«Marcikus venne a trovare la Orlandi nella casa di Torvajanica. Io sentii le urla di Emanuela ma De Pedis mi disse di farmi gli affari miei...». Sabrina Minardi torna ad accusare l’alto prelato, ex presidente dello Ior, e rivela anche un’altra delle prigioni dove la ragazza rapita il 23 giugno del 1983 nel centro di Roma venne tenuta segregata: una casa al mare, la stessa dove venne poi uccisa, chiusa in un sacco e gettata in una betoniera. Un racconto drammatico che conferma ancora una volta la tesi della donna secondo la quale Emanuela sarebbe stata sequestrata per ragioni sessuali.
La Minardi ha raccontato tutto in una intervista a Rai News 24. «Io stessa insieme a De Pedis e Sergio portai la ragazza nella casa al mare. Doveva restare solo un giorno ma è rimasta 15 notti assistita da una zia di De Pedis, Adelaide». L’ex donna di De Pedis che nei giorni scorsi è stata nuovamente ascoltata dalla Procura dice anche di aver sentito la voce di tale Mario, l’uomo che chiamò a casa Orlandi. «L'ho riconosciuto - ha spiegato - : ha la mia età, era ricco di famiglia. Un grande amico di Renatino, sono certa della sua identità». Non è la prima volta che la supertestimone chiama in causa monsignor Marcinkus. Già nella prima deposizione la donna aveva raccontato di aver portato più volte alcune ragazze in un appartamento di via di Porta Angelica dove erano messe a disposizione del prelato. Ha poi raccontato di aver accompagnato lei stessa Emanuela ad un appuntamento in Vaticano e che proprio in quell’occasione, vedendo questa ragazza un po’ su di giri, le aveva domandato il nome e lei, candidamente, aveva risposto Emanuela.
Sabrina Minardi ha mantenuto per anni questo segreto. Perché così le aveva detto di fare il suo uomo Renatino De Pedis («Se dimentichi quello che hai visto non ti succederà nulla»), sia per le minacce di incolumità alla figlia. Per trent’anni ha tenuto nascosto di sapere dove era segregata la ragazza. E anche quella frase pronunciata da Renatino che due anni fa ha troncato ogni speranza della famiglia: «Vedi quei due sacchi neri? Dentro c’è Emanuela».
La Procura le crede? Sembra proprio di sì. Soprattutto adesso che alcune incongruenze, date confuse, fatti che non riusciva a collocare bene nel tempo, sono scomparsi. Sabrina Minardi ha riconosciuto il fantomatico Mario e il riconoscimento ha avuto un riscontro. I magistrati sono riusciti ad ricostruire l’identità di tre sequestratori di Emanuela Orlandi. Uno di loro è il biondino che fece salire Emanuela nella Bmw grigia parcheggiata davanti al Senato. Un gregario della banda della Magliana, non un personaggio di primissimo piano, ma uno che conosceva bene Enrico De Pedis «Renatino», e i suoi segreti. Il suo curriculum racconta di rapine, estorsioni, ma mai di condanne per omicidi tant'è che ora è libero. Sarebbe questo l'identikit del telefonista che spiegò di chiamarsi Mario e che chiamò a casa di Emanuela Orlandi il 28 giugno del 1983, sei giorni dopo la scomparsa della figlia quindicenne del postino personale di papa Wojtyla, commesso della segreteria vaticana.
22 novembre 2009
2 commenti:
Certo che non posso dire di essere meravigliato da tutto ciò.
Ma la nauesa che mi prende pensandoci...! Mi verrebbero da dire cose bruttissime di condanna. Ma come è messa la nostra società?
Come si può sfruttare una persona e poi buttarla via come niente fosse? Queste, e mi dispiace ammetterlo, sono bestie da elimnare. Rappresentano l'aspetto peggiore della razza umana, degni discendenti di quelli, meno in vista forse, che condannano l'umanità a guerre e carestie solo per la loro brama insensata ti potere.
Ciao_
Roby
AGGHIACCIANTE.
SONO D'ACCORDO CON TE.
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