di Marco Travaglio
Triste dirlo, ma è così: Berlusconi si conferma il politico italiano più sintonizzato col sentire comune. Il suo proverbiale fiuto, misto alle indubitabili doti di pubblicitario, l’ha portato a cogliere immediatamente lo sconquasso che nella pubblica opinione stanno suscitando gli scandali della Corruzione Civile Spa e le mazzette e mazzettine sparse qua e là per l’Italia. Mentre Bersani sta a Sanremo, il Banana annuncia norme più severe anticorruzione e pare voglia addirittura condizionare le candidature in Campania all’immacolatezza della fedina penale. Si tratta – lo sappiamo bene – di spot, fumo negli occhi.
Un noto corruttore che approva leggi anticorruzione, se non facesse pura propaganda per nascondere la vergogna della legge anti-intercettazioni prossima ventura, sarebbe un caso di cannibalismo. Ma è significativo che senta l’esigenza di lanciare il segnale. Del resto il Pd gli ha regalato un assist da fuoriclasse, candidando in Campania, regione-simbolo della questione morale anzi immorale, un tre volte imputato. E l’Idv s’è lasciata sfuggire l’occasione di marcare le distanze. Dell’errore di Di Pietro abbiamo già scritto e riscritto.
Ma qui il problema è il Pd: possibile che da quel partito non si levi una sola voce di dissenso sulla dissennata candidatura di De Luca? Possibile che siamo tutti d’accordo nel regalare al premier più imputato della storia la battaglia, almeno mediatica, delle “liste pulite”? Il fatto è che questa battaglia, per quanto popolare (altrimenti il Banana non la cavalcherebbe), cade nel più assoluto vuoto mediatico. Spiace citare sempre il Pompiere della Sera, ma non si può farne a meno. Dopo aver linciato Di Pietro per una foto che lo ritraeva a cena, nel 1992, con carabinieri e investigatori incensurati, il quotidiano di via Solferino l’ha molto elogiato per l’appoggio a De Luca, definito “svolta moderata”. Come se la moderazione fosse direttamente proporzionale ai capi d’imputazione.
Poi però Di Pietro ha candidato, come capolista dell’Idv in Puglia, un magistrato barese, Lorenzo Nicastro, che aveva addirittura osato indagare sul ministro Fitto (poi rinviato due volte a giudizio da altrettanti gip) e su esponenti del centrosinistra. Anziché felicitarsi perché, dopo tanti ladri,
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