
“Bersani? Un oratore imbarazzante. Veltroni? Un parlatore rotondo? D’Alema? Un dialettico. Franceschini? Un ottimo titolista”. Eccoli, i leader del Pd, passati e presenti, visti dalla prospettiva del linguaggio. Le definizioni – fulminanti – sono di Raffaele Simone, uno dei maggiori studiosi europei di linguistica e filosofia del linguaggio e della cultura, professore all’Università Roma Tre, autore, tra le altre cose, di saggi a metà tra la linguistica e la politica, come Il paese del pressappoco. Illazioni sull’Italia che non va (Garzanti) e Il mostro mite. Perché l’occidente non va a sinistra, (Garzanti). A poco più di tre mesi dall’elezione di Pier Luigi Bersani a segretario del Pd, mentre abbondano le analisi e gli editoriali sulla sua leadership, abbiamo chiesto a Simone un parere sulle sue capacità oratorie.
Ha seguito i primi mesi di Bersani da leader del Pd?
Sì, l’ho seguito con crescente rammarico e imbarazzo.
Perché?
Tralascio le doti politiche. Ma quest’uomo ha un eloquio scoraggiante, primo perché ha una pronuncia molto locale, che può mettere a disagio chi non è delle sue parti. Poi, ha un’oratoria ellittica, fondata su impressioni idiomatiche. È anche piuttosto destrutturato. La sua capacità di aggregare pensieri e proposte è molto scarsa. Inoltre, l’abilità di dare “didascalie ” efficaci agli eventi in corso, soprattutto in funzione di opposizione, mi pare bassissima. Questa capacità invece era molto forte in Franceschini, che come titolista era piuttosto bravo. Al più alto livello ce l’ha Di Pietro: è questo uno dei motivi del suo successo, l’abilità di condensare il succo e il tenore di ciò che sta accadendo.
Quanto è importante l’oratoria in politica?
È molto importante sin dai tempi antichi, è diventata importantissima all’epoca dei media. Conta molto di più ciò che si dice di ciò che si cerca di fare. Anche la capacità di costruire un tormentone in formule, in un motto è fondamentale. E il più bravo è sempre “lui”, quello che non voglio nominare.
Ma intende Berlusconi? E perché non lo nomina?
È una gag.
Se dovessimo fare una classifica delle capacità oratorie dei leader politici, quali sarebbero i più bravi?
La storia va divisa in due fasi. Prima dell’esplosione mediatica e dopo. Nella prima fase il più bravo, il più potente, il più efficace era Umberto Terracini, nella fase intermedia il migliore era Craxi, nel quale diversi studiosi avevano riconosciuto tratti dell’oratoria mussoliniana (Mussolini, tra l’altro, era un grande oratore). Oggi il più bravo è lui.
Qualche definizione dei leader politici come oratori?
D’Alema non è un grande oratore, ma un dialettico, un fustigatore oratorio. Veltroni non c’è come oratore, è un parlatore rotondo con frequenti appelli ai buoni sentimenti e una gesticolazione a due mani. Non è un trascinatore. Ha ripreso due formule tristi, “I care” e “Yes we can”, che non hanno portato a una linea politica. Alla gente servono formule adatte alla percezione di massa. Franceschini è un buon autore di didascalie, Di Pietro, ottimo. Fini “non existat” come oratore politico. Il più bravo globalmente è sempre “lui.
Perché secondo lei l’eloquio di Bersani è così debole?
Dal punto di vista personale non ha l’attrezzatura psico-atletica per la figura che ricopre, dal punto di vista politico l’elaborazione complessiva è ancora largamente inadeguata al compito.
La persona sbagliata per il posto che ricopre?
Per la verità, il punto è anche: esiste una persona giusta da mettere in quel posto? Temo di no. Come esiste la fioritura dell’arte olandese, che poi tramonta e la scienza francese, che finisce, io credo ci sia stato l’indebolimento di un ceto dirigente che va avanti da generazioni.
Quali devono essere le caratteristiche del linguaggio di un leader politico?
Dipende dai destinatari. Se si rivolge ai suoi elettori, deve avere una presa immediata. E adeguarsi al gruppo che ha di fronte. Deve avere capacità di percepire il pubblico e flessibilità. Abilità nel fare didascalie e nel concentrare in formule poderose e di effetto immediato il suo pensiero. Essere in grado di rispondere all’avversario in maniera dialettica, con ironia, e argomentando. Tutto ciò deve essere accompagnato da un linguaggio fluido, immediato, veloce.


5 commenti:
Purtroppo - e ti assicuro che me ne dispice - il sig. Simone ha ragione anche secondo me.
Ora no ricordo bene le parole(vista anche l'ora) ma ad annozero di giovedì scorso (28/01) ha detto della cose, a mio avviso, incomprensibili.
Rimane purtroppo il fatto che siamo preda di un "omunculus" che sa parlare alle folle con disgusto di chi, come a noi, tocca subire la politica scellerata che si va delineando.
Non so se ho coniugato bene_
Buona notte.
Roby
Sei stato chiarissimo!
mah!
Bersani?
mah!
Mi chiedo come mai, i politici, dal politichese siano passati al nullese.
Ma possibile che noi, in due parole, riusciamo ad esprimere tre concetti, e invece loro (a parte Di Pietro e pochi altri) parlano delle ore per dire nulla?
Che forse non hanno niente da dire, oppure non "possono" dire niente, oppure non "devono" dire niente?
NON HANNO NIENTE DA DIRE E NON LO SANNO NEMMENO DIRE!
PARLO DEL PD!
In effetti Il prof. Simone, ha perfettamente ragione...
Intelletuale lucido e attento ai cambiamenti contemporanei. il problema è che i politici italiani completamente autoreferenziali, non si guardano mai "allo specchio" !!!
Posta un commento