sabato 30 gennaio 2010

UN SIGNORE D'ALTRI TEMPI


Qualche tempo fa sono venuto in contatto sul blog “TOGLIETEVI LE SCARPE” con un blogger col quale ho iniziato a dialogare, sia pure con qualche incertezza iniziale, in modo molto significativo.
Il blogger si chiama Alessandro Bruschi e rivendicava, orgogliosamente e, dopo aver letto, a buon diritto un padre che aveva mostrato lungo tutta la sua vita una dirittura morale oggi impensabile.
La persona di cui voglio scrivere si chiama Giovanni Bruschi, è venuto meno all’affetto dei suoi familiari il 4 dicembre 2008, aveva 76 anni.
Il quotidiano IL TIRRENO dava la notizia con questo articolo:
“Era difficile essere livornesi e non conoscere Giovanni Bruschi. I più anziani lo avranno incrociato durante gli anni della sua attività politica e sindacale, i più giovani hanno avuto modo di incontrarlo nel periodo in cui è stato presidente provinciale dell’Avis e, ancora più recentemente, impegnato nel Cesvot, il Centro servizi del volontariato, un mondo che i giovani in città frequentano con sempre maggiore passione. Giovanni Bruschi è morto ieri pomeriggio, fulminato da un infarto. Aveva compiuto 76 anni, molti dei quali spesi per i diritti dei cittadini. Pensionato, ex dipendente dell’Enel, attivo nel sindacato, la Cgil di categoria, era un fiero militante del Partito comunista, eletto più volte nel Comitato federale. Dette vita, da segretario della sezione «Centro» del Pci, al Centro culturale Marrazzo e all’associazione Alice. In quegli anni, vi fu anche l’esperienza di «Radio Alice», emittente radiofonica locale legata al Pci. Sciolto il Partito comunista, Giovanni decise di aderire a Rifondazione comunista. Fra i fondatori del partito, assai legato alla figura di Edda Fagni, Bruschi ottenne, per il prestigio di cui godeva e la rettitudine cristallina che lo contraddistingueva, l’incarico di tesoriere di una forza politica che stava nascendo, in mezzo a mille difficoltà, anche e soprattutto di carattere economico. La sua attenzione al mondo del volontariato non è cosa recente. Negli anni ’90 è stato presidente provinciale dell’Avis, l’associazione dei donatori di sangue, alla quale ha dedicato grande impegno. I funerali di Giovanni Bruschi, curati dal servizio funebre della Svs, si svolgeranno oggi, alle 16, partendo dalla sua abitazione di via dei Lanzi. La salma sarà portata al cimitero dei Lupi dove sarà tenuta una breve cerimonia nella sala del commiato, prima della cremazione.”
Lo stesso quotidiano il giorno 5.12.2008 dedicava un secondo servizio dedicato a Giovanni Bruschi, che titolava “L'addio a Bruschi, signore d'altri tempi”, proseguendo:
“Prima la figlia Antonella, poi Pardo Fornaciari, quindi il segretario di Rifondazione Alessandro Trotta, il presidente dell’Avis Giovanni Belfiore e la vicepresidente della Provincia Laura Bandini. Cinque interventi, tutti commossi e davvero sentiti, per salutare Giovanni Bruschi, militante comunista e uomo impegnato nel volontariato. Troppo piccola la sala del commiato della Cremazione, al cimitero dei Lupi, per contenere tutti quelli che avrebbero voluto ascoltare le parole pronunciate. «Vedere qui tutte queste persone - ha detto Antonella Bruschi, la figlia di Giovanni - mi fa capire che a mio padre hanno voluto bene in tanti. E di questo ringrazio tutti». Commossi anche tutti gli altri: da Pardo Fornaciari, che ha voluto sottolineare come Bruschi sia stato «un esempio di uomo che non ha mai approfittato personalmente degli incarichi che ha avuto», ad Alessandro Trotta, a Laura Bandini, che alla veste istituzionale ha saputo unire una carica di umanità sempre meno diffusa. Giovanni Belfiore, presidente dell’Avis, oltre a intervenire al cimitero ha anche scritto una appassionata riflessione sulla figura di Giovanni Bruschi, nella quale ha messo in luce alcuni aspetti fondamentali del legame fra l’uomo e l’associazione che raggruppa i donatori del sangue. «Giovanni - ricorda Belfiore - prediligeva sempre il rapporto con i giovani con i quali riusciva ad instaurare un feeling particolare grazie alle sue idee sempre innovative, credo che resterà nella storia il gruppo giovani presente in associazione durante la sua presidenza con la pietra miliare della crociera in Corsica per un gemellaggio con i donatori corsi. Negli ultimi tempi, nonostante gli acciacchi, Giovanni continuava ad essere presente ogni volta che ritenevamo utile un suo parere o consiglio e ci seguiva come responsabile locale del Cesvot con continui suggerimenti per migliorare le nostre attività. Insomma, non si è mai risparmiato sino all’ultimo». Insieme ai gonfaloni dell’Avis, il volontariato livornese era presente con delegazioni dell’Arci e di altre associazioni. C’erano i consiglieri comunali Otello Chelli e Rosalba Volpi, c’erano medici del centro trasfusionale dell’ospedale, c’erano vecchi lavoratori dell’Enel e tante persone, semplici e normali, che hanno conosciuto Bruschi sulla frontiera che nella sua vita ha frequentato più spesso, quella della lot
ta per i diritti di tutti.”.
