«Ma è roba da matti!». E’ passata da poco l’alba. Silvio Scaglia si trova in Sudamerica in missione di lavoro. Quando la moglie gli cede la chiamata del Corriere, lui ha appena saputo delle accuse dei magistrati. «Non capisco che cosa stia succedendo», risponde. Sa che c’è un mandato di cattura? «Lo so, lo so, ma ancora non so il perché. Sono già stato interrogato sulla stessa materia agli inizi dell’inchiesta. Mi sembra davvero roba da matti». E cosa pensa di fare? «Ho chiesto agli avvocati di concordare immediatamente il modo più opportuno per essere interrogato dai magistrati». Ma lo sa che dentro all’inchiesta c’è anche il senatore Nicola di Girolamo? «Di Girolamo? E chi è?».
Negli stessi minuti, in Italia sono ormai di dominio pubblico le accuse di associazione a delinquere allo scopo di riciclare denaro ottenuto illecitamente. Il titolo Fastweb precipita in Borsa. La reazione del suo fondatore arriva con una nota ufficiale alle agenzie: «Scaglia è all’estero, ma si dice pronto a concordare un interrogatorio in tempi brevi per chiarire tutti i profili della vicenda. Riafferma comunque la sua estraneità a qualunque reato ».
Sembrano passati mille anni luce da quando Scaglia, torinese, classe 1958, ingegnere elettronico laureato al Politecnico, manager di scuola McKinsey, era chiamato dagli amici in un solo modo: «il mago». Erano gli anni in cui aveva preso in mano
Ormai Scaglia è un uomo ricchissimo. Solo con la cessione del suo 18,75% di Fastweb a Swisscom si è messo in tasca plusvalenze per 900 milioni di euro. Nel 2008 la rivista Forbes valuta il suo patrimonio personale in 1,2 miliardi di dollari e lo colloca al 13mo posto nella classifica dei Paperoni d’Italia, al 92mo nella graduatoria mondiale. In Italia passa sempre meno tempo. Resta nel consiglio di Fastweb, ma la sua vita scorre fra Londra, l’Irlanda e una sequenza frenetica di passaggi in altri paesi del pianeta. Mantiene però la residenza di Ayas-La Thuile, in quel paesino della Val d’Aosta che da quando c’è lui figura al vertice della classifiche nazionali per reddito procapite.
Chi lo conosce bene s’aspetta di vederlo in Italia entro pochi giorni, per andare a rispondere alle domande dei magistrati nell’ambito di un’inchiesta che per lui data indietro di due anni. A ribadirlo, nella serata di ieri si è aggiunta anche Swisscom: «Sapevamo delle accuse di riciclaggio e frode fiscale contro Fastweb fin da quando la comprammo nel 2007, erano di pubblico dominio - ha spiegato il portavoce Josef Huber -. Sapevamo dei rischi cui andavamo incontro, tanto che sono stati calcolati nel prezzo d’acquisto. Siamo pronti a collaborare con le autorità italiane, come del resto ha già indicato Silvio Scaglia».
Giancarlo Radice
24 febbraio 2010
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