Fanno discutere le parole del presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi che in un'intervista a Repubblica ha parlato del timore di golpe dopo le bombe di mafia del '92-'93. Se il Pdl si chiede per quale motivo l'ex capo dello Stato abbia taciuto per tutti questi anni, le opposizioni chiedono che venga fatta chiarezza e i Verdi annunciano un esposto alla procura di Roma.
"Provo lo smarrimento proprio di una persona ingenua - dice Osvaldo Napoli , vice capogruppo del Popolo della libertà alla Camera - quando leggo affermazioni di gravità inaudita come quella del presidente emerito Ciampi che riferisce del timore provato la notte del 27 luglio 1993 di un colpo di Stato in atto. Se Ciampi ebbe quella sensazione, quali misure ritenne allora di prendere? E se la vita della Repubblica ha versato in così grave pericolo, perché mai esso è stato taciuto per 18 lunghi e interminabili anni?". "E perché mai - prosegue - i protagonisti di allora ricordano, tutti insieme e all'improvviso, la gravità di un rischio tanto grave? Perché dopo quella notte e dopo ben 18 anni la magistratura brancola ancora nel buio? Qualcuno ne ha bloccato le indagini o paralizzato le capacità investigative? Quanti mafiosi e loro boss sono stati arrestati da allora e fino al 2001? E quanti dal 2001 a oggi?". "Non sappiamo - continua l'esponente Pdl - se analoghe sensazioni e paure abbiano attraversato l'animo di Ciampi, presidente del Consiglio dall'aprile del '93, o dell'allora capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, mentre andava in scena lo spettacolo quotidiano di deputati, senatori, ministri, imprenditori e amministratori indagati e molti arrestati in massa e tradotti in carcere per esservi tenuti finché non avessero raccontato quel che il pm di turno desiderava ascoltare da loro. Hanno mai pensato o temuto che anche quello potesse essere un colpo di Stato?".
"Siamo in tanti a sostenere che le stragi avvenute agli inizi degli anni Novanta abbiano costituito per le istituzioni democratiche del nostro Paese una sfida", commenta il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. "E' necessario che si faccia piena luce in sede giudiziaria su quella che rimane una pagina oscura della nostra storia - aggiunge - In tanti, da quasi vent'anni, andiamo ripetendo che fin quando non emerge tutta la verità e non verranno colpiti i responsabili dentro e fuori le istituzioni, non solo sarà a rischio la credibilità dello Stato ma anche la stessa tenuta democratica dell'Italia. Il Paese, infatti, non può definirsi tale fino a quando ci saranno in ruoli di responsabilità uomini collusi e coinvolti in un disegno eversivo".
Dal Partito democratico, Walter Veltroni ribadisce che quelle del '92-'93 "non sono solamente stragi di mafia". "Il Procuratore Grasso non è la prima volta che parla dell'entità - prosegue - Sono in Commissione antimafia da alcuni mesi ma nel corso di un'audizione usò esattamente la stessa espressione. Il presidente Ciampi non è la prima volta che racconta che la sera tra il 27 e 28 luglio del 1993 lui alzò il telefono, parlò con Manzella che gli raccontò delle bombe esplose a Milano e mentre parlava cadde la linea. Poco prima, sempre Manzella, ebbe modo di dire che aveva sentito delle esplosioni a Roma. Ciampi prese la macchina, arrivò a Palazzo Chigi e le linee erano ancora isolate " "Certo - conclude Veltroni - possono esserci mille ragioni ma stiamo alla grande questione: perché a un certo punto in Italia tornano le stragi? Perché negli anni tra il '92 e il '93 la mafia, che non aveva mai fatto stragi se non Portella della Ginestra, comincia a fare stragi? Perché uccide in quel modo Giovanni Falcone? La mia risposta è che, appunto, non sono solo stragi di mafia".
Il leader dei Verdi Angelo Bonelli annuncia un esposto alla procura di Roma per chiedere di "accertare se le bombe della mafia del '93 fossero solo il prologo a una strategia per sovvertire l'ordine costituzionale". La decisione di ricorrere alla magistratura si spiega con il fatto che "le dichiarazioni del Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso e le importanti informazioni rese pubbliche dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi non possono essere lasciate cadere nel vuoto perché gli italiani hanno diritto di sapere tutta la verità". "Solo il dubbio che una forza 'anti-Stato' abbia collaborato con la mafia per una strategia della tensione, da cui qualcuno ha tratto vantaggio, getta una luce fosca sull'ultimo periodo della nostra storia nazionale - aggiunge Bonelli - E' necessario sgombrare il campo da ogni sospetto e fare un'operazione verità sulle stragi di mafia. E' gravissimo che il governo su questo ancora non abbia detto nulla: in gioco c'è la credibilità della nostra democrazia e delle nostre istituzioni".
Gianpiero D'Alia, capogruppo Udc al Senato, propone un'inchiesta parlamentare: "Le parole del presidente emerito Ciampi devono farci riflettere e parecchio sulle stragi dei primi anni novanta, periodo tra i più bui della nostra storia repubblicana. Non sono parole dette a cuor leggero ma frutto della sua esperienza diretta sulle quali né la politica né le istituzioni possono pensare di fare come lo struzzo. Credo che sia arrivato il momento che il Parlamento se ne occupi con una specifica inchiesta parlamentare".
Bobo Craxi del Psi è invece convinto che le bombe del 1993 servirono "ad accelerare la 'rivoluzione' italiana" di Mani Pulite, "non a frenarla". "Le parole di Ciampi vanno approfondite - dice Craxi, conversando con i giornalisti a margine del Consiglio nazionale del Psi - anche Bettino Craxi all'epoca ebbe netta la sensazione che mani esterne destabilizzatrici perseguirono una nuova strategia della tensione. Le bombe, per chi si ricorda bene, furono di intimidazione perché il Parlamento 'degli inquisiti' stava avviando una timida resistenza e i suicidi di Cagliari e Gardini gettarono una luce sinistra sull'operazione Mani Pulite. Indirettamente quelle bombe servirono per accelerare la 'rivoluzione' italiana, non per frenarla. Se si prendessero sul serio le parole dell'ex capo dello Stato Ciampi, il Parlamento dovrebbe approfondire attraverso una commissione d'inchiesta, di verità, di storia e di giustizia".
(29 maggio 2010)
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