giovedì 21 gennaio 2010

De Magistris: “Ci si inchina ad Hammamet per genuflettersi verso Arcore”


di Luigi De Magistris


Il figlio politico di Nenni che diventa giovane segretario del Psi designato pro tempore, ma che poi ne guida le sorti per anni; l'anti-comunista viscerale che costruisce l'asse di governo con la Dc e incalza, cercando di isolarlo e sottrargli la guida della sinistra, il Pci di Berlinguer; il premier del "decisionismo" e dello scontro sindacale per abolire la scala mobile; il leader politico che difende, nel casus Sigonella, l'autonomia italiana dall'influenza soffocante a stelle e a strisce e che visita il Cile stroncato nel sogno di Allende; il socialista italiano che si confronta con la socialdemocrazia europea e ne subisce il fascino ma che non comprende a pieno la svolta epocale del '89.

Craxi è stato tutto questo, sicuramente, e tutto questo è ciò a cui si appellano i suoi tanti difensori a posteriori, gli stessi che non hanno esitato ad imboscarsi durante i momenti più difficili. Ma Craxi era una leader di partito, un leader nazionale di governo che ha finito la sua vita da latitante in Tunisia, con le spalle fiaccate dal peso delle condanne in contumacia per aver rimpinguato, attraverso le tangenti, le casse del partito e soprattutto le sue tasche personali, come dimostrano i conti svizzeri di cui disponevano amici prestanome (Raggio&co).

Tra tutti i volti del craxismo, domina incontrastato e ingiustificabile proprio quello di aver costruito un sistema che vede intrecciarsi denaro, politica, affari, edonismo. Sintesi dell'affarismo clientelare, dove la politica si fa permeabile ai soldi delle imprese e, in cambio di questi, cede appalti, ruoli, cariche anche pubbliche, conquistando il consenso elettorale e controllando il Paese. Un sistema che non tralascia l'edonismo, lo sfarzo, il piacere faraonico e opulento: la Milano da bere ha fatto scuola negli anni del craxismo rampante. Quanto di più distante dalla questione morale e dall'austerity a cui invitava il segretario, per lui nemico, Enrico Berlinguer.

Craxi è stato questo: il vertice di un sistema politico corrotto dove le tangenti venivano ipocritamente giustificate dalla necessità-ossessione di garantire autonomia e concorrenzialità al Psi rispetto alla Dc e al Pci. Ipocritamente perchè il denaro versato dalla classe imprenditoriale, in cambio di appalti e incarichi, transitava parzialmente nelle casse del partito, finendo in gran parte sui suoi conti svizzeri. E se anche fosse stato solo a servizio del Psi, comunque quel denaro non avrebbe avuto giustificazione morale. Si chiama infatti tangente, corruzione, disprezzo verso la cosa pubblica. Si chiama la colpa più grave di un politico, di un leader, di un uomo di governo, ed azzera tutto il resto.

E tutto il resto parla anche del legame con Berlusconi, favorito nella sua attività di imprenditore mediatico (legge Mammì ma anche, più semplicemente, il conto corrente All Iberian da cui transitarono oltre 21 miliardi girati da Fininvest) e considerato "spiritualmente" vicino. Oggi, non a caso, ci si inchina ad Hammamet per genuflettersi verso Arcore. Oggi, non a caso, ritornano nel berlusconismo in declino concetti, sostantivi, idee e stili di vita squisitamente craxiani: la magistratura politicizzata che cerca di delegittimare il potere, il presidenzialismo estremo a danni del Parlamento, la cultura cortigiana dello sfarzo gaudente del sovrano.

Quante analogie tra Hammamet ed Arcore. Riabilitare Craxi, tecnicamente un latitante che ha sfruttato la politica e il ruolo di uomo dello Stato per rimpinguare i suoi conti in Svizzera, significa giustificare il presente, senza capire il rischio che stiamo vivendo: quello di una democrazia minacciata e di una Costituzione a rischio da parte di un presidente del Consiglio allevato nel brodo primordiale di quel sistema chiamato craxismo che ha macchiato la storia del nostro Paese.

(19 gennaio 2010)

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