lunedì 16 novembre 2009

"Fini dimostri che sta con me"


di LIANA MILELLA


"Ha deciso che vuole stare dalla mia parte e aiutarmi? Sono disposto a credergli, ma traduca le sue dichiarazioni in altrettanti fatti". Ufficialmente Berlusconi continua a star zitto, ma della nuova uscita di Fini in tv coglie quello che lo stesso presidente della Camera voleva veicolare all'inquilino di palazzo Chigi. Una doppia apertura, sul processo breve, ma soprattutto su una legge costituzionale per la riedizione del lodo Alfano.

Ieri mattina Fini l'aveva detto ai suoi. "Vado dall'Annunziata e il mio sarà un discorso a favore di Berlusconi". Il Cavaliere ad Arcore lo ascolta, qualcosa gli piace, qualche altra no, ma comunque invia all'ex leader di An un segnale positivo attraverso le parole di Bondi ("opinioni condivisibili").

La partita, adesso, è tutta sul processo breve, sui tempi del via libera, sui dibattimenti milanesi di Berlusconi. Entrambi vanno chiusi, il più in fretta possibile. E non c'è tempo per attendere un lodo Alfano bis. Fatti i calcoli, la legge costituzionale, prevedono i berluscones, richiederà almeno un anno per essere approvata e confermata da un eventuale referendum, se non si ottengono i due terzi dei voti.

Sicuro l'assenso dell'Udc, in casa del premier si dà per scontato il voto contrario del Pd ("Temono Di Pietro, non avranno il coraggio"). Senza scudo, il premier potrebbe essere condannato per corruzione e frode fiscale. Per questo, a Fini, il Cavaliere indirizza un doppio messaggio: visto che anche lui è responsabile di com'è venuto fuori il ddl, ora deve darsi da fare per farlo approvare. E poiché non manca occasione per presentarsi in sintonia col Quirinale, gli spetta pure il ruolo di mediatore con Napolitano per licenziare il processo breve.

Sta qui il nocciolo della questione. Come andare avanti il più in fretta possibile. Perché, dai segnali che gli arrivano, il premier è convinto che a Milano le toghe lo tengano sempre nel mirino e cerchino di farlo cadere. A riprova, Berlusconi cita l'intenzione del pm De Pasquale di contestare oggi, alla ripresa del processo Mediaset, il suo legittimo impedimento per il vertice Fao. Mossa che giova al premier per dimostrare quanto la pratica del processo breve vada liquidata rapidamente. L'ordine è di sondare gli umori del Quirinale, individuare le correzioni, sfornare un testo da sottoporre, senza modifiche, alla doppia fiducia di Camera e Senato. Qui entra in scena Fini, da cui Berlusconi teme possano arrivare altri distinguo, come il niet pregiudiziale alla prescrizione breve che gli ha sfilato di mano un atout strategico per chiudere Mills e Mediaset. O come l'ultima uscita di Fabio Granata sulla vendita dei beni sequestrati alla mafia per dare più fondi alla giustizia come ha chiesto Fini, ma che rischia di agevolare gli stessi mafiosi.

Il capitolo correzioni è delicato. Come ammetteva ieri uno degli uomini vicini a Berlusconi "qui come tocchiamo qualcosa si creano problemi". E citava un paio di esempi: "Se facciamo cadere il processo breve per i soli incensurati e lo allarghiamo a tutti e se stabiliamo che non può essere applicato subito ai soli processi in primo grado, ma anche agli altri, rischiamo di allargare di molto il numero dei processi coinvolti e l'impatto potrebbe essere ancora più forte. Napolitano potrebbe fermarci". E che fare con chi è entrato illegalmente in Italia? La Lega vuole il processo lungo, Fini è contrario, ma i tecnici di Berlusconi controbattono: "Ma via, il reato di clandestinità è stato appena approvato, per veder cadere un processo sotto la tagliola dei sei anni ci vorrà molto tempo".

Il percorso rischia di arenarsi. E mettere in crisi lo scenario che starebbe a cuore al premier: entro gennaio il sì alla legge e, in contemporanea, la presentazione del ddl costituzionale sul lodo Alfano bis. Sempre che, dalle procure impegnate in indagini di mafia (Palermo, Firenze, Milano), non salti fuori una nuova imputazione per il premier. A quel punto Berlusconi ipotizza una sola via: elezioni anticipate per sottoporre la questione al popolo, farsi giudicare, ottenere un nuovo, pieno mandato. Ma al voto il premier non vuole andarci con Mills e Mediaset ancora aperti, per questo vuole che il processo breve diventi legge al più presto.

(16 novembre 2009)

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