Sono stato in Toscana, per ragioni del mio lavoro, dal 1967 al 1981, conosco la gente toscana e riconosco un “signore d’altri tempi”, persone ahimè delle quali si è credo totalmente persa la specie.
Tanto per chiarirci, mio nonno paterno, mio omonimo, per non volersi piegare al fascismo rifiutandosi ostinatamente di iscriversi al partito fascista, fu messo in pensione d’autorità, una misera pensione, ma alla caduta del fascismo fu il primo sindaco repubblicano del paesello dov’era nato. Continuando, mio suocero, anch’egli fiero antifascista, per lo stesso motivo fu cacciato via, nella più totale indigenza. Con l’avvento della Repubblica italiana ebbe lavoro e stima fino alla morte.
Ecco perché io so cosa vuol dire “signore d’altri tempi”.
Trascorso un anno esatto dalla morte del padre, il figlio Alessandro scrisse un articolo sulla figura di suo padre, che merita di essere letto, per cui lo riporto fedelmente, senza ulteriori commenti.
“Signori di altri tempi nella società moderna
di Alessandro Bruschi, giovedì 3 dicembre 2009
Il 5 dicembre del 2008 il giornale Il Tirreno, nella cronaca locale, titolava così l’articolo sulla morte di mio padre: "signore di altri tempi".
Sulle prime il titolo mi lasciò un po’ perplesso, rimandandomi a pensieri su persone bacchettone e moraliste, ma in realtà il tono del pezzo era diverso, come quello del giorno prima.
La storia di mio padre in sintesi ripercorre il cammino di un uomo di sinistra, influenzato in gioventù dallo zio, (persona colta, sensibile, intelligente, ufficiale dell’esercito italiano di stanza in Jugoslavia, dopo l’8 settembre ‘43 si era unito ai partigiani di Tito, fu ucciso in combattimento da una pattuglia delle ss), che dopo aver vissuto sulla sua pelle di "balilla" i disastri del fascismo,si era iscritto giovanissimo al partito comunista.
A quei tempi, per iscriversi a quel partito, era necessario essere presentati da un iscritto più anziano che garantisse per il rigore morale integerrimo del nuovo candidato.
Eletto più volte nel comitato federale, associò all’impegno politico quello sindacale, arrivando negli anni’70, ai vertici regionali della cgil di categoria.
Quello però che, secondo me, ha reso straordinaria la sua esperienza, è stato il totale rifiuto del compromesso politico, della logica del nepotismo e delle raccomandazioni,del raggiungimento di fini personali approfittando della posizione. Questo approccio onesto alla politica, al sindacato, alla cosa pubblica in genere, se all’inizio lo fece prevalere, a lungo andare lo rese figura "scomoda" agli apparati.
Mi ricordo ancora i suoi scontri con la federazione del partito a causa della sua apertura, nella sezione centro del PCI della quale era segretario, ad una radio libera gestita da giovani non iscritti, a seminari su energia e ambiente molto partecipati da cittadini ed esperti del settore, ma sgraditi appunto ai vertici perché ritenuti contrastanti con le linee del partito.
Ricordo i turni festivi di lavoro saltati volontariamente, per recuperare i giorni di permesso sindacale che lo impegnavano fuori città, evitando i “privilegi” che il suo incarico gli avrebbe permesso.
In prima persona posso ricordarmi, per esempio, dei miei primi lunghi periodi da disoccupato, quando per uno nella sua posizione, seguendo le sgradevoli logiche dell’italietta, sarebbe bastata una telefonata per trovarmi un lavoro.
E infatti, anche nei primi anni ‘80, non lo capivo. Non capivo la sua ostinazione a non adeguarsi, come la maggioranza della società, al "cambiamento dei tempi", al rifiutare il consumismo dilagante, il modernismo rampante della società dell’immagine, dell’impoverimento culturale nei media, nella televisione. I suoi tentativi di far ripudiare ad un adolescente quale ero, i vestiti alla moda, il motorino di marca, i primi programmi televisivi dell’era berlusconiana, erano per me patetici, erano il segno che i suoi valori erano "vecchi" e non sarebbero più stati utili per noi giovani. Non capivo che il suo fine non era tanto rifiutare quelle cose in quanto tali, ma le idee, i concetti che rappresentavano, parte di quel declino culturale che avuto l’epilogo nell’egemonia del pensiero unico che viviamo oggi. Poi l’ho capito.
Nemmeno il suo partito, il suo sindacato corrispondevano più a lui, che incarnava la parte della sinistra "radicale", operaista, poco incline ai compromessi del periodo "migliorista". Infatti sul finire degli anni ‘80, arrivato alla pensione, lasciò il sindacato e, sciolto il PCI, aderì con entusiasmo a Rifondazione comunista. Anche qui a Livorno la mia città, ri-nasceva 70 anni dopo da una scissione, tra mille difficoltà, un nuovo partito comunista e mio padre a 60 anni suonati raccoglieva la sfida di ripartire da zero. Ancora una volta, negli organismi dirigenti e come tesoriere data la sua "rettitudine cristallina".
Questi aggettivi, benché appropriati, se scollegati dal contesto della persona davano un immagine di lui come un moralista, invece della persona curiosa e aperta verso ogni differenza quale era.
