martedì 9 marzo 2010

IL PD, L’IDV E LA “RAGION DI PIAZZA”: FINO A SABATO SCOPPIA LA TREGUA


Tutti uniti, sabato, in piazza. Solo 48ore fa i giornali titolavano sullo scontro senza quartiere fra il Pd e l’Italia dei valori. Guerra senza tregua sulla figura di Giorgio Napolitano, accusato dal leader dell’Italia dei valori di aver ceduto a Silvio Berlusconi: sospettato di aver tradito la Costituzione, considerato degno di meritare l’empeachement. Allo stesso tempo Napolitano era difeso a spada tratta dai dirigenti del Pd (a partire da Rosy Bindi): il presidente non avrebbe potuto fare altrimenti, il suo gesto va comunque rispettato.

Ma la politica di questi mesi ha tempi mozzafiato. E senza che nemmeno si sia arrivati a un punto di intesa o di conciliazione, la decisione del Tar spazza via il principale oggetto del contendere, perché sposta i termini della questione su un altro terreno. E dunque tutte le opposizioni unite in piazza sabato prossimo contro il governo.

E’ stato un vertice delle opposizioni, ieri, a produrre questo miracolo. Ed è proprio sul nodo di Napolitano che si è trovata l’intesa: l’Italia dei valori, infatti, si è impegnata ad attaccare il governo ma non il Capo dello Stato.

Il vero colpo di scena, infatti, è stato quello con cui Tonino Di Pietro (crollato a terra, durante un comizio, per i dolori al braccio, successivi all’intervento al tendine) ha annunciato: "Siccome oggi non voglio contribuire a spostare l'attenzione sull'arbitro che ha sbagliato, vorrei richiamare l'attenzione sulla necessità di tutti noi di reagire al gioco scorretto del giocatore che, avendo il pallino in mano, ha preteso di ricominciare la partita quando ha visto che stava perdendo”. E poi, per un altro miracolo, anche i toni del Pd sembrano improvvisamente cambiati. Un dirigente solitamente prudentissimo come Walter Veltroni ha parlato di: “grave allarme democratico”, con un lessico quasi da anni settanta. “Contro questo clima - ha aggiunto Veltroni - il Pd deve creare un argine”. E non meno preoccupati sono apparsi Massimo D’Alema, Dario Franceschini e gli altri dirigenti. Da qui la decisione di aprire in Parlamento, come sintetizza Enrico Letta, “un ostruzionismo totale”.

Sempre di Letta la battuta più bella della giornata sul Tar: “Adesso serve un decreto per sopprimerlo”.

Di fronte a un cambio di rotta di questo tipo, passano anche in secondo piano i tentativi di chi nel Pd - l’ex presidente del Senato Franco Marini, Enrico Morando e Umberto Ranieri - avrebbe voluto addirittura che il vertice del partito approvasse una risoluzione per dire che Napolitano aveva fatto bene a firmare.

Alla fine, il gioco degli equilibri interni ha prodotto una linea “ma-anchista” di cui la decisione del Tar ha permesso di velare i punti di debolezza: Napolitano ha fatto bene a firmare, ma il decreto è un attacco alla democrazia. Un altro passo avanti, nella ricerca di una intesa è stato anche il passo indietro di Emma Bonino che - secondo le prime voci - avrebbe voluto annunciare, proprio oggi, il proprio ritiro. Ieri voci ufficiose dicevano che questa minaccia è tramontata.

Alla fine, dai radicali all’Italia dei valori, tutti si sono ritrovati nello slogan ufficiale della manifestazione: “Democrazia, legalità, lavoro. Sì alle regole e ai diritti. No ai trucchi. Per vincere”. Quanto basta per permettere di convergere anche al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero: "Sono molto contento che il Pd abbia accolto il nostro invito a mettere al centro della manifestazione di sabato prossimo i temi del lavoro. Questi - conclude Ferrero - sono infatti più importanti delle elezioni regionali perché riguardano la vita quotidiana di 20 milioni di persone”. Tutti contenti, per una volta, nel centrosinistra. E, di questi tempi, è davvero una notizia.

(Lutel)



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