lunedì 16 novembre 2009

La mafia potrà ricomprarsi i beni confiscati


IL “REGALO” IN UN EMENDAMENTO ALLA FINANZIARIA
di Stefano Caselli


Si scrive articolo 18-sexiesvicies proposta di modifica n. 2.3000 Ddl n. 1790 e si legge regalo alla mafia. Gli emendamenti alla Finanziaria – si sa – spesso assomigliano ai temuti cartoncini arancioni del Monopoli, gli “imprevisti”, e in questo caso c’è davvero da mettersi le mani nei capelli. Su proposta del relatore del Pdl Maurizio Saia, il Senato ha approvato una norma che consente la vendita al pubblico dei beni confiscati alle mafie, nel caso in cui non vengano assegnati entro 90 giorni dalla confisca.
In pratica le cosche, di certo non sprovviste di liquidità, potranno più o meno agevolmente rientrare in possesso di terreni e immobili che – in base alla legge 109 del 1996 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati – vengono da anni assegnati ad associazioni e cooperative, con risultati spesso straordinari.
Per la verità, l’emendamento tenta di scongiurare l’infausta eventualità, stabilendo che il competente dirigente dell’Agenzia del Demanio (cui viene affidato il compito di vendere entro sei mesi) “richieda al Prefetto della Provincia interessata ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti cui furono confiscati, o da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata”. Nobile intento, solletico per la mafia: “Vendere – dichiara Luigi Ciotti, presidente di Libera – è un tragico errore. Si tradisce l’impegno assunto con il milione di cittadini che nel 1996 firmarono la proposta di legge sull’uso sociale dei beni e si corre il rischio di restituirli, di fatto, alle organizzazioni criminali, capaci di mettere in campo ingegnosi sistemi di intermediari e prestanome, come già risulta da molti segnali arrivati dai territori più esposti all’influenza dei clan”.
I boss, dal Piemonte alla Sicilia, mal tollerano che qualcuno – magari cooperative di giovani cui viene garantito un lavoro vero e non nero – bazzichino su case e terreni un tempo di loro proprietà: “Gli esempi non mancano – racconta Davide Pati, responsabile beni confiscati di Libera – basti pensare ai recenti casi in provincia di Caserta, Palermo e Crotone, dove tentativi per tornare in possesso di case e terreni tramite prestanome sono accertati. Senza dimenticare i decreti di scioglimento per infiltrazione mafiosa di alcuni comuni del Sud, dove espressamente si indicava la gestione non corretta dei beni confiscati tra le cause del provvedimento”.
Ora basterà aspettare novanta giorni, evitando di sprecare energie in intimidazioni varie: è noto infatti come molti bandi vadano spesso deserti: “Cooperative e associazioni – racconta Walter Molino, animatore del blog LiberaMente – anche con progetti interessanti, hanno paura a candidarsi per l’assegnazione di un bene confiscato a mafiosi ancora a piede libero. Figuriamoci adesso che bastano tre mesi per rimettere tutto in vendita”. Novanta giorni assomiglia molto a un termine capestro, ed è un pericolo che incombe su oltre tremila immobili sparsi per l’Italia: “I beni – prosegue Davide Pati – spesso sono occupati, gravati da ipoteche, bisognosi di interventi di ristrutturazione. Sforare i 90 giorni è un attimo. Con questo emendamento lo Stato si arrende alla sua inefficienza, invece di trovare soluzioni adeguate, come l’Agenzia Nazionale per i beni confiscati che gli addetti ai lavori chiedono da anni”. Un maldestro tentativo di fare cassa (il ricavato della vendita dovrebbe finire ai ministeri dell’Economia e della Giustizia) che la Camera ha comunque ancora tempo per correggere.

1 commento:

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

I SOLITI GRANDISSIMI CORNUTI E FIGLI DI PUTTANA.