di Giuseppe Tamburrano
Vorrei ricordare il rapimento di Moro non con la solita rievocazione ma con una contro-rievocazione, una specie di prova al contrario di certi giudizi sulla storia di quei terribili avvenimenti.
Vorrei formulare due ipotesi controfattuali: 1) Moro non è rapito; 2) Moro, dopo quasi due mesi di sequestro brigatista, è liberato e ritorna sulla scena politica. Il 16 marzo 1978 è previsto il voto del Parlamento sul rimpasto del governo Andreotti, quello strano governo che si reggeva sull’astensione concordata dei partiti di centrosinistra e del Pci, la cosiddetta “non sfiducia”. Quel giorno il governo, grazie a un ampio rimpasto e a seri impegni programmatici, doveva ottenere il voto favorevole anche del Pci, il quale sarebbe così entrato formalmente nella maggioranza. Ma le modifiche chieste da Berlinguer non furono accolte. Oggi sappiamo per certo che fu soprattutto Moro, preoccupato per la tenuta della Dc, a porre il paletto (altri, ad esempio Zaccagnini, lo stesso Andreotti, erano più aperti verso le richieste comuniste). La notizia del rapimento di Moro creò un clima di emergenza e di “unità nazionale” e il governo passò con una enorme maggioranza. Senza quell’evento drammatico il Pci assai probabilmente avrebbe votato contro. Andreotti sarebbe rimasto in sella con una esigua maggioranza o ci sarebbe stato un nuovo governo di centrosinistra o il voto anticipato.
Moro mirava alla “democrazia compiuta” e cioè a un sistema nel quale fosse possibile l’alternanza. Questo obiettivo supponeva che il Pci fosse “legittimato ” a governare e cioè che diventasse totalmente indipendente da Mosca. La partecipazione del Pci alla maggioranza con i limiti del governo Andreotti ora ricordati era il massimo delle concessioni politiche. Al vertice di Portorico (giugno 1976) America, Inghilterra, Germania e Francia avevano detto chiaramente a Moro e Andreotti che l’ingresso del Pci nel governo comportava una diminutio capitis dell’Italia (uscita dalla Nato, cessazione della collaborazione economica, ecc.): più duro di tutti fu il cancelliere socialdemocratico Schmidt. Moro fa il primo passo – il Pci nella maggioranza – ma non va oltre le colonne d’Ercole. Al Pci, al suo processo di distacco da Mosca, i passi successivi.
Il sequestro dello stratega dell’“attenzione” interrompe questo processo e lascia il campo libero a Craxi. Ma perché Craxi si è battuto per la liberazione di Moro la cui linea comportava in prospettiva la fine o la riduzione del potere di condizionamento dei socialisti, sostituiti largamente dai voti comunisti? Immaginiamo uno scenario che è stato vicinissimo a diventare realtà. Le trattative per una soluzione umanitaria erano giunte quasi alla conclusione. Anche Moro nell’ultima lettera alla moglie scrive di una “esile speranza”. La soluzione era stata individuata nella liberazione del nappista Buonoconto. Giuliano Vassalli ha dichiarato alla Commissione parlamentare che il capo dello Stato era “con la penna in mano” pronto a firmare un provvedimento di clemenza. Moro esce dal carcere brigatista, ma non è più lo stesso. Le sue lettere sono state una recisa condanna dei dirigenti democristiani e comunisti che si sono opposti alla trattativa con le Br. Annuncia che si dimetterebbe dalla Dc e si iscriverebbe al Gruppo misto. La rottura con Berlinguer sarebbe stata altrettanto drastica. L’unico gruppo amico sarebbe stato quello socialista: Moro-Craxi contro Andreotti-Berlinguer. Ma l’ipotesi di un’alleanza di governo Andreotti-Berlinguer risulterebbe più remota che mai: si verificherebbe una spaccatura nella Dc e molti sarebbero con Moro. Corrado Guerzoni, intimo di Moro, ha ricordato al Corriere della Sera (16 marzo 2007) che Piccoli disse a Freato: “Se Moro torna sono dolori”. Si produrrebbe uno smottamento di voti di esponenti comunisti verso i socialisti: negli stessi giorni del marzo 2007, il segretario dei Ds Fassino ha riconosciuto che la linea umanitaria di Craxi era giusta. Nel paese e nel Parlamento si formerebbero due schieramenti: uno Craxi-Moro e l’altro Andreotti-Berlinguer. Il primo gode dell’appoggio degli alleati occidentali e della Nato. Si tengono elezioni anticipate. Vince il gruppo Moro-Craxi. Il primo diventa presidente della Repubblica e il secondo presidente del Consiglio. E lo spazio politico di Berlinguer e di Moro si sarebbe fortemente ridotto. Ma le cose sono andate diversamente.
5 commenti:
con tutto il rispetto per il giormalista - non so se storico - non penso sarebbe proprio andata così, in caso di liberazione; manca una 3° ipotesi:
Moro e Berlinguer riescono a giungere al "compromesso storico", nonostante i tentativi di Andreotti di modificare gli accordi, e l'alternativa proposta da Ingrao... ma saremmo riusciti ad evitare l'ingerenza americana? in tal caso, senza possibilità per i piduisti, saremmo arrivati ad un conflitto?
forse è meglio pensare cosa potrà succedere dalla settimana prossima!
I dubbi di cosa poteva essere se fosse stato diversamente restano ipotesi campate in aria. Certo è che quel passato storico ha aperto la strada all'attuale scenario politico italiano, ad una situazione sociale ormai insostenibile. Gli errori si pagano cari, di certo è che con le loro manovre, tutte volte agli interessi personali di chi governa,
non sono mai state nè saranno mai una marcia sociale per una Nazione degna di ritenersi democratica.
L'Italia non ha politici al Governo ma regnanti, è questo il suo grande male, e non vedrà mai sorgere il sole.
Giuseppe Tamburrano è uno storico oltrechè giornalista e uomo politico, di lunga esperienza (è nato nel 1929!).È attualmente presidente della Fondazione Pietro Nenni, carica che ha assunto nel 1985.
Tamburrano ha collaborato con numerosi quotidiani, tra cui Il Messaggero, La Repubblica, Il Corriere della Sera, Avanti! e Unità ed è stato autore di numerosi saggi di storia e di politologia.
Solo una profonda conoscenza della storia può consentire un esercizio dialettico come quello oggetto dell'articolo.
Mea culpa :)
'Gnorante sono!
Resta comunque il fatto che con o senza Moro,ad una forza al 30% circa come era il pci del tempo (un grande partito di sinistra riformista nel senso vero del temine,non certo rivoluzionario),non è stata data la possibilità di governare.Probabilmente in quel caso,avremmo avuto l'occupazione militare usa e della nato,o un golpe di qualche fascista da loro sostenuto,contro la "deriva"comunista
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