

Il dado non è ancora tratto: i fedelissimi del presidente della Camera prendono tempo
di Sara Nicoli
“Io non capisco di cosa ci si deve stupire; in fondo, in Sicilia, da un anno al governo ci sono due distinti Pdl eppure si continua ad andare avanti”. Flavia Perina, direttore del Secolo e parlamentare Pdl, parla come se ormai questa lacerazione nel partito non avesse più alcuna possibilità di ricomposizione. “Quello che si deve capire - spiega ancora - è che da questo momento di scontro può nascere qualcosa che può diventare il motore per risolvere i problemi che interessano a noi, ovvero il risanamento dell’economia, il lavoro, le riforme; invece vediamo proposte senza qualità e stiamo parlando di cambiare la Costituzione”. È stata sempre lei, il direttore dell’ex organo di An, a dare forma scritta alle ragioni finiane di andare per la propria strada: “Senza un atto di ‘rupture’, di autentica discontinuità nel modus operandi del partito e della maggioranza - spiega - i prossimi tre anni potrebbero segnare la fine della storia della destra italiana”.
Il dado è dunque tratto? Anche tra le fila dei fedelissimi del presidente della Camera gli umori e le sensibilità sono diversi, specie dopo l’appello di Berlusconi a ripensarci. Si va dall’ottimismo battagliero di Italo Bocchino, o addirittura baldanzoso di Luca Barbareschi, fino alla prudenza di Amedeo Laboccetta e all’attendismo di Andrea Ronchi. E anche se le facce di oggi sono ben lontane da quelle della destra di ieri, quando i finiani si chiamavano Gasparri, La Russa e Matteoli e c’erano ancora Francesco Storace, Ugo Martinat e un giovanissimo Roberto Menia, oggi è indubbio che i compagni di strada del presidente della Camera sono altri. Ma non meno combattivi. Già oggi alcuni senatori ‘finiani’, in attesa della decisione finale del presidente della Camera, si vedranno a pranzo per ipotizzare la nascita del famoso gruppo autonomo Pdl-Italia, poi martedì il presidente della Camera riunirà tutti i suoi per arrivare alla direzione del partito di giovedì 22 con le idee chiare sul futuro.
“Fini ha ancora oggi tutte le intenzioni di spendere le proprie energie per la crescita del Pdl - spiega un altro finiano doc come Carmelo Briguglio - ma sempre che ci siano le condizioni di dignità politica e un grande progetto nazionale per l’Italia; le prossime ore ci diranno se questo sarà possibile”. Più o meno le stesse parole di Italo Bocchino, cresciuto all’ombra di Pinuccio Tatarella che chissà se gradirebbe: “Invochiamo discontinuità. Diversamente daremo vita al gruppo del Pdl Italia, comunque in sostegno al governo e parte integrante di questa maggioranza”. Rischi di dar vita ad un clamoroso flop politico? “Falso problema quello dei numeri - sostiene - tipico di chi non vuole ragionare di politica, siamo il doppio rispetto a quanto sostengono. E la conta, se occorre, si farà”.
Fabio Granata, il principale esponente della destra antimafia, questi conti se li è già fatti: “Siamo a quota 50 e stavolta non si torna indietro, si fa sul serio, ma non c’è nessuna volontà precostituita di rompere. Se Berlusconi ci risponderà sull’organigramma e sulle questioni politiche, come la Lega, siamo pronti a discutere”. Granata lo sa che sarà difficile che questo accada. E questo preoccupa un pontiere come Amedeo Laboccetta: “Io lo strappo lo vedo controproducente - racconta - io non sono convinto che l’autonomia sia la scelta giusta, mi spenderò fino all’ultimo perché si riavvicinino le posizioni”. La sua, senz’altro, sarà la partita più difficile. Anche se Fini ha ribadito la sua lealtà al governo. “Noi disprezziamo la categoria del tradimento - chiude la Perina - ma su tutto il resto vogliamo giocare a carte scoperte”.
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