di Ugo Arrigo*
Mentre la lumachina Italia arranca sulla strada della crescita diversi Paesi europei si sono messi negli ultimi anni sulla corsia di sorpasso e nel 2010 registreranno un Pil pro capite superiore a quello italiano.
Quali sono questi Stati, quanti sono e da quanto tempo sono più ricchi di noi?
Prima di svelarli conviene fare un passo indietro nel tempo e verificare come si collocava l’Italia nella graduatoria dei paesi più sviluppati nell’anno che fece da cesura tra Prima e Seconda Repubblica, il 1993, quello della famosa discesa in campo del capo dell’attuale governo. Allora in termini pro capite l’Italia stava dietro a sedici paesi più sviluppati, sei dei quali in altri continenti (Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, Singapore e Hong Kong) e dieci nella vecchia Europa: il gruppo centro europeo costituito da Svizzera, Austria, Benelux, Germania, Francia più gli scandinavi Norvegia, Islanda e Danimarca).
Il nostro Paese precedeva invece altri due Paesi scandinavi (la Finlandia e, di pochissimo e solo per pochi anni, anche la Svezia), le Isole Britanniche (Regno Unito e Irlanda), tutti gli altri paesi del sud Europa (Spagna, Portogallo, Grecia e Cipro) e, ovviamente, tutti quelli dell’est europeo che erano da poco usciti dai regimi comunisti.
Diciassette anni dopo la fotografia dello sviluppo europeo registra una notevole perdita di posizioni dell’Italia. Se crediamo ai dati 2010 previsti dal Fondo Monetario Internazionale tutti i Paesi dell’Europa occidentale che nel 1993 avevano un Pil pro capite inferiore all’Italia ora stanno meglio di noi con la sola eccezione del Portogallo e persino uno Stato dell’ex blocco orientale, la Slovenia, è previsto per la prima volta con un Pil pro capite di poco superiore a quello italiano.
In totale, quindi, i paesi della vecchia Europa che precedono l’Italia sono saliti durante la Seconda Repubblica da dieci a diciotto e anche il divario con i Paesi che già allora ci precedevano è più che raddoppiato. Nel 1993 gli Stati europei più ricchi di noi avevano un Pil pro capite più elevato del nostro del 15% (media non ponderata, Lussemburgo escluso), valore accresciuto al 19% nel triennio 1998-2001, al 26% nel 2006 e al 32% nel 2010. Per dovere di completezza, dato che le previsioni del Fondo Monetario Internazionale arrivano al 2014, è necessario segnalare che in tale anno il divario è previsto al 38%.
L’impoverimento relativo dell’Italia, pari complessivamente al 17% nel periodo, si è verificato in maniera uniforme tanto sotto governi di centrodestra quanto sotto governi di centrosinistra, esattamente uno 0,9% in media annua sia per gli uni che per gli altri. Tuttavia poiché il centrodestra ha complessivamente governato per un tempo più lungo, quando l’attuale legislatura giungerà al termine avrà battuto il centrosinistra con un impoverimento complessivo degli italiani relativamente ai Paesi europei di raffronto di quasi il 10% contro poco più del 6% realizzato durante periodi governati dallo schieramento rivale.
Le cose vanno ancora peggio se ci confrontiamo con quelli che, pur classificati come sviluppati dal Fondo Monetario, avevano un Pil pro capite inferiore. Si tratta di 12 paesi (il Fondo Monetario include per l’est Europa solo Slovenia, Rep. Ceca e Slovacchia) e il loro Pil pro capite era in media più basso del 25% nel 1993 rispetto a quello italiano. Grazie al loro più rapido sviluppo il dislivello è sceso tuttavia sotto il 20% nel 1998, sotto il 10% nel 2005 e si è azzerato proprio durante la recessione del 2009. Nell’anno in corso questi paesi avranno in media un Pil pro capite superiore all’Italia del 2%, valore che il Fondo Monetario prevede salirà sino all’8% nel 2014. Solo quattro di essi, inoltre, si mantengono al di sotto del livello italiano: Portogallo, Rep. Ceca, Slovacchia e Malta mentre la Gran Bretagna ci ha superato nel 1996, l’Irlanda nel 1998, la Finlandia nel 2000, la Spagna nel 2008, la Grecia e Cipro nel 2009 e il sorpasso della Slovenia è previsto per l’anno in corso. Mettendo a confronto nei due anni di riferimento, 1993 e 2010, il Pil pro capite dell’Italia con quello dei Paesi che ci hanno superato ci si accorge che nel periodo trascorso il valore dell’Italia è cresciuto solo di poco più del 50% mentre in Gran Bretagna e Spagna è quasi raddoppiato, in Finlandia, Grecia e Cipro è più che raddoppiato e in Irlanda e Slovenia è aumentato di oltre una volta e mezza. In media gli altri 32 Paesi che il Fondo Monetario considera maggiormente sviluppati sono cresciuti nel periodo quasi il doppio dell’Italia e nessuno di essi (tranne il Giappone) ha fatto peggio di noi. Di fronte a dati così disastrosi cosa avrebbero fatto dei governi normali? Avrebbero cercato di comprendere le ragioni del problema e di trovare delle politiche per porvi rimedio. Per rassicurare i loro cittadini avrebbero chiamato a consulto schiere di economisti, magari anche stranieri e forse qualche premio Nobel. Come si sarebbe comportata un’opposizione normale? Avrebbe cavalcato il tema, classificandolo come prioritario, e avrebbe cercato di convincere l’opinione pubblica dell’insufficiente azione del governo e di accreditarsi, attraverso la proposta di soluzioni più incisive, come meglio in grado di affrontarlo. Oggi tanto gli uni quanto gli altri si dimostrerebbero molto preoccupati, a maggior ragione dopo i dati Istat sulla caduta dell’occupazione, e delle loro attenzioni al tema vi sarebbero rilevanti tracce sui media. Vogliamo fare una prova? Se digitiamo su Google News il nome Berlusconi troveremo oltre 42 mila citazioni ma, se ripetiamo la ricerca aggiungendo anche la parola Pil, gli articoli trovati si riducono a 196, con una caduta nelle ricorrenze di oltre il 99,5%. Proviamo con Tremonti: il suo nome ottiene poco più di 3400 ricorrenze ma in associazione alla parola Pil scendono a 111 (-97%). Infine, se digitiamo solo la parola Pil otteniamo più di 5000 ricorrenze ma se scorriamo i principali articoli trovati non si trova traccia di politici. Forse abbiamo capito perché l’Italia cresce così poco.
* professore di Finanza pubblica all’Università Milano Bicocca
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