della casta giudiziaria”.
Paroloni che nascondono il rude pensiero forzista: prima sottrarsi alla persecuzione giudiziaria del Capo e poi continuare a governare. E niente fiducia a Fini, per carità, che fin qui ha stroncato una ricca serie di normative utili allo scopo, facendo aumentare in modo esponenziale i sospetti del Cavaliere. Così ieri fino a tarda sera, con il Capo a Berlino a festeggiare la caduta del Muro, si è limato e mediato, ma che ne sarà di questa legislatura e della tenuta del Pdl lo si saprà con certezza solo stamattina quando Berlusconi e Fini si vedranno alla Camera.
L’agenda delle cose da dirsi è fitta.
Infatti non c’è solo la prescrizione breve. Ci sono anche le Regionali. E anche lì tira aria pesante. Il presidente della Camera, oltre all’intenzione di arginare le pretese della Lega (“di governatori ne avranno al massimo uno”, giurava giusto ieri l’ex colonnello oggi presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri facendo andare su tutte le furie Roberto Calderoli), ha già posto una serie di paletti a partire dalla non candidabilità di Nicola Cosentino in Campania.
Sulla Finanziaria, raccontano abbia chiesto al relatore Stefano Saglia (ex An) di dimettersi qualora non vengano approvati alcuni degli emendamenti presentati al Senato da Mario Baldassarri (ex An anch’egli). Insomma, la guerra di nervi può continuare. E a tenere a bagno Berlusconi ancora per un po’ Fini ha tutto da guadagnare. Ecco perché oggi farà di tutto per fargli ingoiare una legge a metà. Firmata Giulia.
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