È rottura totale fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Lo scontro va in scena alla Direzione Nazionale del Pdl dove il premier intima al presidente della Camera di smettere di fare politica attiva o di dimettersi da Montecitorio. Ricevendo la secca replica dell’ex fondatore di An che, scattato in piedi verso il palco, lo sfida con gesti plateali: «Perchè altrimenti che fai, mi cacci?». Il tutto sotto gli occhi sbigottiti dei delegati, ma soprattutto davanti alle telecamere che immortalano in diretta lo strappo. E la frattura va in scena anche al momento del voto del documento finale, un documento che mette al bando le correnti («negano la natura del partito») e che viene approvato con undici pareri negativi.
Le aperture del premier
È Berlusconi ad aprire i lavori. Togliendosi subito qualche sassolino dalle scarpe: rivendica il successo elettorale, nega che il partito sia al traino della Lega, sottolinea come la Direzione Nazionale fosse già stata convocata ben prima delle richieste del cofondatore, si attribuisce un «consenso bulgaro» e sostiene che nel Pdl c’è già ampia democrazia. Ma il Cavaliere fa anche qualche apertura al presidente di Montecitorio: come quando propone la convocazione di un «congresso del Pdl entro l’anno» e - per la prima volta - promette di fare le riforme istituzionali «solo con il consenso di tutti», opposizione compresa. Tanto è vero che l’unico applauso di Fini, seduto in prima fila, arriva proprio sul dialogo. Parlano Denis Verdini, Franco Frattini, Ignazio La Russa. Ma soprattutto Sandro Bondi che sottolinea come nel Pdl non vi siano «servi».
Lo schiaffo di Fini: "Da oggi si cambia"
Quando Fini sale sul podio, dunque, il clima è già caldo. E l’ex leader di An non fa sconti. Prima però sgombra il campo dagli «equivoci»: dice di non aver mai messo in discussione la leadership di Berlusconi, di non voler «tradire» il premier, nè tanto meno di «remare contro» il governo o fare una «corrente finalizzata a ottenere quote di potere». Però, aggiunge, è «puerile nascondere la polvere sotto il tappeto». Segue un lungo elenco di richieste: da quella di smetterla di essere una «fotocopia» della Lega, a quella di creare più luoghi di discussione; dalla rimodulazione del programma in virtù della crisi, alla convocazione di una «commissione» sul federalismo. Il tutto è condito da diversi battibecchi con Berlusconi, che più di una volta afferra il microfono per interrompere l’ex leader di An. Ma è nulla rispetto a quello che succede poco dopo.
La lite in diretta
Al termine del discorso di Fini la parola dovrebbe andare a Claudio Scajola. Ma Berlusconi, dopo una breve stretta di mano al presidente della Camera, prende possesso del podio. «Mi sembrava di sognare», premette il Cavaliere facendo capire che la replica sarà fuori dagli schemi. Queste richieste, aggiunge rivolgendosi direttamente al cofondatore, «non mi sono mai arrivate». Quanto alla Lega, il Pdl non è la fotocopia del Carroccio, ma semmai è quest’ultimo ad aver ripreso le posizioni di An sull’immigrazione. Poi l’attacco frontale: prima accusa i "finiani" (Bocchino, Urso e Raisi) di aver esposto al «pubblico ludibrio» il partito; dopo di che rinfaccia a Fini di averlo minacciato con la formazione di gruppi autonomi e di avergli detto di essersi pentito di aver fondato il Pdl. Fini si alza in piedi e, senza microfono, gli urla qualcosa sulla Sicilia. Ma il premier lo rimbrotta, ricordandogli che sulle decisioni nell’isola hanno contribuito anche i suoi uomini.
Alta tensione sul documento
Certo, Berlusconi gli concede qualcosa: dice di non avere alcun ruolo negli attacchi de "Il Giornale" e gli annuncia di volerlo vendere presto anche se ironicamente gli chiede se, nel caso, fosse interessato a comprarne una quota. Inoltre, si dice pronto a convocare una commissione sul federalismo fiscale. Ma il finale è al vetriolo: «Le tue richieste non sono di grande importanza», minimizza. E comunque «un presidente della Camera non deve fare dichiarazioni politiche . Se le vuoi fare devi lasciare la carica, ti accoglieremo a braccia aperte» nel partito. A quel punto, Fini sembra voler andarsene, ma poi si ferma e gli replica: «Perchè sennò che fai, mi cacci?». Berlusconi lascia il podio e va a raccogliere le strette di mano di alcuni sul palco. Fini si allontana. Solo la sospensione dei lavori per la pausa pranzo impedisce che lo scontro prosegua. Dopo lo scontro il presidente della Camera riunisce i suoi. Il documento finale spazza via il dissenso. «Dal confronto che si è svolto oggi è stato rivelato come certe polemiche pubbliche siano pretestuose e non commisurate a un dibattito responsabile e costruttivo».
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