Giampaolo Giuliani, il ricercatore aquilano denunciato per procurato allarme per aver previsto il terremoto de L’Aquila, è stato prosciolto. Il gip di Sulmona Massimo Di Cesare usa parole chiare: “La relazione tra accumulo di radon e terremoti è ritenuta attendibile. L’evento sismico annunciato sulla scorta delle proprie indagini impedisce di considerare inesistente il pericolo di terremoto”.
Dunque Giuliani non è un ciarlatano come era stato apostrofato. Ma non solo: oggi ha la certezza, che il suo metodo, assieme ad altri metodi di ricerca sui precursori sismici, permette di attivare un sistema di prevenzione grazie al quale è possibile intervenire in tempo per salvare vite umane.
“Le case che non sono state costruite secondo criteri antisismici cadono ugualmente, ma le persone possono abbandonarle in tempo e restare vive” spiega Giampaolo Giuliani, che definisce la decisione del gip ragione di una gioia immensa che riconosce merito al suo lavoro e alla sua immensa passione.
Seppure si tratti di una felicità interrotta dal ricordo di non essere stato creduto e di non aver potuto salvare tante vite.
E’ appena rientrato da San Francisco dove è stato invitato a presentare la sua relazione scientifica alla conferenza Agu Fall Meeting: “Ho illustrato tutti i dati ottenuti, tutte le osservazioni effettuate davanti a ricercatori internazionali. La mia relazione è stata accettata con molto interesse, poiché siamo stati gli unici a fare rilevamenti prima, durante e dopo un terremoto, mi riferisco a quello che ha colpito L’Aquila”. E il suo studio è stato finanziato, ottenendo la collaborazione scientifica di un ricercatore giapponese e di uno americano e l’installazione dei suoi strumenti negli Stati Uniti e a Tokyo.
Mentre l’Italia resta a guardare.
“Il nostro studio non viene neppure preso in considerazione dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia” continua Giuliani, 62 anni, diplomato perito chimico, specializzazione in meccanica fine in Inghilterra, vincitore di concorso al Cnr, specializzazione in Scozia su fotografia astronomica. Ha lavorato presso l’osservatorio di Edimburgo e per 20 anni in quello di Campo Imperatore , ed ora ha pubblicato il suo primo libro, “L’Aquila 2009, la mia verità sul terremoto”.
“Dal 2000 portiamo avanti questa ricerca partendo dall’assunto scientifico che in prossimità di forti terremoti la scienza misurava forti incrementi di radon (gas inerte radioattivo, incolore, inodore, insapore) che nasce dal radio 226 per decadimento radioattivo. In prossimità del terremoto de L’Aquila, le nostre stazioni di osservazione in funzione sul Gran Sasso, a Coppito e alla scuola De Minicis de L’Aquila, dimostravano forti incrementi di radon. Dunque sapevamo che ci sarebbe stato un forte terremoto. Ma dopo che il 29 marzo il sindaco di Sulmona mi ha denunciato per procurato allarme e i suoi avvocati mi hanno diffidato dal continuare a dare informazioni, in quanto avrei rischiato l’arresto, ho smesso; nel frattempo però ho continuato a monitorare la situazione, che diceva chiaramente che vi era nell’aquilano un incremento di scosse sia come numero sia come intensità.
Centinaia di persone a Paganica, a Poggio Picenze, a L’Aquila, quel 6 aprile, vedendo i nostri grafici su Internet, si sono messe in salvo. Sapevo che sarebbe arrivato, che sarebbe stato fortissimo intorno ai 5.8, 6. E’ stato di 6.3 ma con una potenza dieci volte maggiore per l’accelerazione delle onde sismiche, causata dalla natura del territorio. Ho fatto andare i miei familiari in auto ed io sono rimasto ad attenderlo a casa con la finestra e la porta aperte, impalato davanti al sismografo”. Il resto è cronaca di dolore e di amarezza.
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