di Marco Travaglio
Non è facile rispondere all’intervento del professor Stefano Mannoni (pubblicato ieri dal Fatto), commissario dell’Agcom in quota Lega Nord, molto attivo – secondo le intercettazioni telefoniche di Trani – nel tramestìo dei berluscones finalizzato a far aprire un’istruttoria alla cosiddetta “Autorità di garanzia” per fornire alla Rai il pretesto per chiudere Annozero.
Anzitutto perché non ho ben capito a che titolo mi chiami in causa come “accusatore pubblico del tribunale” della Rivoluzione francese, “notorio per aver mandato alla ghigliottina nel 1793 un certo numero di malcapitati”. Forse non sa che sono proprio i suoi amici del centrodestra a sostenere il modello di giustizia figlio del giacobinismo e del bonapartismo, in cui il pubblico ministero è espressione dell’esecutivo, braccio armato del potere politico.
Io ho sempre difeso l’indipendenza delle Procure dalla politica e l’unitarietà delle carriere di giudici e pm.
Ma mi è difficile rispondere soprattutto perché, per quanti sforzi io faccia, non trovo un solo motivo plausibile per cui questo Mannoni, collaboratore del Foglio della famiglia Berlusconi, dovrebbe giudicare il mio lavoro di giornalista. Egli ci spiega che la scelta “sofferta” dell’Agcom di interessarsi ad Annozero deriva dal nostro mancato rispetto della “presunzione di innocenza” (che non esiste: esiste quella di non colpevolezza), dell’ “audite et alteram partem”, della “privacy”, dal nostro aver “trasformato un talk-show in una via di mezzo tra inquisizione e autodafè con buona pace dei procedimenti in corso”.
Forse ignora l’esistenza di un genere giornalistico piuttosto diffuso in tutto il mondo, e persino in Italia: la cronaca giudiziaria, che ha appunto il compito di raccontare i processi in corso, anche prima che si pronunci la Cassazione.
Attendo di sapere da questo campione del garantismo, che sputa sentenze senza argomentare né dettagliare né dimostrare le sue accuse, quando mai avremmo detto che Tizio o Caio è colpevole prima che fosse giudicato tale, quando abbiamo invaso la privacy di qualcuno, quando mai abbiamo evitato di ascoltare l’ “alteram partem”. E come mai, se lo facciamo di continuo, in quattro edizioni di Annozero non siamo mai stati condannati per diffamazione o per violazione della privacy; e nemmeno quel plotone d’esecuzione dei partiti che ha nome Agcom ha mai trovato nulla di irregolare nel nostro operato (a parte la ridicola multa per aver mandato in onda le parole di Beppe Grillo in una manifestazione raccontata da tutta la stampa e da tutte le tv del mondo, parole trasmesse prima di noi da Matrix e da Rainews24 senza che l’Agcom obiettasse alcunchè). Ultima curiosità: mi spiega il “garantista” Mannoni perchè l’Agcom, su richiesta del premier padrone, ha aperto l’istruttoria contro Annozero non per questa o quella irregolarità in questa o quella singola puntata, ma per cinque puntate in blocco, sparando nel mucchio? La sua affettuosa solidarietà a Mediaset e la sua avversione per Sky mi commuovono e mi confermano nella mia idea sull’imparzialità dei presunti arbitri dell’Agcom.
Ma è soprattutto del finale della sua incredibile lettera che lo ringrazio di cuore: là dove dice, restando serio, che “di certo l’istinto partigiano si è scatenato in tutti noi, ma non un capello è stato torto a Santoro”. Mi ricorda quel tale che sparò alla moglie, ma chiese di essere assolto perché l’aveva colpita soltanto di striscio. In ogni caso è un vero sollievo, per un giornalista, sapere che l’arbitro che lo deve giudicare è animato da “istinto partigiano” e non ha mai pensato di dimettersi, visto che la legge impone per i commissari Agcom il requisito dell’assoluta “indipendenza”. Siamo in buone mani.
Nessun commento:
Posta un commento