Un faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani come prova democratica per il paese. Ieri Sky Tg 24 ha rilanciato la sua proposta attraverso un seminario organizzato all’Università Cattolica di Milano, forse nel tentativo di strappare un sì al presidente del Consiglio, che non vuole proprio accettare l’invito ad un confronto con il leader del principale partito di opposizione.
Del resto Silvio Berlusconi non ama l’emittente di proprietà di Rupert Murdoch: Sky ormai è diventata il terzo incomodo tra Rai e Mediaset, e prima negli incassi. Gli uomini di Berlusconi hanno sferrato diversi attacchi contro il gruppo australiano, come l’aumento dell’Iva sulle pay-tv dal 10 al 20 per cento, il rifiuto di trasmettere le pubblicità di Sky su Mediaset (per di più in periodo natalizio), le autorizzazioni per Cielo, il canale free di Sky, arrivate con molto ritardo. Anche la Rai fa i dispetti (autolesionisti) e prepara la lenta sparizione dei suoi canali dalla piattaforma satellitare (ma Sky, grazie alla chiavetta digitale, li trasmetterà lo stesso, risparmiando oltretutto 7 milioni di euro l’anno che avrebbe pagato a viale Mazzini come compenso).
Ieri Emilio Carelli, direttore di Sky Tg 24, nell’introdurre i lavori del seminario ha parlato del faccia a faccia televisivo tra leader politici come di “una consuetudine di tutte le democrazie occidentali avanzate, che in Italia non si è ancora affermata come costume democratico, come diritto consolidato degli elettori”. Dello stesso avviso Ruggero Eugeni, professore di Semiotica dei media presso l’Università Cattolica, che ha ricordato come le difficoltà a organizzare incontri tra leader derivino dalla “incapacità a pensare il sistema dei media italiano in quanto guidato da regole condivise e da media policy”.
Più scettici i giornalisti presenti all’incontro, come Enrico Mentana, il fondatore del Tg5, che aveva condotto il primo faccia a faccia tra leader in campagna elettorale, quello tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto nel 1994. Secondo Mentana oggi “il faccia a faccia non è più giornalismo, perché la politica richiede troppi vincoli e troppe regole. Ai tempi del confronto tra Occhetto e Berlusconi la politica era debole e c’era molta più libertà, i candidati per esempio non conoscevano prima le domande”.
Anche per Aldo Grasso del Corriere della Sera il faccia a faccia “è uno strumento obsoleto, che ha fatto il suo tempo, eppure televisivamente continua a ottenere grandi ascolti, quasi che gli spettatori siano in attesa di quel colpo da ko che però non arriva mai”.
Del resto Silvio Berlusconi non ama l’emittente di proprietà di Rupert Murdoch: Sky ormai è diventata il terzo incomodo tra Rai e Mediaset, e prima negli incassi. Gli uomini di Berlusconi hanno sferrato diversi attacchi contro il gruppo australiano, come l’aumento dell’Iva sulle pay-tv dal 10 al 20 per cento, il rifiuto di trasmettere le pubblicità di Sky su Mediaset (per di più in periodo natalizio), le autorizzazioni per Cielo, il canale free di Sky, arrivate con molto ritardo. Anche la Rai fa i dispetti (autolesionisti) e prepara la lenta sparizione dei suoi canali dalla piattaforma satellitare (ma Sky, grazie alla chiavetta digitale, li trasmetterà lo stesso, risparmiando oltretutto 7 milioni di euro l’anno che avrebbe pagato a viale Mazzini come compenso).
Ieri Emilio Carelli, direttore di Sky Tg 24, nell’introdurre i lavori del seminario ha parlato del faccia a faccia televisivo tra leader politici come di “una consuetudine di tutte le democrazie occidentali avanzate, che in Italia non si è ancora affermata come costume democratico, come diritto consolidato degli elettori”. Dello stesso avviso Ruggero Eugeni, professore di Semiotica dei media presso l’Università Cattolica, che ha ricordato come le difficoltà a organizzare incontri tra leader derivino dalla “incapacità a pensare il sistema dei media italiano in quanto guidato da regole condivise e da media policy”.
Più scettici i giornalisti presenti all’incontro, come Enrico Mentana, il fondatore del Tg5, che aveva condotto il primo faccia a faccia tra leader in campagna elettorale, quello tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto nel 1994. Secondo Mentana oggi “il faccia a faccia non è più giornalismo, perché la politica richiede troppi vincoli e troppe regole. Ai tempi del confronto tra Occhetto e Berlusconi la politica era debole e c’era molta più libertà, i candidati per esempio non conoscevano prima le domande”.
Anche per Aldo Grasso del Corriere della Sera il faccia a faccia “è uno strumento obsoleto, che ha fatto il suo tempo, eppure televisivamente continua a ottenere grandi ascolti, quasi che gli spettatori siano in attesa di quel colpo da ko che però non arriva mai”.
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