mercoledì 17 febbraio 2010

Tutte le bugie sulle inchieste del pool


ABUSI. Anche chi esprime apprezzamento per Mani Pulite non rinuncia mai a denunciarne gli “abusi”. Ma non ne indica mai alcuno, per la semplice ragione che non vi fu alcun abuso. Del resto nel 1994 Berlusconi tentò di portare nel suo primo governo i due pm simbolo del Pool: Di Pietro e Davigo. Poi ben tre ministri di centrodestra - Biondi, Mancuso e Castelli – inviarono una mezza dozzina di ispezioni alla Procura di Milano, nella speranza di individuare qualche abuso. Ma non ne saltò fuori nemmeno uno. Anzi, le ispezioni si rivelarono altrettanti boomerang. Scrissero gli ispettori di Biondi (primo governo Berlusconi nella relazione depositata il 5.5.1995): “L’inchiesta [Mani pulite] resterà una pietra miliare nella storia giudiziaria del nostro paese... Le doglianze del dr. Berlusconi, non meno dei rilievi del procuratore generale Catelani che quelle doglianze fa proprie, appaiono prive di qualsiasi pregio... Le censure ai magistrati del pool mosse dal dottor Berlusconi, alla luce degli accertamenti esperiti, sono risultate pretestuose... È gratuita l’affermazione secondo cui si sarebbero pretese per evidenti scopi politici chiamate in correità calunniose nei confronti del presidente del Consiglio... Il lamentato accanimento investigativo, espressione di una pretesa strumentalizzazione politica del potere giudiziario, non ha trovato alcun riscontro”.

Errori giudiziari. L’indagine viene presentata come una sequela interminabile di errori giudiziari. In realtà Mani Pulite vanta una percentuale minima di imputati assolti nel merito: il 5-7%. Per il resto, su quasi 5 mila indagati, 1300 sono stati condannati in via definitiva o hanno patteggiato la pena, mentre gli altri sono stati prosciolti perché il reato si è prescritto (anche in seguito alla legge ex Cirielli che ha dimezzato la prescrizione), o è stato depenalizzato per legge, o per riforme che hanno cancellato le prove ex post (nuovo articolo 513 del Codice di procedura), o perché le tangenti sono state dimostrate ma gli imprenditori che le avevano pagate sono stati ritenuti concussi.

Partiti cancellati. Berlusconi e altri ripetono che Mani Pulite “cancellò cinque partiti dalla vita pubblica”. In realtà furono gli elettori a cancellarli, come lo stesso Cavaliere riconobbe il 26 gennaio ’94, nel discorso della discesa in campo: “La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal debito pubblico e dal finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato...”.

Comunisti salvati. E’ anche falso che Mani Pulite abbia risparmiato l’ex-Pci. Le presunte toghe rosse del pool hanno praticamente raso al suolo il Pds milanese, controllato dai “miglioristi” fedeli a Napolitano e da sempre alleati con i socialisti. I primi politici veri e propri arrestati furono proprio due dirigenti Pds: Epifanio Li Calzi (assessore comunale ai Lavori pubblici) e Sergio Soave (vicepresidente della Lega coop lombarda). Dopodiché finirono sotto inchiesta e/o in manette i maggiori esponenti del partito in Lombardia: l’on. Cervetti, la segretaria regionale Pollastrini, il segretario cittadino Cappellini, l’ex vicesindaco Camagni, l’assessore Ferlini, gli amministratori di municipalizzate Carnevale e Cremascoli, i segretari amministrativi nazionali Stefanini e Pollini, il responsabile immobili di Botteghe Oscure Marco Fredda, il consigliere Enel Zorzoli, il consigliere Ffss Caporali, il deputato dalemiano De Piccoli, l’allora vicesegretario di D’Alema. Alcuni sono stati condannati per le tangenti della Metropolitana e dell’Enel, molti altri sono stati assolti: ma non dai pm, bensì dai giudici del Tribunale (per esempio Ferlini e la Pollastrini) e della Corte d’Appello (per esempio Cervetti, condannato in primo grado). Primo Greganti, uomo-chiave dei fondi illeciti dell’ex Pci, fu arrestato il 1° marzo ’93, rilasciato dopo 90 giorni, riarrestato il 19 settembre e scarcerato (dal Tribunale della libertà, contro il parere del pool) dopo 25 giorni: in tutto rimase in carcere quattro mesi (una delle custodie più lunghe), senza confessare nulla. Se fosse vero che il pool usava le manette per estorcere confessioni, quello di Greganti sarebbe un caso di scuola: 118 giorni in cella per strappargli nomi eccellenti. Si dirà: i comunisti prendevano soldi da Mosca. Vero. Ma erano coperti dall’amnistia del 1990, varata dal pentapartito coi voti del Pci.

Manette facili. Altro luogo comune contro Mani Pulite: il presunto abuso del carcere preventivo per estorcere confessioni. Ma anche questo è smentito dalla relazione degli ispettori di Biondi: “Nessun rilievo può essere mosso ai magistrati milanesi, i quali non paiono aver esorbitato dai limiti imposti dalla legge nell’esercizio dei loro poteri... Non si è riscontrata un’apprezzabile e significativa casistica di annullamenti delle decisioni che hanno dato luogo a quelle detenzioni... I provvedimenti custodiali sono stati spesso suffragati... dall’ulteriore e decisiva prova della confessione dell’indagato. Né è risultato che tali confessioni siano state in seguito ritrattate perché rese sotto la minaccia dell’ulteriore protrarsi della detenzione... Non è possibile ascrivere quelle confessioni alle ‘condizioni fisiche e psicologiche disumane’ in cui si sarebbero venuti a trovare molti indagati, alcuni dei quali suicidatisi…: non è stata mai segnalata l’applicazione di regimi detentivi differenziati e inaspriti rispetto alla generalità dei casi”. Suicidi in carcere. Checchè se ne dica, nemmeno un personaggio detenuto per Mani pulite si è suicidato in carcere a causa della mano dura dei giudici. L’unico che l’ha fatto, il presidente socialista dell’Eni Gabriele Cagliari, era già stato scarcerato col consenso del pool, ma restava in cella per l’inchiesta Eni-Sai, condotta da un pm estraneo al pool. Tutti gli altri suicidi, meno di una decina su 5 mila indagati, riguardano indagati a piede libero, tutti poi risultati responsabili di condotte illecite (come Gardini, Moroni e Amorese) e furono dovuti alla vergogna di essere stati scoperti o alla sensazione di essere stati scaricati o alla paura delle conseguenze delle proprie azioni. (M.Trav.)

2 commenti:

riccardo uccheddu ha detto...

Ci vorrebbe un'altra Mani Pulite.
Se ci fosse, si scoprirebbe che ormai esiste una corruzione in grado di far vergognare perfino Cesare Borgia, la sorellina Lucrezia ed Al Capone.
Gli "abusi" di Mani Pulite, poi, vorrei proprio sapere quali cavolo siano stati.
Toghe "rosse"... ma per favore! La magistratura, in Italia e non solo, è definita "rossa" solo quando tocca interessi potenti. PUNTO.
Quando Gorbacev non era ancora diventato segretario del Pcus e presidente del Paese, i boiardi d'allora tuonavano contro "certi procuratori"... La loro colpa? Indagare su corruzione, malaffare, inefficienza ecc.

LUIGI A. MORSELLO ha detto...

Riccardo, divertiti: http://www.la7.tv/richplayer/?assetid=50169965
Io non stavo nella pelle.