di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali
Fabrizio Favata, da tre giorni rinchiuso nel carcere di San Vittore di Milano con l’accusa di aver ricattato il suo amico Roberto Raffaelli e di aver preteso da lui 300 mila euro, affida al gip Bruno Giordano, che ieri lo ha interrogato, una conferma e una smentita: conferma di aver consegnato a Silvio Berlusconi, il 24 dicembre 2005, l’intercettazione della telefonata, ancora segreta, tra Piero Fassino e Giovanni Consorte (“Allora, siamo padroni di una banca?”); ma nega di aver ricattato l’amico.
“Non ho preso i 300 mila euro, non ho ricattato Raffaelli. Ho lo sfratto, la luce e il gas tagliati”.
Raffaelli nel 2005 era l’amministratore delegato di Rcs, la società che realizzava le intercettazioni per la Procura di Milano. Favata è l’amico e socio di Paolo Berlusconi che aveva portato Raffaelli da Silvio, la vigilia di Natale: per chiedere che fosse affidato alla Rcs un appalto da 120 milioni di euro in Romania. Non erano arrivati a mani vuote, Favata e Raffaelli: avevano portato in regalo a Berlusconi l’intercettazione di Fassino e Consorte, ancora neppure trascritta dalla Procura di Milano.
L’avvocato di Favata, Antonio Nebuloni, alla fine dell’interrogatorio, durato tre ore e mezzo, presenta un’istanza di scarcerazione e, in subordine, chiede per il suo assistito gli arresti domiciliari. Ma poi lancia un siluro: “Favata non ha ricattato nessuno, avesse preso 300 mila euro non sarebbe nelle condizioni di povertà in cui è. La procura lo ha messo in carcere solo per avere un’aura di credibilità nel momento in cui indagherà Berlusconi per ricettazione”.
Silvio Berlusconi, in effetti, è il protagonista silenzioso di questo strano Watergate italiano. È lui il beneficiario della pubblicazione sul Giornale della conversazione tra Fassino e Consorte: se Favata dice la verità, se cioè ha ricevuto davvero quel “regalo di Natale”, promettendo in cambio “eterna riconoscenza”, se davvero Raffaelli (che nega) ha trafugato e consegnato l’intercettazione, allora Silvio, accettando un “regalo” frutto di un reato, è responsabile di ricettazione.
In attesa che i tanti “se” di questa storia vengano verificati, appare però già chiaro che effettivamente Favata da molti mesi era alla disperata ricerca di soldi. Li ha chiesti prima direttamente a Paolo Berlusconi, sostenendo che gli spettassero. “Sono creditore di 1 milione e mezzo di euro per operazioni immobiliari realizzate con lui”: così ha raccontato, cinque giorni prima di essere arrestato, al Fatto quotidiano. Poi, “visto che Paolo diceva di essere in crisi, mi sono rivolto a chi poteva mettermi in contatto con Silvio”: prima Gaetano Pecorella (che lo manda da Niccolò Ghedini), poi Ghedini (che alla fine gli dice: “Non c’è alcuna possibilità d’intervento”).
Prova a contattare anche Giuliano Ferrara presso la redazione romana del Foglio, che – racconta Favata – ascolta le sue richieste indirizzate a Silvio e poi gli dice di tornare il giorno dopo. Il giorno dopo, però, Ferrara lo congeda con poche parole: “Parlare con il fratello” (evidentemente Paolo). Ferrara nega: “Mai incontrato questo Favata”.
Inizia allora il giro dei potenziali avversari di Berlusconi: il settimanale L’Espresso, il quotidiano L’Unità, esponenti del Pd, infine Antonio Di Pietro, che stila un esposto per la Procura di Milano. A questo punto Favata comincia a raccontare pezzi della sua storia ai magistrati di quella procura. Raccontando a Raffaelli che stava cercando di “dare un pizzicotto a Paolo Berlusconi”, cioè – scrive il gip – “in sostanza un avvertimento, per lasciargli intendere che era disposto a pubblicizzare altre situazioni per lui ben più pericolose”. Cinque giorni prima dell’arresto, Favata prende contatti anche con i cronisti del Fatto quotidiano, racconta di nuovo l’intera vicenda, aggiunge particolari, chiede soldi.
Secondo la ricostruzione del gip, alla fine Raffaelli “ha deciso di sostenere da solo il prezzo del ricatto”. Ma in questa storia, nessuno denuncia. Non Ghedini, a cui Favata chiede soldi in cambio del silenzio. Non Raffaelli, che accetta di pagare senza reagire. Non Paolo Berlusconi, di cui il gip scrive: “È assai singolare che non abbia presentato alcuna denuncia all’Autorità giudiziaria”. Lunedì il giudice Giordano deciderà se confermare o no la carcerazione di Favata. Intanto le indagini proseguono: il pm Massimo Meroni dovrà interrogare di nuovo Raffaelli. E decidere: che ruolo gioca in questa storia Silvio Berlusconi?
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