sabato 28 novembre 2009

Scende il gelo tra Quirinale e Palazzo Chigi


di FRANCESCO BEI


"Non sono certo io ad alzare i toni dello scontro. Sono semmai alcuni pm a tenere un comportamento che, in qualunque democrazia, non sarebbe tollerato". Silvio Berlusconi non si sente chiamato in causa dall'appello di Giorgio Napolitano a non "drammatizzare" il momento politico. È convinto del tentativo in atto di farlo saltare a gambe all'aria, è "indignato" per le apparizioni televisive di alcuni magistrati e ritiene suo diritto difendersi denunciando "le manovre di certi pm che si muovono sulla base di teorie ridicole e farneticanti". Per questo ha accolto positivamente il monito del capo dello Stato, apprezzandone la parte in cui s'invitavano i magistrati a non sconfinare e glissando invece sul resto.

Sul Colle invece vengono inquadrate tutte le responsabilità, anche (e soprattutto) quelle del Cavaliere. E viene valutata con preoccupazione la spirale innescata dalle parole incendiarie del premier - pronunciate durante l'ufficio di presidenza del Pdl e poi smentite - contro i magistrati. Frasi che hanno innescato il fallo di reazione di un paio di magistrati, altrettanto stigmatizzato dal Colle.

Insomma, gli uomini di Napolitano osservano con apprensione le convulsioni del capo del governo, in contatto costante anche con Gianfranco Fini. E se anche dovesse piovere un avviso di garanzia sulla testa di Berlusconi o se il premier fosse condannato in primo grado a Milano - questi i ragionamenti che si fanno sul Colle - il capo dello Stato non prenderebbe iniziative visto che esiste la presunzione di innocenza. Anche a questo serviva il messaggio di ieri, per ribadire che ogni eventuale decisione sulla sorte del governo spetta al presidente del Consiglio, alla sua sensibilità politica e morale. E tutto dipende dalla tenuta della sua maggioranza e della leadership del centrodestra: finché c'è la maggioranza nessuno può abbattere il premier.

Ma, nonostante l'invito di Napolitano ad abbassare la temperatura, nel quartier generale del Cavaliere per tutto il giorno è suonato l'allarme rosso. Il tam tam del Palazzo fin dalla mattina rilancia infatti lo stesso messaggio: è in arrivo l'avviso di garanzia per Berlusconi e Dell'Utri. Una notizia che si rivelerà inesistente - a nulla conduce una ricognizione condotta da Niccolò Ghedini fino a sera - ma l'emergenza costringe comunque Berlusconi a rinviare il viaggio all'Aquila per la consegna delle case ai terremotati. La fibrillazione è tale che, alla fine, il portavoce Paolo Bonaiuti, dopo un incontro con Berlusconi a palazzo Grazioli, è costretto ad uscire allo scoperto con una smentita preventiva: "Escludiamo nel modo più deciso che sia in arrivo un qualsiasi atto correlato alle indagini di Firenze e Palermo".

E tuttavia il Cavaliere in privato batte e ribatte sullo stesso punto. Lo fa scherzando, per esorcizzare la paura, giurando di essere "corazzato di ottimismo" e tutt'altro che "demotivato". Due sera fa, alla cena di autofinanziamento dei club della libertà organizzata da Valducci e Stracquadanio (diecimila euro a coppia), il Cavaliere ha lasciato a bocca aperta i presenti: "Io sono il capo della mafia, lo sapete tutti no?". Ieri sera ha ripetuto la gag a villa Madama: "C'è qualcuno che dice che mi sono molto occupato di mafia, a partire dal '92. È vero: sulla mafia ho raccontato molte storielle". Ma il timore è reale e tutti i berlusconiani ne sono consapevoli. Giorni fa Gaetano Pecorella, convinto che il ddl sul processo breve "non funzionerà", su un divanetto di Montecitorio pronosticava tempi duri: "Se venisse condannato secondo me non si deve dimettere. Ma non c'è dubbio che verrebbe molto indebolito. Il fatto è che, in questo momento, Berlusconi è l'unico che può governare: lo sanno anche Bersani e Casini".

Ad angustiare il premier c'è poi il "problema Fini", che anche ieri l'ha fatto infuriare per l'incontro con l'Anm. Il presidente della Camera ha raccomandato ai suoi di tenere i "nervi saldi", ma l'area che fa riferimento a Fini è in subbuglio. Ormai qualcuno tra i finiani non esclude più nulla, nemmeno uno sganciamento dal Pdl "se le cose dovessero precipitare".

(28 novembre 2009)

4 commenti:

Francy274 ha detto...

Il migliore modo per non essere creduti è dire la verità scherzando, quando invece si dicono le bugie e magari si giura che tutto è vero, c'è sempre qualcuno pronto a sindacarne la veridicità e a creare il dubbio negli altri.
Ma una verità detta in modo scherzonso se pur seriamente confermata da chi sa con certezza che la cosa è vera, la risposta che ne riceva è un :"ma vaaa, stava scherzando!"

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

In questo articolo c'è la spiegazione di supporto dei commenti da me fatti sopra in altri post.
E' suonato l'allarme rosso in casa PdL, è la resa dei conti, ma sul Capo dello Stato non può pendere e nemmeno aleggiare il benchè minimo sospetto.

Francy274 ha detto...

SB.:"Io sono il capo della mafia, lo sapete tutti no?"
Luigi, mi riferivo a questo! Non certo a Napolitano :D

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Ho capito, non c'ero arrivato, sono frasi che non ho nemmeno evidenziato perchè semplici buffonate.
Non è in questo modo che si sottrarrà alle sue responsabilità, lo sa benissimo, voleva solo dimostrare sicurezza, tracotanza e sicumera con i suoi: pagliacciate!