Nuovo interrogatorio per Piero Marrazzo Seguito dalla moglie ha fatto altre ammissioni
di Marco Lillo
di Marco Lillo
Piove a dirotto sul cortile della casa dei mutilati di guerra quando Piero Marrazzo esce con la schiena piegata e la testa nascosta sotto la giacca, come un latitante casalese. I flash cominciano a scattare. L’ex governatore del Lazio ha appena ammesso con i pubblici ministeri Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli di avere pagato migliaia di euro al trans Natalie non solo per il sesso ma anche per la cocaina. Marrazzo, stretto all’angolo dai verbali degli altri protagonisti di quel pomeriggio in via Gradoli, alla fine ha dovuto ammettere il consumo di droga. Ma ha tenuto il punto sul video girato quella sera e offerto dai carabinieri arrestati ai giornali: “non sono stato vittima di nessun ricatto e non mi sono accorto di essere stato ripreso”. E il pagamento degli assegni? E i 5 mila euro spariti? “Sono stato vittima di una rapina”.
I magistrati per ora si sono accontentati. E, per ora, continuano a considerarlo un testimone e una vittima di questa brutta storia. Lo avevano convocato alle 16 in questo edificio fascista disegnato da Piacentini per salvaguardarlo dall’assalto dei media. Tutto inutile. Una dozzina di fotografi e cronisti irriducibili lo aspetta dall’ora di pranzo sotto la pioggia oltre la sbarra. Le tre ore faccia a faccia con i magistrati sono state le più difficili della sua vita. Marrazzo ne esce a pezzi: i capelli grigi e scomposti non nascondono più la stempiatura e l’età come in tv. Il presentatore sente che sta scorrendo la sua ultima scena e decide di nascondere la testa come uno struzzo. Lo accompagnano l’amico avvocato Luca Petrucci e l’autista che guida la Jeep nera del suo legale. Ma non sono loro, con il loro corpo massiccio a proteggerlo dalla muta dei giornalisti che sentono l’odore della preda. Ci sono anche due poliziotti di guardia che lo stringono e gli coprono i fianchi. Ma è la moglie, Roberta Serdoz, giornalista del Tg3, a fargli da scudo. Contro i flash, contro i fotografi che lo rincorrono senza pietà fino al lungotevere, contro tutto. Piero resta piegato anche in auto, le braccia contro i finestrini a parare i flash. Roberta incede a testa alta, dritta come un fuso nel suo cappottino grigio di lana cotta con i risvolti neri, la frangetta impeccabile, con una mano sicura avvita la sciarpa rosa. Nel giorno più difficile ha scelto di essere con il suo uomo. Non accanto ma davanti.
In questi giorni di isolamento nella casa di campagna insieme hanno letto i giornali. Ogni giorno un verbale nuovo. Ogni giorno una picconata alla versione che Piero aveva offerto alla famiglia e ai pm. Il trans Natalie ha raccontato che la cocaina non era stata portata nel suo appartamento di via Gradoli in quel maledetto pomeriggio di luglio dai carabinieri ricattatori Luciano Simeone e Carlo Tagliente, come aveva detto finora il politico, ma dal pusher Rino Cafasso. Non solo: su “Il Fatto Quotidiano” domenica esce il vecchio verbale del 21 ottobre con Piero che ammette un pagamento concordato di 5 mila euro per Natalie. L’avvocato Petrucci aveva sempre parlato di duemila. Prima ancora che con i pm è con la moglie che Marrazzo cominciato la lenta marcia di avvicinamento alla verità. In questi giorni Roberta e Piero parlano di serate e di conti correnti (uno in comune e uno solo dell’ex Governatore, gestito dal segretario Adelfio Luciani) e poi delle tante spese note e ignote. Ogni giorno Roberta scopre qualcosa di nuovo e l’avvocato Petrucci sempre pronto al telefono a smussare, spiegare e difendere l’amico Piero. Grazie a questo lavorio tra le mura domestiche, Marrazzo, dopo un’iniziale titubanza, ha scelto finalmente di uscire dalle ambiguità, dalle mezze bugie e dai silenzi. Una scelta in parte obbligata. Gli interrogatori dei carabinieri arrestati e le sommarie informazioni del transessuale avevano minato per sempre la scena descritta nel precedente interrogatorio. “La cocaina non c’era quando sono arrivato e sospetto che l’abbiano messa i carabinieri”, aveva detto il politico. Poi però il trans Natalie aveva corretto: “la cocaina è stata portata da Rino Cafasso (un pusher poi deceduto a settembre ndr) prima dell’arrivo dei carabinieri”. Ieri Marrazzo ha corretto il tiro ammettendo che nel prezzo delle prestazioni di via Gradoli talvolta era compresa anche la cocaina”. Sono ancora tanti però i punti da chiarire. Perché il politico ha accettato di staccare ai carabinieri assegni per 20 mila euro? Ieri Marrazzo ha continuato a sostenere di non essersi accorto del telefonino che lo riprendeva negando così l’esistenza di un ricatto e di una trattativa. Gli investigatori non sono molto convinti. Marrazo non è indagato ma la sua posizione, dicono in Procura, resta delicata. Per questa ragione i carabinieri del Ros stanno eseguendo accertamenti sui conti correnti di Marrazzo. Vogliono capire se gli assegni siano stati bloccati davvero con una denuncia del segretario Adelfio Luciani. Solo guardando i conti si capirà quanti soldi sono usciti, verso chi, e magari anche da dove provenissero. Nei giorni scorsi è stata sentita anche la trans Brenda, accusata dalle colleghe di avere conservato immagini imbarazzanti e potenzialmente ricattatorie di Marrazzo. La via crucis dell’ex presidente insomma è appena cominciata. Ma almeno Piero ha imboccato la strada giusta. E non è solo.
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