A tutto c’è un limite e adesso persino la categoria, spesso divisa anche sul tema della libertà di stampa, cerca di fare quadrato intorno a Marco Travaglio, al Fatto, ad Annozero e al gruppo Espresso, individuati da Fabrizio Cicchitto come “mandanti morali” dell’aggressione di domenica scorsa al premier Berlusconi.
Con un documento votato all’unanimità dalla giunta, la Federazione nazionale della Stampa respinge “nel modo più fermo l’attacco ad alcuni settori dell’informazione che sta montando ad opera di una parte del centrodestra. La gravissima aggressione ai danni del presidente del Consiglio, che è stata condannata in modo tempestivo e inequivocabile da tutti i media italiani e dalla Federazione della Stampa, sta diventando il pretesto per un tentativo di intimidire e imbavagliare voci del giornalismo italiano che hanno l’unico torto di aver espresso posizioni critiche nei confronti del governo e del suo leader”.
Il sindacato dei giornalisti, solidale con le redazioni e i colleghi sotto tiro, si dice intenzionato a difendere “nel modo più intransigente il diritto di ogni giornalista italiano di dissentire o di consentire, senza per questo dover finire su liste che nessun politico ha il diritto di compilare”. Dall’Fnsi anche l’allarme per i propositi legislativi che renderebbero più difficile l’attività dei siti di informazione sulla rete. “Gli incitamenti alla violenza vanno perseguiti senza esitazione, in rete e altrove, ma non possono diventare la leva per manovre censorie”.
“Crediamo che serva a dissolvere un clima pesantissimo che sta avvelenando l’aria – ha spiegato Roberto Natale, presidente della Fnsi – L’articolo 21 della Costituzione (sulla libertà di stampa, ndr) è indivisibile”.
La gravità di quanto accaduto, e di quanto continua ad accadere nei salotti televisivi, fa muovere anche l’Ordine nazionale dei giornalisti, che in serata diffonde un comunicato. Il Consiglio nazionale, esprimendo “piena e convinta solidarietà al presidente del Consiglio per l’ignobile e grave aggressione”, “respinge con sdegno l’intollerabile tentativo di additare quali mandanti dell’atto di violenza giornalisti e organi di informazione”. Non ci sono nomi e cognomi, ma i riferimenti sono evidenti.
A rischio c’è proprio l’articolo 21, che riguarda anche i siti di informazione: “Questa vicenda – prosegue l’Ordine – non può in alcun modo diventare pretesto per assumere provvedimenti che possano comprimere la democrazia e la cittadinanza digitale. Quelle che si ipotizzano all’esame del Consiglio dei ministri rischiano di diventare vere e proprie leggi speciali per ridimensionare la libertà della rete e in rete, attraverso la censura preventiva”.
A chiamare in causa il presidente dell’Ordine, Lorenzo Del Boca, e il segretario, Enzo Iacopino, parlando di “silenzio assordante”, era stato nel pomeriggio un duro comunicato dell’Associazione Stampa romana, schierata al fianco dei giornalisti additati come “mandanti”.
“Crediamo che serva a dissolvere un clima pesantissimo che sta avvelenando l’aria – ha spiegato Roberto Natale, presidente della Fnsi – L’articolo 21 della Costituzione (sulla libertà di stampa, ndr) è indivisibile”.
La gravità di quanto accaduto, e di quanto continua ad accadere nei salotti televisivi, fa muovere anche l’Ordine nazionale dei giornalisti, che in serata diffonde un comunicato. Il Consiglio nazionale, esprimendo “piena e convinta solidarietà al presidente del Consiglio per l’ignobile e grave aggressione”, “respinge con sdegno l’intollerabile tentativo di additare quali mandanti dell’atto di violenza giornalisti e organi di informazione”. Non ci sono nomi e cognomi, ma i riferimenti sono evidenti.
A rischio c’è proprio l’articolo 21, che riguarda anche i siti di informazione: “Questa vicenda – prosegue l’Ordine – non può in alcun modo diventare pretesto per assumere provvedimenti che possano comprimere la democrazia e la cittadinanza digitale. Quelle che si ipotizzano all’esame del Consiglio dei ministri rischiano di diventare vere e proprie leggi speciali per ridimensionare la libertà della rete e in rete, attraverso la censura preventiva”.
A chiamare in causa il presidente dell’Ordine, Lorenzo Del Boca, e il segretario, Enzo Iacopino, parlando di “silenzio assordante”, era stato nel pomeriggio un duro comunicato dell’Associazione Stampa romana, schierata al fianco dei giornalisti additati come “mandanti”.
“Il vergognoso linciaggio che stanno subendo i colleghi di Repubblica, quelli de Il Fatto, Marco Travaglio e Michele Santoro – ha scritto il segretario, Paolo Butturini – non ha nulla a che vedere col sacrosanto diritto di replica che non è stato negato a nessuno. Una volta per tutte: se questi colleghi hanno violato delle leggi di questo paese, li si denunci alla magistratura. In caso contrario additare come ‘terrorista’ o ‘mandante morale della violenza’ colleghi che hanno un’unica colpa, fare il loro mestiere, equivale a stilare liste di proscrizione che riportano alla memoria tempi politicamente bui della nostra storia”.
Gli attacchi a Travaglio e alla stampa libera trovano un’eco anche oltre confine. “Si tratta di un’inqualificabile e antidemocratica campagna mediatica contro un collega e contro un presunto network che agirebbe in maniera precostituita e ideologica nei confronti del premier – tuona Paolo Serventi Longhi, membro della Federazione internazionale dei giornalisti – Noi giornalisti abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di informare e di esprimere libere opinioni, anche se non piacciono al premier”.
Gli attacchi a Travaglio e alla stampa libera trovano un’eco anche oltre confine. “Si tratta di un’inqualificabile e antidemocratica campagna mediatica contro un collega e contro un presunto network che agirebbe in maniera precostituita e ideologica nei confronti del premier – tuona Paolo Serventi Longhi, membro della Federazione internazionale dei giornalisti – Noi giornalisti abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di informare e di esprimere libere opinioni, anche se non piacciono al premier”.
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