domenica 22 novembre 2009

Il progetto del carcere non speculi sulla nostra condizione

Stefania Mussio, direttore, la prima da destra

LUIGI MORSELLO


Leggo sul Cittadino di Lodi del 19 novembre 2009, sezione Lettere & Opinioni, pag. 27, la seguente lettera aperta.
“Gentile direttrice del carcere, chi Le scrive è una non vedente utilizzatrice di un cane guida. La prima cosa che Le vorrei chiedere, è: di chi è stata la brillante idea di questo assurdo progetto? Dei Lions di Lodi, o dell’amministrazione del Suo carcere?
Ma Lei ha anche una vaga idea di cosa può voler dire la cecità, cercare la propria autonomia insieme al proprio cane, in una società ostile, disinformata, che ha una visione distorta e irreale della disabilità visiva, anche per colpa di progetti senza scrupoli come questi?
Aiutare le persone che stanno scontando una pena e che per riabilitarsi possono necessitare di un rapporto affettivo ed esclusivo con un essere meraviglioso come il cane è lecito, ma speculare sulla nostra condizione per far breccia sull’opinione pubblica mi sembra francamente inqualificabile.
Leggendo la notizia ho provato un fortissimo senso di disagio, ed il mio pensiero è andato subito alle migliaia di cani rinchiusi tra le sbarre dei canili, loro sì innocenti, con l’unica colpa di essere nati, abbandonati,maltrattati,
dimenticati e non desiderati da nessuno.
Se di pet terapy si sta parlando, non c’è bisogno di sfruttare la nostra disabilità. La invito a prendere in considerazione per i suoi carcerati la compagnia dei meticci adulti dei canili, o meglio ancora fare servizio di volontariato presso i canili stessi, ed invito vivamente la dirigenza dei Lions e delle varie scuole cani guida a non essere complici di progetti del genere.
Se di serietà ed opportunità si vuol parlare, è tempo di selezionare, educare ed addestrare quattro zampe meno fortunati, meno di razza e a costo zero, dando anche a loro la possibilità di dimostrare le loro capacità e la loro utilità al fianco dei non vedenti, tanto quanto i loro colleghi più blasonati. Il carcere non è ambiente né ideale, né idoneo, per crescere ed educare correttamente nessun cucciolo, tantomeno se destinato ad una persona non
vedente, perché poi i traumi e i danni irreversibili di una scelta così irresponsabile, verranno scontati non solo dal cane, ma anche dal non vedente al quale verrà affidato.
Concludo con la speranza che questo infelice progetto lodigiano non venga preso come esempio da nessun’ altro carcere, augurandomi che resti un episodio molto grave ma almeno isolato.
Poveri cani, poveri ciechi!
Distinti saluti.
Roberta Mancini”
Com’è noto, io sono il direttore che ha preceduto l’attuale, fino al 31.1.2005, data del mio pensionamento, dopo circa 40anni di servizio.
La lettera mi ha colpito molto, trovo in essa degli spunti di severa reprimenda verso iniziative che vanno a toccare un settore assai delicato, quello dei cittadini italiani non vedenti e dei cani che sono addestrati per aiutarli a conquistare una indipendenza ed una autonomia nella vita di tutti i giorni.
Il progetto, che la sig.ra Roberta Mancini critica severamente con parole addolorate e sdegnate, secondo quanto mi risulta, consisterebbe in un progetto di allevamento di cani per non vedenti, assieme al Lyons Club di Lodi, che evidentemente lo finanzia.
I Lyons avrebbero messo a disposizione delle cucce prefabbricate, che sarebbero state collocate nel cortile dietro la matricola.
Il progetto consiste nell'allevare per un anno dei cuccioli di Labrador che saranno in seguito addestrati in appositi centri.
Ai cani baderanno alcuni detenuti, tutti articoli 21 intramoenia, che porteranno a spasso ogni giorno i cani dentro il carcere e anche in via Cagnola (già autorizzati sul provvedimento di lavoro all'esterno), alla presenza di volontari del Lyons Club.
Il giorno 28 novembre dovrebbero essere assegnati i primi 2 cani.
Circa una settimana fa, il tg3 regionale ha fatto un servizio sull’argomento, che io non ho visto.
Immagino che in questo modo la notizia sia giunta alle orecchie della sig.ra Mancini, una non vedente, che conoscendo a fondo per ragione della sua disabilità ha reagito scrivendo al Cittadino una lettera argomentata, che non può non essere condivisa ‘in toto’.
Io non so quali altri iniziative di carattere trattamentale siano state adottate dal direttore del carcere di Lodi, mi auguro che siano state, se ve ne sono state, meno bizzarre di questa.
Perché questa è davvero bizzarra. Sembra rispondere alla regola aurua del mondo d’oggi che per essere occorre apparire e che il solo fatto di apparire equivale all’essere.
Se appari esisti, se non appari, se non ha visibilità, non esisti.
Ma mi chiedo se ha un senso tutto ciò e se le esigenze di trattamento si possono esaurire in iniziative di questo genere.
Non so nemmeno quanti sono i detenuti ammessi al lavoro all’esterno, quello vero, non quello fittizio, di due detenuti ammessi al lavoro esterno solo per portare a spasso due cani all’esterno del carcere, in via Cagnola, due cuccioli che alla fine dell’anno, stando alla testimonianza di chi se intende, non saranno più idonei ad essere addestrati come cani guida per non vedenti.
Tornando al lavoro esterno, non posso non rilevare che su una media di 40 detenuti definitivi tre soli detenuti ammessi non è un dato confortante.
Quando il carcere di Lodi lo dirigevo io gli ammessi al lavoro esterno sono arrivati dieci unità, cioè il 25% dei detenuti in esecuzione di pena definitiva, e la sorveglianza era capillare, sia sui posti di lavoro che al rientro in carcere. A quelli che sgarravano (e ve ne sono stati tre o quattro) revocavo ‘ad horas’ il lavoro esterno e li facevo anche trasferire in altre carceri.
L’istituto dell’ammissione al lavoro esterno è una cosa seria, molto seria, da utilizzare in modo da dare la giusta spinta rieducativa ai disgraziati che finiscono in carcere, non certo i colletti bianchi, quelli in carcere approdano molto raramente.
Non mi sorprende l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza, posto che la sua valutazione è di legittimità non di merito, per quanto con me non poche volte la valutazione debordava nel merito.
Mi sorprende, ma nemmeno tanto, che da parte del provveditore regionale non ci sia stata nessuna valutazione critica.
Sono in tanti gli esperti nell’arte dell’apparire.
Quanto al Lyon’s club di Lodi non posso non osservare che, premesso che non ho avuto mai nessun rapporto e nemmeno contatto con loro, avrebbero potuto finanziare iniziative più congrue oppure assumerne qualche detenuto a lavorare veramente, non credo che non vi siano soci che non abbiano attività imprenditoriale nella provincia.
Che il Provveditore Pagano blocchi questa iniziativa, sia inutile che indecorosa, perché offende le persone non vedenti che sanno bene cosa serve loro, cani seriamente addestrati.

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