
“Il presidente Nichi Vendola non è indagato”. Ha chiarito subito il punto, ieri, il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati. Ma non basta a scongiurare il terremoto: Vendola rischia di deragliare su un doppio binario, politico e giudiziario, e sembra in un vicolo cieco. A breve potrebbe essere indagato per “tentata concussione”, a marzo dovrebbe candidarsi alla guida della regione, e nell’immediato deve già difendersi dall’accusa di usare una doppia morale: pochi mesi fa ha azzerato la giunta proprio in nome della questione morale, “dimissionando” il suo vicepresidente e qualche assessore perché coinvolti nelle indagini sulla malasanità. Adesso che farà? Lui assicura: non mollo.
Ieri lo scoop di Libero, in poche ore ha seminato il panico in procura e nei corridoi della regione. Il quotidiano ha pubblicato stralci di un’informativa dei carabinieri: il presidente è sospettato d’aver imposto ai direttori delle Asl, nel 2008, la nomina di alcuni direttori. Ed è anche per sottrarre la procura dalle strumentalizzazioni politiche che Laudati ha smentito l’iscrizione di Vendola tra gli indagati. Per ora, però. Dopo l’informativa dell’Arma, appare difficile che il pm di Geronimo dinanzi a una “denuncia” dei carabinieri s’astenga dall’inviare al governatore un avviso di garanzia.
Il presidente pugliese ieri ha contrattaccato: “Il presunto avviso di garanzia l’ho ricevuto dall’editore di Libero, Angelucci, che è sotto inchiesta, qui in Puglia, proprio per questioni di malasanità”. Resta il fatto, però, che le inchieste sulla sanità pugliese adesso rischiano di travolgere anche Vendola. Perché qualcosa non torna. Ieri in procura si rifletteva sulla tempistica della fuga di notizie.
Con le rivelazioni su Vendola, insomma, qualcuno sembra voler bilanciare i guai giudiziari del centrodestra.
Due storie completamente diverse: per Cosentino è stata chiesta la misura cautelare, per l’altro non c’è ancora un avviso di garanzia.


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