di Lorenza Carlassare
L’art. 21 della Costituzione inizia con questa solenne proclamazione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. La libertà di manifestazione del pensiero, definita dalla Corte costituzionale “pietra angolare“ del sistema democratico, è garantita: a) come diritto di esprimersi liberamente; b) di utilizzare ogni mezzo per diffondere il pensiero e tentare di convincere gli altri. La libertà dello spirito umano, che spazia in ogni campo, storicamente rivendicata come libertà religiosa, è tutelata dall’art. 19 “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in forma individuale o associata, di farne propaganda, di esercitarne in privato o in pubblico il culto”. Spazzati via limiti, censure, interventi preventivi imposti dal fascismo, l’unico limite menzionato in entrambi gli articoli è il buon costume. Limiti impliciti possono giustificarsi unicamente con la tutela di diritti e beni costituzionalmente protetti: regolare funzionamento della giustizia, sicurezza dello Stato, dignità e onore (legittimi i reati di ingiuria e diffamazione), “riservatezza” (meno tutelate le persone note o che esercitano funzioni pubbliche). Non più ammissibili i “reati d’opinione”.
Diritto “individuale”, la libertà di pensiero è anche “condizione del modo di essere e dello sviluppo della vita del paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale”, afferma
La democrazia richiede una partecipazione cosciente dei cittadini; presupposto essenziale è dunque l’informazione, la conoscenza dei fatti e delle situazioni politiche, la libera circolazione delle idee. I cittadini debbono poter esprimere liberamente il proprio pensiero, formulare critiche a chi governa stimolando il dibattito e concorrendo a formare, orientare, modificare l’indirizzo politico. Se “la sovranità appartiene al popolo” (art. 1) e l’apparato statale è lo strumento attraverso il quale il popolo la esercita, è necessario che l’indirizzo politico venga dal basso e, attraverso i rappresentanti eletti, arrivi alle istituzioni affinché si muovano in conformità alle indicazioni del corpo sociale. Essenziale non è soltanto il diritto di esprimersi e di informare, ma il diritto di essere informati.
Qui entra in gioco il problema di fondo: “Tutti” possono manifestare liberamente il proprio pensiero con qualsiasi mezzo, ma pochi dispongono di un “mezzo” diverso dalla parola. E’ dunque essenziale che la proprietà dei media non si concentri. Un elevato numero di giornali non serve se tutti parlano con la medesima voce. Il diritto d’informare non sarebbe soddisfatto e tanto meno il diritto dei cittadini di essere informati. Fondamentale è il “pluralismo” dell’informazione. Soltanto l’insieme di più voci libere può fornire un’informazione (abbastanza) completa. Altrimenti si hanno rappresentazioni distorte che inquinano la democrazia. Per la televisione sarebbe indispensabile la presenza di più emittenti private differenziate fra loro, accanto a una televisione pubblica pluralista al suo interno, sottratta alle influenze politiche, in particolare della maggioranza.
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