venerdì 9 aprile 2010

Presidenzialismi vari e sbagliati

Dico presidenzialismi (al plurale) perché ne esiste più di uno, ai quali si aggiungono poi presidenzialismi fasulli inventati dall'ignoranza dei politici e dal pressappochismo crescente dei giornalisti. Per esempio molti chiamano il regime berlusconiano un «presidenzialismo». No: non c'entra per niente. Altri ritengono che un sistema è presidenziale se e quando il capo dello Stato è eletto direttamente dal popolo. Ancora no: non è così. In Irlanda, Islanda e Austria, per esempio, il capo dello Stato è eletto direttamente ma i presidenti in questione sono «di facciata» (cito il politologo francese Maurice Duverger, che se ne intende).

Il sistema presidenziale fu inventato dai costituenti americani di Filadelfia perché a loro mancava il re, mancava il monarca (e nel Settecento tutti i grandi stati erano dinastici); e per quanto successivamente adottato in tutta l'America del Sud, lì il modello degli Stati Uniti ha funzionato, di regola, maluccio. Pertanto si potrebbe dire che i presidenzialismi del Nuovo Mondo sono due; e la differenza che forse più di ogni altra ha fatto la differenza è il rispettivo sistema elettorale: maggioritario negli Stati Uniti, quasi sempre proporzionale al Sud. Non lo dico per sostenere che al presidenzialismo occorra l'uninominale, ma solo per far presente che con il presidenzialismo (e probabilmente anche con tutte le democrazie che funzionano) il sistema elettorale è parte integrante e costitutiva dell’edificio.

Se il presidenzialismo puro riesce a funzionare solo a Washington, se ne ricava che il semi-presidenzialismo di tipo francese è — nel contesto dei presidenzialismi — l'opzione di gran lunga preferibile. Se Fini ora appoggia davvero questa formula (finora era sempre restato nel vago), e se la Lega — che ha già il placet di Berlusconi — si è davvero convertita al semi- presidenzialismo (alla Bicamerale del 1997 lo votò non per convinzione ma per intralciare il gioco di D’Alema che allora puntava, immagino per sé, al premierato di tipo israeliano), questa soluzione è, ritengo, accettabile e difendibilissima. A condizione, beninteso, che non venga «ripastrocchiata» all’italiana (come si sta già cercando di fare).

Altrimenti l’altra opzione diciamo in grande (perché esiste anche l’opzione di piccole riforme di governabilità nel contesto della Costituzione esistente) è il cancellierato di tipo tedesco. Il rifacimento costituzionale è in questo caso più modesto (visto che restiamo nell'ambito di un sistema parlamentare); ma il sistema elettorale è ugualmente decisivo e dovrebbe restare così come è in Germania: proporzionale con sbarramento al 5% non aggirabile mediante alleanze elettorali truffaldine.

Anche a questo proposito sento da gran tempo ripetere che il «genio italico» non può imitare, non si deve degradare nel copiare. Stupidaggini. Il nostro Statuto Albertino del 1848 fu copiato dalla costituzione belga del 1831; e tutti i sistemi parlamentari europei dell’Ottocento furono ispirati dall’Inghilterra di allora. Se il modello tedesco ci convince, non obietto: ma deve essere tedesco, non rifatto all’amatriciana.

Al Giappone sconfitto venne imposto dagli americani un costituzionalismo di tipo parlamentare; e quando gli americani se ne sono andati, quel costituzionalismo i giapponesi se lo sono tenuto. Smettiamola di essere «geniali». Non solo non lo siamo, ma è inutile esserlo quando non occorre. Se l’ombrello è già stato inventato, occorre davvero reinventare l’ombrello all’italiana?

Finora ho richiamato due presidenzialismi veri e propri, più un semi-presidenzialismo che è tutt’altra cosa (difatti potrebbe anche essere detto «semi-parlamentarismo»), più il premierato parlamentare di tipo tedesco, il cancellierato. Resta l’elezione diretta del capo del governo (non, sia chiaro, del capo dello Stato) inventata in Israele e ivi rapidamente ripudiata dopo le due elezioni mal riuscite del 1996 e del 2001. Dunque il modello israeliano è stato sconfessato dai suoi inventori, e non è stato preso in considerazione da nessun altro Paese. Salvo che in Italia, che lo ha coccolato non solo prima che fallisse ma che continua a coccolarlo a tutt’oggi. Questo coccolamento deriva dal fatto che il grosso dei nostri legislatori, e del personale mediatico che li pappagalleggia, non afferra la differenza tra l’elezione diretta di un presidente (sistema presidenziale) e l’elezione diretta del capo del governo (in un sistema che resta pur sempre di tipo parlamentare).

Ma purtroppo il grosso degli italiani non si interessa di queste astruserie, delle riforme costituzionali, nemmeno quando sono in cantiere. Peggio per loro. Finché sarà così si meriteranno il cattivo governo e il «malservizio» dei quali si lamentano.

Giovanni Sartori
09 aprile 2010

1 commento:

Matteo ha detto...

Io invece preferisco un sistema "all'italiana" repubblica parlamentare classica, modello prima repubblica e prevista dalla nostra costituzione, che hanno tentato di distruggere e alla fine ci sono riusciti.