Perché i pm Russo e Chinnici sono entrati nella Giunta siciliana
di Sandra Amurri
Era il 23 maggio 2008 quando dalle pagine dell’Unità chi scrive commentò la notizia della nomina di assessore alla Sanità della Giunta Lombardo del pm antimafia Massimo Russo. Non un nome qualunque della Procura di Palermo, bensì un allievo di Paolo Borsellino, presidente della Fondazione che porta il suo nome, il magistrato che dava la caccia al latitante Matteo Messina Denaro, che si era battuto a favore del rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa di Totò Cuffaro, che era stato presidente dell’Anm palermitana. Una nomina che portava con sé il concreto dubbio che Lombardo l’avesse utilizzata come strumento per ricostruirsi una verginità politica e “giudiziaria”. Oggi Lombardo è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa con il fratello Angelo, parlamentare e il deputato dell’Udc Fagone, mentre la voce che i magistrati potrebbero chiedere per lui l’arresto non smette di tacere. E le conversazioni intercettate dai Ros pubblicate da Repubblica confermerebbero che Lombardo si era costruito grazie a Massimo Russo, e all’assessore alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica Caterina Chinnici (figlia di Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione di Palermo, ucciso dalla mafia con un’autobomba nel 1983 e magistrato lei stessa), l’immagine di un presidente che voleva ripulire la sanità e governare camminando nella legalità “Raffaele ha fatto una minchiata a fare questi magistrati assessori. Perché questi, anche se lui è convinto che lo faranno, non potranno proteggerlo”, commentava il boss Vincenzo Aiello con i suoi picciotti. Come dire: dubbi solidi. Ai tempi su Lombardo era stato aperto un fascicolo in quanto, nei tabulati trovati sul suo computer quando era presidente della Provincia di Catania, c’era una lista puntuale e rigorosa di tutte le raccomandazioni fatte, dei concorsi manipolati, delle gare d’appalto, l’elenco dei giurati del concorso di abilitazione per dottori commercialisti e l’elenco dei raccomandati (tutti passati), degli appalti e altro ancora. Poi di quel fascicolo non se ne seppe più nulla. Ma restava l’incognita che a svolgere il ruolo di assessore alla Sanità della Giunta Cuffaro fosse stato proprio un uomo di Lombardo. Stiamo parlando di una regione che aveva sottoscritto il più alto numero di convenzioni con laboratori di analisi, cliniche private, pari a tutte le convenzioni stipulate dalle regioni italiane. Per fare qualche esempio: la Lombardia, ne aveva stipulate 120, l’Emilia 80 e la Sicilia 1900. Da allora di acqua sotto i ponti ne è passata. Si è consumata la rottura tra Cuffaro e Lombardo, che ha stretto un patto con Micciché per costruire la Lega del Sud. Ma Lombardo non ha mai convinto fino in fondo. Per tutti ha continuato ad essere quello che aveva gestito la sanità come luogo di occupazione politico-familistica, sistemando cognati, parenti e suoi fidati nei posti chiave. Seppure, a differenza di Cuffaro, il suo è sempre stato un metodo poco rumoroso ma più scientifico. Massimo Russo, in ogni caso, allora motivò la sua scelta così: “Ho rifiutato la candidatura alla Camera. E mi chiedo: ma si può sempre dire di no rischiando di perdere il diritto di critica?”. Domanda alla quale rispose Claudio Fava, oggi segretario di Sel, con il titolo del celebre romanzo di Giorgio Boatti Preferirei di no. Spiegando che in Sicilia più che altrove l’applicazione della proprietà transitiva in politica porta con sé rischi e pericoli. “Non a caso la vita di Falcone e di Borsellino fu costellata da molti “no” a chi avrebbe voluto loro tagliare le unghie, depositandoli come soprammobili in qualche angolo oscuro della politica” concluse Fava. E quando Falcone accettò di diventare direttore degli Affari penali lo fece solo perché da Roma avrebbe potuto intraprendere una nuova forma di strategia di lotta alla mafia, che a Palermo gli veniva impedita. L’articolo scritto nel 2008 si concludeva così: “Non resta, dunque che sperare e augurare a Massimo Russo, che per combattere la mafia ha rischiato anche la vita come testimonia la scorta che lo accompagna giorno e notte, che da assessore alla Sanità della Giunta Lombardo riesca a modificare quell’idea di sanità fin qui sperimentata”. Sicuramente Massimo Russo non ha abbassato la testa e non ha svenduto la sua integrità per una poltrona. Ma appare chiaro che quello con la mafia è un abbraccio che solo la morte può interrompere, come dicevano Falcone e Borsellino. E che dire “no” spesso è una garanzia per non lavare le mani altrui. Il portavoce dell’Idv, l’onorevole Leoluca Orlando chiama in causa Russo: “Se la notizia dell’indagine sul presidente della Regione Sicilia dovesse essere confermata, sarebbe del tutto inopportuna la permanenza in Giunta di magistrati con funzione di assessori”. Ma anche Salvino Caputo, componente della Commissione regionale antimafia, chiede a Russo e Chinnici di essere coerenti e dimettersi. Massimo Russo però risponde: “Non provo alcun imbarazzo per una fuga di notizie su un rapporto che deve essere ancora valutato dalla magistratura. Che invitiamo a fare in fretta per verificare la fondatezza delle accuse”. Ma soprattutto, l’assessore alla Sanità ha detto: “La nostra azione amministrativa ha evidentemente toccato nervi scoperti. Se verranno alla luce fatti che accertassero la responsabilità di Lombardo considererei conclusa questa mia esperienza. Ma allo stato i fatti sono altri. Così continueremo a lavorare al processo di rinnovamento intrapreso nell’esclusivo interesse di questa terra”.
2 commenti:
Sono siciliano e come tale sono a conoscenza di cose che sono sulla bocca di noi tutti siciliani, come il coinvolgimento molto personale di Massimo Russo con Lombardo dovuto al fatto che Russo è il compagno della sorella di Giovanni Pistorio (sottopanza di Lombardo).
Quindi ha una ragione molto 'speciale' per il ruolo che ha scelto di ricoprire. Però, che cosa ne deduci? Attento, se mi rispondi, ai contenuti calunniosi o diffamatori, non potrei accettare il commento.
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