Il suo rapportarsi strettamente più con le nuove generazioni che con i coetanei, fece sì che il suo impegno nel volontariato si traducesse in 2 mandati consecutivi alla presidenza provinciale dell’AVIS donatori sangue e del CESVOT poi. Il centro servizi volontariato gestisce i finanziamenti da destinare a progetti validi di attività di formazione e volontariato appunto, per cui, è inevitabile che il rigore morale di chi lo presiede sia ineccepibile.
Ma gli impegni personali in politica e nel volontariato non avevano contrastato in lui la consapevolezza della deriva culturale e morale del nostro paese. Negli ultimi tempi della sua vita avvertivo in lui la somatizzazione in dolore fisico del dilagare dell’indifferenza, dell’individualismo, dell’egoismo, dell’ignoranza della società italiana.
Lo vedevo soffrire nel prendere coscienza della sconfitta delle battaglie faticose e dolorose di una vita i cui risultati, in fondo, si erano vanificati e involuti nel giro di pochi anni. La curva del bilancio di conquiste dei diritti civili, sul lavoro, della partecipazione politica e sociale delle persone che aveva raggiunto l’apice negli anni 70, volgeva ora inevitabilmente al basso, in negativo. Ogni notizia di questo riflusso involutivo la sentiva personalmente sulla sua pelle, come un peso in più da portare.
Ma la consapevolezza che "un altro mondo era possibile" non lo faceva arrendere completamente e la partecipazione ad eventi tipo Genova 2001 erano ricariche al suo entusiasmo.
A 75 anni lo sentivo discutere con i coetanei in privato e in pubblico di apertura mentale verso le differenze,gli omosessuali,i migranti,i rom,di vera uguaglianza con le donne;di un altro metodo di sviluppo che non presupponesse produrre sempre di più per consumare sempre di più;di ricercare una nuova politica coerente e onesta meno di apparato e più vicina ai giovani,alla gente.
Parole che si infrangevano su mentalità ristrette dal qualunquismo, maschilismo, ignoranza, razzismo, di menti rincoglionite dalla televisione.
D’altronde si sentiva sempre più spinto al di fuori del sentire e del vivere comune, quasi un estraneo, con le sue centinaia di libri, con i suoi 2 o 3 quotidiani al giorno e internet, ai quali, la maggioranza della sua generazione, contrapponevano tanta televisione e partitine a carte al barrino.
Era quasi strano, quest’uomo che in tutta la vita aveva fatto quello che aveva pensato e detto di fare, che aveva mantenuto inalterati i suoi valori, non plasmandoli per adattarli di volta in volta agli eventi.
Per questo era inorridito da una cosa su tutte: l’indifferenza. Era come il nuovo sinonimo del "fascismo", dilagato indifferentemente in tutti i ceti sociali, a destra e a sinistra, come un virus.
Tornò sconvolto dalla commemorazione dei 4 bambini rom morti carbonizzati nella loro roulotte per un incidente, nella periferia della nostra città.
I commenti che aveva sentito da alcuni dei presenti (ma perché non se ne tornano a casa loro… tanto da grandi avrebbero rubato sicuramente…) lo avevano nauseato e ancora una volta, reso consapevole di una società sempre più rozza e ignorante, della quale non si sentiva più parte.
Con tutti i suoi limiti e difetti, di uomo "normale" non di eroe, tutti i suoi errori e debolezze e i dovuti paragoni, quanto dista questa figura da molte di quelle politiche e pubbliche attuali.
Che distanze siderali dalla "normalità" sentiamo oggi nella malafede e nel servilismo verso il potere o il potente nei loro discorsi nauseanti.
E’ ancora possibile in questo paese per un uomo "normale", sentirsi parte integrante di una società e poter avere incarichi relativamente di rilievo senza dover per forza, nel migliore dei casi, rimestare nel fango, non avere scrupoli, schiacciare tutto e tutti per i propri interessi.
La cronaca recente ha evidenziato, se mai ce ne fosse bisogno, che il degrado e l’aggettivo più democratico del nostro paese, delle nostre classi dirigenti, è bipartisan, ben spalmato ovunque.
Come ovunque sono le chiacchiere sulle questioni morali, che nessuno ha veramente volontà di affrontare, nemmeno il popolo italiano che volentieri assume con ammirazione, i comportamenti ignobili di chi sta ai vertici.
Mi manca, mio padre, mi mancano i suoi punti di vista, i suoi commenti, la sua esperienza, dalla quale partivo e mi rapportavo per cercare di comprendere meglio le cose.
Pensieri che non necessariamente condividevo ma che tenevo ben in evidenza perché sicuro che erano frutto di un ragionamento obbiettivo e coerente e non il risultato di opportunismi e faziosità nascoste.
Mi manca, ma non solo inevitabilmente per l’affetto di figlio, ma per l’esempio che mi trovavo sempre accanto che ho condiviso con tanti, ma sfruttato troppo poco.
L’esempio che incarichi pubblici e rigore morale possono stare nella stessa persona.
Che coerenza,onestà e obbiettività non sono un optional ma valori da tenere sempre in primo piano.
Che si può continuare a lottare anche dopo la sconfitta dell’impegno e del sogno di una vita.
Un esempio che paradossalmente risultava a volte troppo ingombrante anche per me.
La figura di un uomo "normale" e proprio per questo oggi, straordinaria.
Alessandro Bruschi su

5 commenti:

Francy274 ha detto...

"E’ ancora possibile in questo paese per un uomo "normale", sentirsi parte integrante di una società" .. no, non è più possibile, questo perchè i giovani sono stati scaltramente allontanati da simili esempi. La parte migliore dell'Italia è stata messa in un angolo e sono pochi coloro che se ne avvedono.
Bel post, simili persone non dovrebbero morire mai.

Bob Bulgarelli ha detto...

Io sono convinto che simili persone non moriranno mai se le ricordiamo con passione, e sono anche convinto che ce ne siano, che vadano protette, e che ne nascano, e che vadano tutelate dalla corruzione che questo sistema attuale, molto ben congegnato, vuole applicare su di... Noi! Questa lettera mi riempie di speranza. Ed è questa speranza il cibo che serva alla mia anima per andare avanti ogni giorno. Nessun berlusconi di turno me la leverà!
Un abbraccio con lacrimuccia di commozione_
Roby

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Alessandro sarà contento per questo tuo commento. Io concordo con te.

jesup ha detto...

Sottoscrivo, decisamente.Ringrazio dei commenti e del post di Luigi che mi ha onorato e commosso.Spero con tutto me stesso di essere in grado di trasmettere,anche solo in parte,a chi mi sta intorno e alle nuove generazioni,quei valori,nei quali noi ancora crediamo con ostinazione.
Alessandro Bruschi

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Non devi Alessandro ringraziare ma il tuo babbo, per la persona splendida che è stata. Quanto a te, ci riuscirai, di certo.