venerdì 8 gennaio 2010

BERSANI SENZA UDC NON SA PROPRIO STARE


di Caterina Perniconi


Va’ dove ti porta l’Udc. Questo è il motto che guida il Partito democratico nella partita delle elezioni regionali che non è ancora chiusa.
I candidati si scelgono “con un filo logico che porti a rendere più competitivo il centrosinistra” ha detto ieri il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Ovvero: più siamo, contro Berlusconi, meglio stiamo. E il peso dell’Udc, forza parlamentare che dialoga a destra e sinistra, è più importante di quello espresso dalle minoranze.
Perciò se Pier Ferdinando Casini in Puglia preferisce Boccia a Vendola, sarà quello il candidato.
Mentre nel Lazio, dove l’Udc appoggerà Renata Polverini, “via libera anche ad un candidato non Pd”. E allora ecco che l’ipotesi Emma Bonino torna in campo come candidatura di tutta la coalizione e il partito si divide: perché i cattolici ritengono l’esponente radicale “anticlericale” e temono che una sua candidatura non allargherà il consenso, trasformando il confronto elettorale in uno scontro ideologico con inevitabili riflessi sulla dialettica interna al partito.
Del resto l’incapacità di esprimere un candidato democratico per il Lazio, regione perno dello scacchiere politico nazionale, ricalca le difficoltà che ha avuto anche Berlusconi nell’individuare un “fedelissimo”, sacrificando la poltrona ad un accordo che tenesse insieme sia Fini che Casini.
Emma Bonino non è però l’unico fronte caotico nel Pd. Il sacrificio di una vittoria in Puglia, ma anche solo delle primarie, in nome di un’alleanza moderata Pd-Udc fa tremare i polsi dei molti che non vogliono un legame esclusivo. Fino ad Arturo Parisi, che promuove la Bonino e scarica la colpa di questa situazione di stallo sulle scelte di Massimo D’Alema, invitandolo a confessare che per lui “le primarie, il maggioritario e la democrazia dei cittadini, sono tutte boiate”.
Il clima che si respira non è dei migliori e Pierluigi Bersani deve averlo registrato rientrando dalla sua vacanza americana. Infatti ci ha tenuto a precisare, a chi lo ha accusato di scarsa presenza, che ci devono prendere l’abitudine, perché “chi ha maggiori responsabilità non deve per forza partecipare alle chiacchiere quotidiane, perciò parlerò meno di altri e sarà così nel futuro”. Ma non sarà facile per lui, nell’era dell’informazione continua, convincere il partito che questa scelta sia giusta. E ieri anche il sindaco di Venezia non si è risparmiato un commento al vetriolo sul segretario definendo il partito “in una crisi drammatica di leadership e di strategia”. Critiche alle scelte di Bersani anche da Antonio Di Pietro, che si ritiene incapace di capire le lotte intestine che si consumano all’interno del Pd. Ufficializzata ieri, per esempio, la candidatura alle primarie in Umbria di Mauro Agostini (tesoriere Pd in quota Franceschini) contro la bersaniana Maria Rita Lorenzetti. Dal leader Idv è arrivato anche un ultimatum per Bersani, al quale Di Pietro ha comunicato di aver già pronte le sue liste e di non essere disposto a offrire altro tempo all’indecisione dei democratici.
Eppure in Puglia la situazione non si definirà prima di lunedì, giorno in cui è prevista l’assemblea regionale del Pd che, come ha ribadito anche Bersani, “è l’unico organo che può decidere”. Nichi Vendola ha definito “fallito” il mandato esplorativo affidato a Francesco Boccia di verificare una alleanza possibile che andasse da Casini a Vendola. Boccia a sua volta ha dichiarato pubblicamente di non volere le primarie che servirebbero a spaccare la coalizione e non a unirla. E’ bastata una frase di Roberto Ruocco, capogruppo del Pdl in Puglia, a spiegare la situazione: “Di fronte a quel che sta accadendo a sinistra, a noi verrebbe da ringraziare Sant’Antonio per la troppa grazia. Francamente non potevamo nemmeno immaginare che l’avversario contro il quale ci apprestavamo a combattere, con la credibilità di cinque anni di dura opposizione, ci si squagliasse dinanzi prim’ancora dell’inizio della battaglia”.

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