CORRUZIONE, INDAGATO COORDINATORE PDL
“GIANNI LETTA HA PORTATO TUTTO A GUIDO”
di Peter Gomez
Pur di restare sulla poltrona chiave di presidente del Credito Cooperativo Fiorentino, nell’aprile del 2008 ha rinunciato un posto di ministro. Tutti lo volevano all’Ambiente, ma lui, Denis Verdini da Fivizzano (come Sandro Bondi), classe 1951 e coordinatore nazionale del Pdl, sapeva bene che con un dicastero del genere in mano, sarebbe stato costretto a rinunciare alla sua vera passione: gli affari. E così eccolo qua il Verdini, come lo chiamano a Firenze, mentre in centinaia di telefonate, intercettate per caso dal Ros dei Carabinieri, organizza incontri imprenditori, parlamentari e ministri, utilizza la sede del partito di via dell’Umiltà a Roma per parlare di appalti e di soldi, e si spinge persino fino a Palazzo Chigi, dove il 12 maggio del 2009, fa entrare l’uomo che più di tutti ha nel cuore: Riccardo Fusi, patron della Baldassini Tognozzi Pontello, mega impresa toscana delle costruzioni, in quel momento interessata a entrare nel business della ricostruzione post terremoto a L’Aquila. E visto che un abruzzese nel governo c’è, e si chiama addirittura Gianni Letta, i carabinieri intercettano Fusi mentre spiega di star facendo anticamera davanti alla porta del potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio. L’incontro, che spiega bene perchè Letta si sia precipitato ad affossare la Protezione Civile Spa, è come minimo un monumento al conflitto d’interessi. Il fratello di Verdini, Ettore, è da sempre il commercialista di fiducia di Fusi. Sul finire degli anni ‘80, anzi, il professionista e il patron della Baldassini sono pure finiti in manette assieme, per una storiaccia di tangenti legata al piano casa fiorentino. Ma poi la giustizia ha fatto il suo corso. E loro come tutti gli imputati, sono stati assolti. Anche per questo il legame tra le due famiglie, quella dei Fusi e quella dei Verdini, ha finito per rafforzarsi. Tanto che ora gli investigatori considerano il coordinatore del Pdl come una sorta di socio di fatto dell’impresa. E non è una bella cosa. Perchè Fusi è indagato per associazione per delinquere con l’aggravante mafiosa. Mentre Verdini deve rispondere di concorso in corruzione, un’accusa che ieri lo ha spinto a restare per due ore in procura assieme al suo avvocato. In ogni caso quel 12 maggio Fusi è, invece, negli uffici della presidenza del Consiglio. Con lui ci sono il direttore della cassa di Risparmio de L’Aquila e altri due imprenditori abruzzesi con i quali, tre giorni dopo, il 15 maggio darà vita al consorzio “Federico Secondo”. Scopo dell’associazione: aggiudicarsi gli appalti della ricostruzione. Cosa che puntualmente avviene. Fusi per telefono è al settimo cielo. “Oggi ho fatto un lavoro straordinario”, esulta, “da stamani ad ora... se non ne va in porto nemmeno una allora vuol dire che che deve essere destinata. Anche quello che s'è visto ieri (riferimento all’on. Denis Verdini, ndr) oggi ... se facesse sempre come oggi … si sarebbe i primi in classifica ... (…) … operativi più che così non c'è verso”. Dieci giorni dopo, il 26 maggio, Verdini e Fusi fanno il punto della situazione: “Buongiorno”, gli dice il coordinatore Pdl, “Allora ho parlato con Gianni (Letta, ndr) che ha portato tutto a Bertolaso”. Poi però consiglia all’amico (e forse socio) di chiedere anche ai suoi compagni di cordata imprenditori abruzzesi di “sollecitare” pure un faccia a faccia con il capo della Protezione Civile: “(Letta ndr) mi ha detto... gli ho portato tutto... sta comandando... vedrai... ti chiama... però... insomma... te sollecita poi semmai intervengo io... l'incontro dovrebbe avvenire con lui”. E che per Fusi, Verdini sia disposto a fare di tutto, lo dimostrano pure altre chiacchierate. Fusi parla infatti con il governatore abruzzese (Pdl) Gianni Chiodi, in altre occasioni (non legate al terremoto) arriva ad incontrare forse, assieme ad altri imprenditori, addirittura il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Quindi si copre a sinistra. La Baldassini Tognozzi Pontello lavora da sempre in Toscana. Per questo il 16 luglio il presidente del consiglio regionale, Riccardo Nencini, lo chiama per comunicargli di essere stato all’Aquila e di aver “parlato bene di lui”. Intanto dall’Abruzzo arrivano gli sms esultanti dei dipendenti della Baldassini. Roba del tipo: “Abbiamo vinto un appalto da 7,5 milioni di euro”, e via dicendo. Dell’ottimo rapporto Fusi-Verdini, hanno piena contezza pure i famigliari del politico. Più volte i figli di Verdini chiamano Fusi per farsi prenotare e pagare camere di alberghi, per loro e i loro amici, a Milano, a Venezia e in Versilia. Anche all’ultimo momento. Anche cinque persone per volta. Il legame è insomma fortissimo e diventa imbarazzante visto che con Fusi, lavora in associazione d’impresa in altri appalti con Francesco Piscitelli, uno dei due imprenditori che la notte del sisma già esultavano al pensiero di quali appalti si sarebbero aggiudicati. Del resto, quello che ruota intorno a Verdini, è un sistema. E lo si capisce quando di scopre che lui fa da fulcro per una serie di parlamentari azzurri, ciascuno dei quali è o il riferimento di un’azienda o addirittura il proprietario. Per questo la politica, letta attraverso i rapporti di carabinieri, diventa solo un gigantesco comitato di affari. Con l’europarlamentare Vito Bonsignore che chiama per costruire strade e autostrade. Con il deputato Rocco Gilardo, ufficialmente Editore del Corriere dell’Umbria e di altre testate locali, che si occupa di forniture di calcestruzzo per conto della Barbetti spa. Con Massimo Parisi che discute di business a più non posso. E poi ancora ecco gli interventi di Guido Viceconte e Mario Pepe. Tutti piazzati su un’enorme ragnatela che se anche fosse penalmente irrilevante, spiega bene come mai la spesa per le opere pubbliche in Italia è ormai fuori controllo. Chi dovrebbe tentare di ridurla, partecipa al banchetto.
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