sabato 19 dicembre 2009

Intercettazioni con il contagocce


di Bruno Tinti


Con la Finanziaria, il Governo ha spostato le spese per le intercettazioni telefoniche dal capitolo di bilancio 1360 a quello 1363. Differenza tra i due capitoli di bilancio? Il 1360 va coperto obbligatoriamente; all’inizio dell’anno non si sa quanto si spenderà; però, quale che sia la somma che si spende, lo Stato pagherà. Il 1363 ha uno stanziamento fisso: quando è finito è finito. Però è anche vero che si sa quanto si spenderà (stipendi, affitti etc) e quindi lo stanziamento è pari alla spesa prevista.
Con il capitolo 1360 si pagano le consulenze, le rogatorie, le traduzioni, le indagini di Polizia Giudiziaria, le intercettazioni, appunto; insomma le spese variabili. Sono quelle che dipendono dal tipo di processi e dalle esigenze delle indagini. Magari un anno in Sardegna c’è il boom dei sequestri di persona; oppure in Sicilia si scopre un traffico di droga di dimensioni colossali e in Calabria un vasto giro di corruzioni. Magari invece è un anno tranquillo e ci sono solo processi che richiedono indagini brevi e non dispendiose. Non si sa. Così il 1360 è un capitolo aperto: quanto si è speso si paga. Certo, i magistrati sono responsabili delle spese che derivano dalle loro indagini; e se uno fa una rogatoria alle Cayman per accertare chi ha emesso un assegno da 100 euro in una truffa per la vendita di enciclopedie qualche problema lo avrà. Ma resta il fatto che, come ognuno capisce, non si può stabilire prima quanto costeranno processi che non si sa ancora quanti e quali saranno e che tipo di indagini e di spese richiederanno.
Adesso un ignoto burocrate (perché certo questa non è farina del sacco di Alfano) ha suggerito un sistema perfetto: spostiamo le intercettazione dal 1360 al 1363; quando i soldi sono finiti le intercettazioni non si potranno fare più. E poi, naturalmente, non ce ne mettiamo tanti. Semplice e geniale.
Che l’unica ragione di questo spostamento sia impedire le intercettazioni è fuor di dubbio: le altre spese di giustizia restano nel 1360: per dire, le rogatorie, le consulenze, le traduzioni si faranno senza problemi e quello che costeranno sarà pagato, quanto che sia. Solo per le intercettazioni è stato previsto lo spostamento al 1363. Quindi fin da ora possiamo dire che le virtuose giustificazioni che B&C ammanniranno ai fruitori di TV e giornali di famiglia saranno tutte balle.
Il punto è che questo sistema è veramente micidiale, ancora più di quanto era stato previsto dalla legge sulle intercettazioni che, dopo la fiducia alla Camera, e per via del monito di Napolitano, giace in Senato. Anche lì era previsto un tetto di spesa: l’art. 90 bis prevedeva che il Ministro della Giustizia ogni anno avrebbe stabilito lo stanziamento massimo di spesa per le intercettazioni che sarebbe stato ripartito fra le varie procure. Naturalmente i soldi a un certo punto sarebbero finiti ma, diceva virtuosamente la nuova legge, il Procuratore della Repubblica che aveva assoluto bisogno di continuare le intercettazioni poteva chiederne altri; e magari glieli davano.
Era meglio di quanto inventato dal burocrate ignoto ma non erano rose e fiori.
Per esempio, che criteri avrebbe seguito il Ministro al momento della distribuzione dei soldi tra le varie Procure? Se in un certo distretto (per esempio a Palermo, Firenze e Caltanissetta) fossero state in corso indagini che, diciamo così, non sollevavano particolare entusiasmo nella maggioranza, non è che gli sarebbe venuto in mente di stringere i cordoni della borsa?
E poi, come avrebbe gestito ogni Procura il suo tesoretto? C’è una rapina, si vorrebbe sapere dove sono finiti i soldi; che si fa, si intercetta oppure no? Subito dopo arriva una povera donna vittima di stalking, la massacrano di telefonate e molestie varie. Si intercetta? E quanto si spenderà? Poi arriva il sequestro di persona a scopo di estorsione; e qui, poche storie, si intercetta e come. Solo che, pare incredibile quanto poco durano i soldi, ce ne sono sempre meno e siamo solo a marzo. Da quel momento è un’emorragia continua: estorsioni, violenze carnali, rapine, frodi fiscali. Ogni volta si deve decidere: si intercetta oppure no? Comunque vada, si arriva a settembre e i soldi sono finiti. Stanno tutti lì con le dita incrociate ed ecco che arriva il nuovo reato: un traffico di droga di grandi dimensioni. E scatta la richiesta: signor Ministro, abbiamo in corso una delicata indagine per traffico di droga, ci servono soldi; per piacere …. Ecco, ma che succede se la nuova indagine che arriva a soldi finiti riguarda una serie di appalti affidati a imprese che pagano mazzette al Sindaco e agli Assessori competenti? E se questi bravi amministratori fanno parte dello stesso partito del Ministro? E magari una parte di quelle mazzette è arrivata proprio al partito in questione? Che sarebbe successo se per le intercettazioni a carico di Cosentino si fossero dovuti chiedere soldi extra?
Una scenario terribile. Eppure oggi la leggina del burocrate ignoto è ancora peggiore perché stabilisce un tetto di spesa per l’intero territorio nazionale: chi prima arriva si prende i soldi; chi arriva dopo si attacca. Così la Procura di Poggio Belsito, che a gennaio indaga su un traffico di macchine rubate, fa un sacco di intercettazioni, porta a compimento le indagini e tutti sono contenti. La Procura di Palermo, che ad aprile comincia a indagare sulla trattativa tra mafia e governo, dispone intercettazioni e si sente dire: ci spiace ma soldi niente. E anche qui tutti sono contenti. Insomma, con questo sistema diventa impossibile anche un minimo di programmazione perché non si possono stabilire precedenze tra processi in funzione della gravità dei reati: ogni Procura porta avanti i suoi e, sapendo che di soldi ce n’è pochi, ognuna si affretterà ad attingere al malloppo prima delle altre.
Sembra giusto: se soldi non ce n’è come si fa? E non possiamo nemmeno spendere somme iperboliche per le intercettazioni; ci sono anche le scuole, gli ospedali, le ferrovie, i partiti …
Bene, due modeste proposte.
Utilizziamo le somme recuperate con i processi fatti con le intercettazioni per finanziare le intercettazioni dei processi futuri; non solo copriamo le spese ma ci guadagniamo pure. Ah, però, per recuperare soldi, si dovrebbe intercettare in tema di corruzioni, frodi fiscali, peculati, truffe ai danni dello Stato, insider trading e cose così? Mi rendo conto…
Allora facciamo così: rinegoziamo le concessioni con i gestori di telefonia. Stabiliamo che l’attività prestata per le intercettazioni disposte dall’autorità giudiziaria non deve essere remunerata. Questo sistema sarebbe troppo oneroso per i ricchissimi gestori di telefonia?
Allora stabiliamo che l’attività prestata per le intercettazioni sia pagata al costo industriale sopportato: almeno questo.

Nessun commento: