mercoledì 13 gennaio 2010

Tutti i trucchi dell’inflazione zero


ANCHE I REDDITI FISSI, POCO COLPITI DALLA CRISI, CONTINUANO A PERDERE POTERE D’ACQUISTO
di Giovanni Pasimeni


Dietro a un costo della vita basso come quello accertato dall’Istat per il 2009 – non si vedeva da cinquant’anni: 0,8 per cento – si cela una riduzione del potere d’acquisto e del reddito per milioni di famiglie. Questa recessione ha colpito gli italiani in modo eterogeneo: chi ha perso il lavoro ha avuto un tracollo del reddito e ha dovuto adattare il proprio stile di vita di conseguenza; i redditi fissi, invece, hanno beneficiato di prezzi bassi, guadagnando addirittura potere d’acquisto, un’occasione preziosa per recuperare gli effetti mai smaltiti dell’introduzione dell’euro.
Dal 2001 a oggi, centinaia di prodotti – i conti li ha fatti ieri Milano Finanzahanno subito enormi rincari: dal 5 per cento (250 grammi di burro, rincaro più basso) al 290 per cento (cono gelato, massimo rialzo).
Almeno questa è la teoria. Nella pratica si osserva che nonostante l’inflazione a zero il potere d’acquisto delle famiglie italiane ha continuato a ridursi, come ha certificato l’Istat: nel periodo ottobre 2008-settembre 2009 il reddito disponibile in termini reali è diminuito dell’1,6 per cento rispetto a un anno prima.
Come si spiega questo mistero, prezzi bassi e potere d’acquisto in calo?
La risposta si trova guardando quelli che sono gli unici prezzi a salire in tempo di recessione.
Per esempio tariffe e pedaggi: le Ferrovie dello Stato a dicembre hanno rivisto al rialzo i prezzi dei biglietti, con punte del 20 per cento. Nel 2010 Autostrade per l’Italia ha aumentato i pedaggi del 2,4 per cento. E questi sono aumenti che colpiscono tutti e che contribuiscono a innescarne altri: “In un paese dove l’80 per cento dei trasporti avviene su gomma – dice la Coldiretti – l’aumento dei pedaggi pesa sui costi della logistica che incidono per quasi un terzo sui prezzi di frutta e verdura”. Da marzo anche gli scali aeroportuali potranno applicare rincari compresi fra uno e tre euro, in base al volume degli investimenti e al numero di passeggeri di ogni scalo.
Ma non finisce qui. Dopo un anno di ribassi (-185 euro nel 2009), sono salite le tariffe del gas (26 euro in più all’anno), aumento contrastato solo in parte da bollette della luce più leggere (-2,2 per cento). Si è adeguato il canone Rai: 1,5 euro in più rispetto al 2009. L’assicurazione auto obbligatoria (Rca) a ogni famiglia in media costerà 130 euro in più; il ricorso al giudice di pace 55 euro; la bolletta dell’acqua 18 euro; la Tarsu (Tassa sui rifiuti solidi urbani) 35 euro; i servizi bancari 30 euro e le rate dei mutui per l’aumento dello spread applicato dalle banche 80 euro, annullando, o quasi, il beneficio di bassi tassi d'interesse a livello europeo. Poi c’è la benzina: nel 2010 costerà almeno 96 euro in più. Secondo Adusbef e Federconsumatori, il totale dei rincari è di “660 euro annui”.
Gli aumenti non dipendono dall’andamento della domanda ma da decisioni quasi sempre di tipo amministrativo, come le tasse, o da rigide condizioni di mercato (come la Rca) o da quello del credito.
Il parametro per calcolare le rate dei mutui a tasso variabile, l’Euribor, è ai minimi storici, ma i benefici si avvertono poco perché le banche rincarano altri servizi.
Il Codacons ha presentato al Tribunale di Roma e di Torino una class action contro UniCredit e Intesa Sanpaolo dopo le rilevazioni dell’Antitrust secondo cui le banche avrebbero compensato l’eliminazione della commissione di massimo scoperto sui conti correnti con nuove e più costose commissioni, anche di 15 volte più care.
Conseguenza: chi ha un reddito fisso non riuscirà a sostenere l’economia approfittando dei prezzi bassi, perché il suo “bonus da inflazione zero” finisce nella Tarsu e nel canone Rai, mentre chi avrebbe bisogno di un po’ di respiro riceve il colpo finale. Secondo Federconsumatori e Adusbef, “ogni famiglia sarà colpita nel suo potere d’acquisto per mancati introiti dovuti a cassa integrazione guadagni e disoccupazione di 565 euro”. Che sommati ai 660 di rincari significa, a spanne, 1.000 euro in meno all’anno. E se riparte l’inflazione sarà molto peggio.

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