Un incontro di due ore, teso, nervoso, quello tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e il capo del Governo, Silvio Berlusconi (presente - oltre a loro - il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta). Si vedono a Montecitorio alle 9 e 30 e non escono prima delle 11 e 30. Un faccia a faccia lungo, dunque, al termine del quale entrambi si affrettano a sottolineare che è andata bene e che l’accordo si è fatto. In gioco, c’è, d’altra parte, la tenuta del Pdl. In realtà, quello che è uscito fuori è un compromesso, prima politico, e poi di merito, sul processo breve ma non sulla prescrizione e sui reati tributari. Un passo avanti, secondo quanto detto da Berlusconi a chi glielo ha chiesto. Mentre Fini cerca di far passare il messaggio di non aver ceduto sul punto essenziale, ovvero la prescrizione. In realtà è una mediazione che non accontenta nessuno dei due. Tutto sta ora a capire quale sarà il vero testo sul processo breve e fino a che punto accontenterà le richieste del premier. Il Cavaliere, comunque, ieri mattina ai giornalisti ha dichiarato: “È andata bene”. Molto più dettagliatamente si è espresso Fini: “Nei prossimi giorni sarà presentato un disegno di legge di iniziativa parlamentare, quindi senza nessun intervento diretto del governo, per garantire che i tre gradi di giudizio si svolgano in tempi certi, unicamente per gli incensurati, in un tempo massimo di sei anni per arrivare al terzo grado di giudizio". Questa la mediazione raggiunta. Mentre la prescrizione breve, è “un’ipotesi considerata impraticabile da me e Berlusconi, perché danneggerebbe i cittadini". Su questo punto, Berlusconi si sarebbe a lungo battuto durante il vertice, senza spuntarla con l’alleato. Fini ha escluso anche l’ipotesi di un emendamento sui processi tributari che favorisca Mondadori nel contenzioso con l'agenzia delle entrate. In realtà, Fini ci tiene moltissimo a giocarsi il ruolo dello statista e la faccia del buon senso ("E' una questione innegabile, che la durata media dei processi in Italia è troppo lunga”, dichiara infatti), ma alla fine il processo breve finirà comunque per essere l’ennesima legge ad personam, che salva il Cavaliere dal processo Mills e da quello su Mediatrade. E se per Berlusconi non è tutto, ma è qualcosa, in questo senso sembra Fini ad aver ceduto di più. Senza contare che il testo al momento non c’è e che dunque in questo momento si ragiona su un’ipotesi, che va messa sul tavolo. E dunque, la mediazione è solo all’inizio. La dice lunga la reazione di Giulia Bongiorno, in prima linea per arrivare a un accordo accettabile: "Non sarò io a mettere la firma su quel provvedimento, anzi, da quello che ho capito, il testo può partire dal Senato", dichiara. E alla specifica domanda se sia soddisfatta dell’esito del vertice si limita a dire: “È una valutazione troppo complicata da fare in poco tempo”. Sulla reintroduzione dell’immunità parlamentare, invece, i due sembrano d’accordo. Si tratta di una prospettiva, che "non deve destare scandalo", secondo Fini, anche se "l'immunità non deve essere impunità”. Parla anche della candidatura di Cosentino il Presidente della Camera: "Credo non sia più nel novero delle cose possibili". Ci tiene anche a precisare Fini che “gli italiani non vogliono il derby permanente, una perenne disfida di Barletta". E anche in questa frase c’è la chiave per capire com’è andato davvero il vertice: ha portato all’unico compromesso possibile per non arrivare alla vera resa dei conti nel Pdl, ma senza sciogliere quasi nessun nodo. Tanto è vero che il vertice delle regionali previsto per stamattina non si farà.
mercoledì 11 novembre 2009
INCIUCIO A DESTRA: PROCESSO BREVE
Un incontro di due ore, teso, nervoso, quello tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e il capo del Governo, Silvio Berlusconi (presente - oltre a loro - il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta). Si vedono a Montecitorio alle 9 e 30 e non escono prima delle 11 e 30. Un faccia a faccia lungo, dunque, al termine del quale entrambi si affrettano a sottolineare che è andata bene e che l’accordo si è fatto. In gioco, c’è, d’altra parte, la tenuta del Pdl. In realtà, quello che è uscito fuori è un compromesso, prima politico, e poi di merito, sul processo breve ma non sulla prescrizione e sui reati tributari. Un passo avanti, secondo quanto detto da Berlusconi a chi glielo ha chiesto. Mentre Fini cerca di far passare il messaggio di non aver ceduto sul punto essenziale, ovvero la prescrizione. In realtà è una mediazione che non accontenta nessuno dei due. Tutto sta ora a capire quale sarà il vero testo sul processo breve e fino a che punto accontenterà le richieste del premier. Il Cavaliere, comunque, ieri mattina ai giornalisti ha dichiarato: “È andata bene”. Molto più dettagliatamente si è espresso Fini: “Nei prossimi giorni sarà presentato un disegno di legge di iniziativa parlamentare, quindi senza nessun intervento diretto del governo, per garantire che i tre gradi di giudizio si svolgano in tempi certi, unicamente per gli incensurati, in un tempo massimo di sei anni per arrivare al terzo grado di giudizio". Questa la mediazione raggiunta. Mentre la prescrizione breve, è “un’ipotesi considerata impraticabile da me e Berlusconi, perché danneggerebbe i cittadini". Su questo punto, Berlusconi si sarebbe a lungo battuto durante il vertice, senza spuntarla con l’alleato. Fini ha escluso anche l’ipotesi di un emendamento sui processi tributari che favorisca Mondadori nel contenzioso con l'agenzia delle entrate. In realtà, Fini ci tiene moltissimo a giocarsi il ruolo dello statista e la faccia del buon senso ("E' una questione innegabile, che la durata media dei processi in Italia è troppo lunga”, dichiara infatti), ma alla fine il processo breve finirà comunque per essere l’ennesima legge ad personam, che salva il Cavaliere dal processo Mills e da quello su Mediatrade. E se per Berlusconi non è tutto, ma è qualcosa, in questo senso sembra Fini ad aver ceduto di più. Senza contare che il testo al momento non c’è e che dunque in questo momento si ragiona su un’ipotesi, che va messa sul tavolo. E dunque, la mediazione è solo all’inizio. La dice lunga la reazione di Giulia Bongiorno, in prima linea per arrivare a un accordo accettabile: "Non sarò io a mettere la firma su quel provvedimento, anzi, da quello che ho capito, il testo può partire dal Senato", dichiara. E alla specifica domanda se sia soddisfatta dell’esito del vertice si limita a dire: “È una valutazione troppo complicata da fare in poco tempo”. Sulla reintroduzione dell’immunità parlamentare, invece, i due sembrano d’accordo. Si tratta di una prospettiva, che "non deve destare scandalo", secondo Fini, anche se "l'immunità non deve essere impunità”. Parla anche della candidatura di Cosentino il Presidente della Camera: "Credo non sia più nel novero delle cose possibili". Ci tiene anche a precisare Fini che “gli italiani non vogliono il derby permanente, una perenne disfida di Barletta". E anche in questa frase c’è la chiave per capire com’è andato davvero il vertice: ha portato all’unico compromesso possibile per non arrivare alla vera resa dei conti nel Pdl, ma senza sciogliere quasi nessun nodo. Tanto è vero che il vertice delle regionali previsto per stamattina non si farà.
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