Incredulo, ferito, umiliato, offeso. E furioso, come mai con l’alleato, che oggi vede come un nemico. Lo descrivono così Silvio Berlusconi, che su Gianfranco Fini ieri, da Milano e in collegamento telefonico con il gruppo dirigente del partito, ha sfogato tutta la sua rabbia perché «quell’ingrato si permette di parlare di me in quei termini» e lo fa con «un procuratore della Repubblica! Cose da pazzi! E io dovrei fidarmi di lui, quando dice quelle cose sui pentiti che infangano il mio nome? Eh no, così non si va avanti, adesso chiarisce e chiede scusa, o fa marcia indietro o io non lo voglio più vedere, per me è fuori ».
Uno sfogo lungo e accorato, quello del Cavaliere, che in collegamento con lo stato maggiore del Pdl convocato in tutta fretta in via dell’Umiltà — c’erano i coordinatori Bondi, La Russa e Verdini, i capigruppo Gasparri e Cicchitto, il vice Quagliariello e anche Bocchino (al telefono, in stretto collegamento con Fini)—, è arrivato a ipotizzare una raccolta di firme in Parlamento per una mozione di sfiducia contro il presidente della Camera (ma la mossa, peraltro tecnicamente impossibile, è stata sconsigliata dai suoi interlocutori — da Quagliariello a Verdini, da La Russa a Cicchitto — perché «non dobbiamo far precipitare la situazione»), e starebbe pensando di convocare un Consiglio nazionale del partito per votare su una linea di sostegno alla sua persona e di sconfessione dell’ex leader di An.
Per ora però, è passata una linea molto dura ma non quanto il premier avrebbe voluto. E cioè una richiesta formale di chiarimento a Fini da parte del partito, vergata durante il vertice e affidata ad una nota del portavoce Capezzone: «Non commentiamo i fuorionda. Nell'ultimo ufficio di presidenza del Pdl ci siamo espressi all' unanimità sull'utilizzo dei cosiddetti 'pentiti', sull'uso politico della giustizia, sul tentativo in atto di ribaltare il risultato della ultime elezioni politiche. Quel documento per tutti noi esprime la linea di fondo del Pdl. Tocca ora al presidente della Camera spiegare il senso delle sue parole rese note da Repubblica Tv e se con quelle ragioni è ancora d'accordo».
Si chiede dunque un mea culpa a Fini, o comunque un riallineamento alle posizioni della stragrande maggioranza del Pdl, che assiste attonito e spaventato a uno scontro di cui non si vede né la fine né l’approdo. E crescono — soprattutto dopo il fuorionda sui pentiti di mafia — i già forti sospetti sul gioco a cui si starebbe prestando Fini, che comunque — assicurano i maggiorenti del Pdl —, dopo «questo enorme errore, è solo, nemmeno della ex An lo segue più nessuno». Perché c’è un punto oltre il quale non si può andare: «Io — dice Osvaldo Napoli — non credo ai complotti, ma fino a questo punto non credevo neppure che ci fosse un apostolato a favore dei complotti... ».
2 dicembre 2009
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