Dal partito dell’amore, ai giuramenti, alla strategia della persecuzione
di Wanda Marra
Ci ha messo la faccia Silvio Berlusconi per volgere a suo favore il corso di queste elezioni regionali. Non si è risparmiato, e ha tirato fuori tutte le armi del suo repertorio, vecchie e nuove. E ha esplicitamente e consapevolmente trasformato il voto di oggi e domani in un test su di lui.
Il primo spunto per la sua campagna elettorale, l’aggressione subita a Milano il 5 dicembre, con il lancio della statuetta del Duomo arrivatagli direttamente sul viso. Con l’abilità mediatica che lo caratterizza, il Cavaliere si reinventa in chiave evangelica e tira fuori uno degli slogan che lo ha accompagnato per tutti questi mesi: l’amore vince sull’odio. Peccato che il partito dell’amore non abbia risparmiato colpi bassi, aggressioni, intimidazioni e non sia certamente immune da lotte intestine.
Lo snodo della campagna elettorale per Silvio & co. è l’esclusione della lista del Pdl nel Lazio e di quella di Formigoni in Lombardia (che poi verrà riammessa dal Tar). Non importa il fatto che - soprattutto nel caso romano - la lista non sia stata presentata per incompetenza o - peggio - per rivalità interne al Pdl. Il Cavaliere non ci sta e si erge a perseguitato. Prepara un decreto salva-liste in quattro e quattr’otto che Napolitano firma nella perplessità generale e che poi oltre che incostituzionale e palesemente sbilanciato (riguarda solo i casi in cui è implicato il Pdl) si rivelerà anche inutile. Tanto che a Roma e provincia il Partito della Libertà corre senza i suoi. “Sopruso violento e inaccettabile”, “disegno molto ben congegnato” urla il premier, chiamando alla piazza per “difendere la democrazia” e il “diritto al voto”. E dando ancora una volta tutte le colpe alla magistratura, “rea” di aver confermato l’esclusione. In realtà, la preoccupazione serpeggia: i sondaggi danno in calo la popolarità del Pdl, la cui immagine non esce effettivamente rafforzata dal pasticcio-liste. Le urne diranno quanto la strategia di presentare se stesso e il suo partito come vittima peserà più di tale percezione.
Intanto, il bavaglio all’informazione televisiva è assicurato. Vengono sospesi i talk-show in campagna elettorale in nome di un’interpretazione più o meno inedita della legge sulla par condicio. Proprio mentre il Fatto quotidiano scopre le pressioni dello stesso Berlusconi sull’Agcom per far chiudere Annozero. Lui al solito urla al complotto e arriva a definire la magistratura “una patologia”.
All’adunata del 20 marzo a Roma a piazza San Giovanni il popolo di Berlusconi risponde meno compatto rispetto a quelli che sarebbero i desideri del Capo. Ma lui prepara uno show televisivo in grande stile, con tanto di promesse elettorali più o meno inverosimili (una su tutte: “sconfiggeremo il cancro), invito sul palco a Bossi nelle vesti di alleato fedele e giuramento collettivo dei 13 Candidati governatori. Niente di nuovo rispetto a 16 anni di governo, ma il rito si ripete.
Nessun commento:
Posta un commento